Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25905 del 16/04/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 25905 Anno 2015
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LIMODIO GIOVANNI N. IL 12/01/1955
avverso la sentenza n. 759/2010 CORTE APPELLO di SALERNO, del
21/02/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 7)Q0 Ci’ Q-04-4/ V4-=-Gc_ 4
che ha concluso per J (
v-101
7)
c-71-0
224…4L-40
1_,C441..ru.

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 16/04/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 21 febbraio 2014 la Corte d’appello di Salerno ha
confermato la sentenza emessa il 3 dicembre 2009 dal Tribunale di Salerno – sezione
distaccata di Nocera Inferiore, che ha condannato Limodio Giovanni alla pena di euro
400,00 di multa e al risarcimento dei danni subiti dalle parti civili per il reato di cui all’art.
388 c.p., commesso il 1° aprile 2006 per avere, nella sua qualità di proprietario di un
immobile, eluso il provvedimento di sospensione dei lavori emesso dal Tribunale di Nocera
Inferiore in data 16 febbraio 2006, continuando i lavori, e in particolare procedendo alla

della facciata esterna dell’immobile.

2. Avverso la su indicata pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il difensore
dell’imputato, deducendo cinque motivi di doglianza il cui contenuto viene qui di seguito
sinteticamente illustrato.

2.1. Violazione dell’art. 606, lett. c), c.p.p., in relazione agli artt. 336 e 120 c.p.p.,
per l’improcedibilità dovuta a difetto di querela, non contenendo la denuncia presentata ai
Carabinieri di Angri in data 10 aprile 2006 alcuna espressa istanza di punizione.

2.2. Violazioni di legge e vizi motivazionali, per illogicità manifesta, in relazione alla
configurabilità del reato di cui all’art. 388 c.p., erroneamente ritenuta dalla Corte di
merito poiché le persone offese avevano lamentato, nella denunzia di nuova opera al
Tribunale di Nocera Inferiore, la violazione del regime delle distanze nella costruzione in
sopraelevazione al fabbricato già esistente, limitandosi a chiedere solo la sospensione dei
lavori denunziati di sopraelevazione, tanto è vero che il Giudice civile non aveva ordinato
la sospensione di tutti i lavori, con la conseguenza che gli effetti preclusivi di tale
provvedimento dovevano considerarsi circoscritti ai lavori oggetto del ricorso cautelare
presentato in sede civile, ossia alla “nuova opera” costituita dalla mansarda (e non certo a
quelli che nulla avevano a che fare con presunte violazioni di distanze, come intonaco,
tinteggiatura, pavimentazione), mentre qualsiasi interpretazione estensiva al riguardo
operata dai Giudici di merito sarebbe del tutto arbitraria.
La Corte d’appello, inoltre, diversamente dal primo Giudice, che aveva espresso
dubbi al riguardo, ha affermato con certezza che l’ordine di sospensione si riferiva anche
agli altri lavori assentiti, muovendo dall’errato presupposto che il tetto termico era già
completo nella struttura, mancando solo delle tegole, al momento della notifica del
provvedimento di sospensione.

2.3. Violazioni di legge e vizi motivazionali in relazione all’errata applicazione degli
artt. 42 ss. c.p., non avendo la Corte d’appello motivato riguardo alla denunziata
mancanza dell’elemento psicologico del reato, atteso che il Limodio, nel proseguire gli altri
lavori, non aveva certamente la coscienza e volontà di violare il provvedimento del
Giudice civile.

1

pavimentazione del terrazzo e alla realizzazione dell’intonaco, oltre che alla pitturazione

2.4. Violazione dell’art. 606, lett. d), c.p.p., per la mancata valutazione di una prova
essenziale, avendo i Giudici di merito considerato unicamente le dichiarazioni delle
persone offese, senza tener conto dell’accesso ai luoghi effettuato dai Carabinieri di Angri,
i quali non trovarono operai al lavoro, né segni di prosecuzione dei lavori.

2.5. Si eccepisce, infine, l’erroneo computo dei termini di prescrizione del reato, il
cui decorso è in realtà già maturato prima della sentenza di secondo grado.

in data 13 marzo 2015 si richiamano le argomentazioni già esposte a sostegno dei motivi
di ricorso, insistendo nel loro accoglimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, in quanto manifestamente infondato.

2. Sulla prima questione oggetto di doglianza – non dedotta nei motivi d’appello e in
questa Sede solo genericamente prospettata – si è già motivatamente espresso il Giudice
di primo grado (v. pag. 2 della sentenza del 3 dicembre 2009), che l’ha esaminata e
disattesa con argomenti congruamente illustrati, che il ricorrente ha omesso di censurare
con il sostegno di valide obiezioni puntualmente esposte nell’atto d’impugnazione.
Parimenti inammissibili devono ritenersi le residue doglianze, in quanto
sostanzialmente orientate a riprodurre un quadro di argomentazioni già esposte dinanzi ai
Giudici di merito, e dagli stessi ampiamente vagliate e correttamente disattese, ovvero a
sollecitare una rivisitazione meramente fattuale delle risultanze processuali, poiché
imperniata sul presupposto di una valutazione alternativa delle fonti di prova, in tal guisa
richiedendo l’esercizio di uno scrutinio improponibile in questa Sede, a fronte della
linearità e della logica conseguenzialità che caratterizzano la scansione delle sequenze
motivazionali dell’impugnata decisione.
Il ricorso, dunque, non è volto a rilevare mancanze argomentative ed illogicità

ictu

°cui/ percepibili, bensì ad ottenere un non consentito sindacato su scelte valutative
compiutamente giustificate dal Giudice di appello, che ha adeguatamente ricostruito il
compendio storico-fattuale posto a fondamento del correlativo tema d’accusa.

3. Nel condividere il significato complessivo del quadro probatorio posto in risalto
nella sentenza del Giudice di primo grado, la cui struttura motivazionale viene a saldarsi
perfettamente con quella di secondo grado, sì da costituire un corpo argomentativo
uniforme e privo di lacune, la Corte di merito ha esaminato e puntualmente disatteso la
diversa ricostruzione prospettata dalla difesa, ponendo in evidenza, attraverso il richiamo
ai passaggi motivazionali già esaustivamente delineati nella prima decisione: a) che gli
interventi eseguiti dopo il provvedimento di immediata sospensione dei lavori denunciati
non potevano, per la loro natura, considerarsi autonomi ed indipendenti rispetto alla

2

2.6. Con memoria difensiva pervenuta presso la Cancelleria di questa Suprema Corte

costruzione del volume che si assumeva avesse violato i rapporti tra i proprietari; b) che
gli stessi sono consistiti in una modifica dello stato dei luoghi che null’altra finalità aveva
se non quella di completare e rendere utilizzabile la nuova opera denunziata, sebbene
fosse stato giudizialmente inibito in sede cautelare ogni ulteriore intervento diretto a
renderla più agevolmente fruibile, avuto riguardo al fatto che i lavori di sopraelevazione
erano già stati interamente realizzati; c) che il fatto, direttamente riferibile all’imputato,
che ebbe ad occuparsi concretamente di commissionare ed organizzare i lavori con
presenza costante sul cantiere, ha integrato gli estremi di un’attiva elusione del
provvedimento cautelare emesso dal Giudice civile a tutela della proprietà dei ricorrenti in

Sulla base di tali considerazioni, dunque, devono ritenersi corrette le conclusioni cui
sono pervenuti i Giudici di merito, pienamente uniformatisi, del resto, ai principii da
tempo statuiti in questa Sede (Sez. 3, n. 897 del 03/06/1968, dep. 18/07/1968, Rv.
108809), secondo cui, per la sussistenza del delitto di cui all’art. 388, comma 2, cod.
pen., non è richiesto il dolo specifico, ma solo la volontà cosciente del colpevole di eludere
la esecuzione di un provvedimento del Giudice.

4.

I rilievi al riguardo formulati dal ricorrente, in definitiva, si muovono nella

prospettiva di accreditare una diversa lettura delle risultanze istruttorie e si risolvono,
quindi, in non consentite censure in punto di fatto all’iter argomentativo seguito dalle
sentenze di merito, nei cui lineari passaggi motivazionali è rinvenibile ampia e puntuale
risposta alle correlative doglianze.
La Corte d’appello, pertanto, ha compiutamente indicato le ragioni per le quali ha
ritenuto sussistenti gli elementi richiesti per la configurazione dell’ipotesi delittuosa
oggetto del tema d’accusa, ed ha evidenziato al riguardo gli aspetti maggiormente
significativi, dai quali ha tratto la conclusione che la ricostruzione proposta dalla difesa si
poneva solo quale mera ipotesi alternativa, peraltro smentita dal complesso degli
elementi di prova processualmente acquisiti.
In questa Sede, invero, a fronte di una corretta ed esaustiva ricostruzione del
compendio storico-fattuale oggetto della regiudicanda, non può ritenersi ammessa alcuna
incursione nelle risultanze processuali per giungere a diverse ipotesi ricostruttive dei fatti
accertati nelle pronunzie dei Giudici di merito, dovendo la Corte di legittimità limitarsi a
ripercorrere i passaggi motivazionali ivi delineati, ed a verificarne la completezza e la
insussistenza di vizi logici ictu °cui/ percepibili, senza alcuna possibilità di verifica della
rispondenza della motivazione al contenuto delle correlative acquisizioni processuali.

5. Manifestamente infondata, infine, deve ritenersi l’ultima doglianza dal ricorrente
prospettata (v., supra, il par. 2.5), avendo la Corte d’appello correttamente considerato,
nel rigettare la su indicata eccezione, l’ulteriore lasso temporale di mesi nove e giorni
quattro, da aggiungere al decorso del termine ordinario per effetto della sospensione dei
termini di prescrizione disposta all’udienza del 17 maggio 2013 ai sensi dell’art. 2-ter della
I. n. 125/2008, di conversione del d. I. n. 92/2008.

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sede civile.

Al riguardo, infatti, deve ribadirsi: a) che la sospensione del termine di prescrizione,
prevista dall’art. 2-ter del d.l. n. 92 del 2008, convertito in I. n. 125 del 2008, per la
durata del rinvio della trattazione del processo ai sensi dell’art. 132-bis disp. att. cod.
proc. pen., può essere disposta anche dal giudice d’appello (Sez. 5, n. 22878 del
15/05/2014, dep. 30/05/2014, Rv. 259886); b) che, ai sensi del comma secondo del su
citato art. 2-ter, il termine di prescrizione del reato rimane sospeso per tutta la durata del
rinvio; c) che, inoltre, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, la sospensione
del termine di prescrizione disposta ai sensi dell’art. 2-ter del su citato d.l. n. 92/2008 per
la durata del rinvio della trattazione del processo disposto ai sensi dell’art. 132-bis disp.

contraddittorio (Sez. 2, n. 3343 del 13/11/2012, Morganti, Rv 254778);

d) che il

contraddittorio, come avvenuto nel caso in esame, deve ritenersi certamente rispettato
qualora il provvedimento del giudice sia “adottato in udienza alla presenza del solo
difensore e nella contumacia dell’imputato” (Sez. 2, n. 32368 del 17/07/2013, Marotta,
Rv 255983).
Deve, infine, rilevarsi che l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla
manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di
impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non
punibilità a norma dell’art. .129 cod. proc. pen., quand’anche la prescrizione del reato sia
eventualmente maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso (Sez.
Un., n. 32 del 22/11/2000, dep. 21/12/2000, Rv. 217266).

6. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa
delle ammende di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo
quantificare nella misura di euro mille.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, lì, 16 aprile 2015

Il Consigliere estensore

att. cod. proc. pen. non può aver luogo de plano, ma richiede la previa instaurazione del

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