Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25916 del 26/02/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 25916 Anno 2015
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: ESPOSITO LUCIA

Data Udienza: 26/02/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SANZO ANTONINO N. IL 13/07/1973
avverso la sentenza n. 255/2014 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
20/05/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/02/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Att.rp,ul o Cg ap_evet.012.k .,
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Udito, per parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv. Q.0.02..0 CLouu-,,,,o_p_to i 00 do,0 9t1
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I giudici del merito, ritenuto pacifico, anche in ragione dell'ammissione dello stesso imputato, che il Valle era stato investito dalla vettura condotta dal predetto, ritenevano la sussistenza del dolo del reato sulla scorta di una serie di circostanze riferite dalla parte civile e avvalorate dalle dichiarazioni dello stesso imputato. Rilevavano, in particolare che lo scontro con il ciclista non fu lieve, dal momento che determinò una visibile ammaccatura sul parafango anteriore destro e la rottura dello specchietto esterno; che, per esperienza comune, un urto di tale entità è molto ben avvertito all'interno dell'abitacolo dell'autovettura che lo riceve, con la conseguenza che necessariamente doveva essere stato percepito dall'imputato. Osservavano che era emerso, inoltre, non solo perché riferito dal teste, ma anche perché confermato dal Sanzo, che il conducente aveva rallentato e aveva guardato indietro. Rilevavano, altresì, che l'investimento era avvenuto alle 9.40 di un mattino di giugno, lungo una strada posta nel centro urbano e priva di traffico particolare, con ottima e piena visibilità e che il ciclista precedeva nella marcia l'autovettura investitrice, nella medesima corsia. L'insieme degli elementi indicati escludeva che potesse prestarsi fede al narrato dell'imputato là dove aveva affermato di non essersi avveduto di avere investito la bicicletta nell'affiancarla. 3. Con ricorso per cassazione il Sanso deduce: 1) mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in merito alla ritenuta commissione del reato, con particolare riferimento alla fallacia del percorso giustificativo inerente la sussistenza dell'elemento psicologico, nonché alla mancata individuazione della condotta antigiuridica tenuta dall'imputato alla guida della propria autovettura; inosservanza o erronea applicazione della norma processuale di cui all'art. 192 c.p.p.; obliterazione da parte del giudice del merito dell'obbligo di rendere conto nella motivazione in ordine alla valutazione della prova, dei risultati acquisiti e dei criteri adottati; mera deduzione della responsabilità dell'imputato per effetto di evidenti fraintendimenti delle risultanze quest'ultimo (fatto del 10/6/2011). dibattimentali, sia di matrice orale che documentale. Declaratoria di penale responsabilità dell'imputato sulla base di elementi palesementi indiziari e scevri dei caratteri di gravità, precisione e concordanza; 3) inosservanza o erronea applicazione della norma processuale di cui all'art. 546, 1 c. lett. e) c.p.p.; fallace indicazione delle prove poste alla base della decisione e omessa enunciazione delle ragioni per le quali il giudice del gravame ha ritenuto non attendibili le prove contrarie scriminanti, ovvero l'ipotesi alternativa prospettata erronea applicazione della legge penale, ovvero di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, in riferimento al reato contestato all'imputato ai sensi dell'art. 189 c. 6 e c. 7 del D.Igs 1992n. 285. Erronea quantificazione liquidazione e valutazione del danno morale riconosciuto alla parte civile; ovvero del grado di effettiva incidenza, in termini di danno morale, del fatto di reato addebitato al Sanzo. Considerato in diritto 4.Le censure, per come evidenziato in ricorso, seguono parallelamente due direttive: una rappresentata dalla fallacia del percorso giustificativo inficiato dalla superficiale interpretazione delle risultanze dibattimentali, l'altra costituita dall'illogicità e contraddittorietà delle conclusioni adottate (anche) dal giudice del gravame in ordine all'attribuzione all'imputato delle condotte di omissione dell'obbligo di fermarsi e di quello di prestare soccorso a seguito di incidente stradale, pur sussistendo evidenti elementi di smentita del costrutto accusatorio e non risultando la consapevolezza del Sanzo provata al di là di ogni ragionevole dubbio. 5.Nessuno dei rilievi coglie nel segno, talché gli stessi appaiono infondati, al limite dell'inammissibilità. Ed invero i giudici del merito, con percorso argomentativo privo di vizi logici ed intrinseche contraddizioni, hanno tratto da elementi indefettibili risultanti dall'istruttoria la responsabilità dell'imputato, sconfessando la tesi difensiva sulla base di dati certi (posizione dei mezzi, rilevanza e percepibilità dell'urto in ragione della violenza dell'impatto e dell'esito del medesimo sui mezzi). Ne consegue che le censure esposte in ricorso si risolvono, come peraltro ivi si legge, nella prospettazione di "un'ipotesi alternativa rispetto al costrutto accusatorio", fondata sul duplice rilievo della mancanza di preventivo avvistamento e di successiva percezione dell'urto, cioè in una ricostruzione alternativa dei fatti di causa non consentita in sede di legittimità, a fronte di congrua motivazione da parte del giudice del merito in dalla difesa in ordine alla possibile verificazione dei fatti; 4) inosservanza ed ordine alle ragioni che, sulla scorta di logica valutazione degli elementi acquisiti, valgono a fondare il giudizio di responsabilità. 7. Va rilevato in proposito che, come affermato dalla Suprema Corte anche a Sezioni Unite esula dai poteri della Corte di Cassazione quello della rilettura dei dati di fatto posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al Giudice del merito, nonché l'autonoma adozione di nuovi e 8. Neppure possono cogliersi critiche rilevanti nella prospettazione dei motivi aggiunti di cui alla memoria, peraltro depositata fuori del termine di cui all'art. 585 c.p.p., che nulla aggiunge rispetto alle critiche evidenziate nel ricorso principale. 5.11 ricorso, pertanto, va rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 26/2/2015 Il Consigliere relatore Il Presidente diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.

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