Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25900 del 22/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 25900 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COSTANZO FRANCO N. IL 09/01/1973
avverso l’ordinanza n. 2154/2014 TRIB. LIBERTA’ di CATANIA, del
10/12/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

A

Uditi difensor Avv.;

/

Data Udienza: 22/05/2015

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ordinanza in data 10.12.2014 il Tribunale del riesame confermava l’ordinanza in data
6.11.2014 della Corte d’appello di Catania, appellata da COSTANZO FRANCO, con la quale era
stata respinta la richiesta del predetto di essere scarcerato per scadenza dei termini massimi
della custodia cautelare.
Il Tribunale premetteva che il Costanzo era stato arrestato in data 3.11.2010 per il reato di cui
all’art.416-bis cod. pen. e condannato in primo e secondo grado per il predetto reato (ed altri
reati) alla pena di anni 11 e mesi 8 di reclusione, e pertanto il termine di durata complessiva

Detto termine, secondo il Tribunale, non era decorso in quanto ai quattro anni dovevano
aggiungersi 180 giorni di sospensione fissati per la redazione delle motivazioni delle sentenze
di primo e secondo grado, nonché un anno, due mesi e sette giorni per la sospensione dei
termini disposta nel giudizio d’appello, di tal che nel caso di specie il termine di custodia
cautelare sarebbe scaduto solo alla data del 9.7.2016.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore, chiedendone
l’annullamento per i seguenti motivi.
Secondo il ricorrente, Costanzo Franco doveva essere scarcerato, essendo scaduto il termine
massimo di quattro anni previsto per la durata complessiva della custodia cautelare, in
relazione al delitto di cui all’art.416-bis cod. pen., tenendo anche conto del periodo di 180
giorni della sospensione del detto termine per la redazione delle motivazioni della sentenza di
primo e di secondo grado.
Non poteva essere disposta la sospensione dei termini nel giudizio di appello, in quanto,
secondo il ricorrente, detta sospensione deve intendersi prevista dall’art.304/2 cod. proc. pen.
solo nel giudizio di primo grado, in ragione del riferimento letterale al “caso di dibattimenti
particolarmente complessi”, che possono verificarsi solo nel primo grado di giudizio, essendo
prevista nel dibattimento la raccolta delle prove.
In ogni caso, secondo il ricorrente, l’art.304/2 cod. proc. pen., ammette la sospensione dei
termini in questione solo “durante il tempo in cui sono tenute le udienze”, che deve essere
calcolato conteggiando i giorni d’udienza e non l’intero periodo intercorrente tra la prima e
l’ultima udienza.

I motivi di ricorso sono infondati.
Per il disposto dell’art.3/ lett,d) cod. proc. pen. nel caso di specie, essendovi stata condanna in
primo e secondo grado per il delitto di cui all’art.416-bis cod. pen., si applica soltanto la
disposizione del comma 4 dello stesso articolo sulla durata complessiva della custodia
cautelare che, per il delitto contestato all’imputato, non può superare il termine di quattro
anni.

1

della custodia cautelare, ai sensi dell’art.303/4 cod. proc. pen., era pari a quattro anni.

Come riconosce anche il ricorrente, al suddetto termine si deve aggiungere il periododi giorni
180, perché sono sospesi ex art.304 lett. c) cod. proc. pen. i termini nei periodi indicati dai
giudici di primo e secondo grado per redigere la motivazione della sentenza.
Non può essere accolta la tesi del ricorrente secondo la quale il giudice non potrebbe
sospendere i termini nel giudizio d’appello, poiché l’art. 304/2 cod. proc. pen. si riferisce
genericamente, nel prevedere la sospensione dei termini, a dibattimenti particolarmente
complessi, e la fase del dibattimento è prevista anche in fase d’appello, come espressamente si

procede per taluno dei reati indicati dall’art. 407/2 lett. a) cod. proc. pen., possono essere
particolarmente complessi per il numero degli imputati o delle imputazioni, ovvero per la
necessità di rinnovare l’istruttoria dibattimentale con l’assunzione di prove particolarmente
complesse.
Del resto, la giurisprudenza di legittimità ha sempre riconosciuto che ladisciplina relativa alla
sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare è applicabile anche nel
giudizio di appello (cfr. sentenze dì questa Corte nn.1601/1995, 2669/2005, 628/2009,
29395/2012, 44625/2013).
La questione se la sospensione dei termini debba essere calcolata conteggiando solo i giorni
d’udienza ovvero l’intero periodo intercorrente tra la prima e l’ultima udienza è stata risolta
dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n.20 in data 1.10.1991), le quali hanno stabilito
che la sospensione prevista dall’art. 304 comma secondo cod. proc. pen. comprende non solo i
giorni in cui si sono tenute le udienze e quelli impiegati per la deliberazione delle sentenze
(come nel caso del congelamento dei termini previsto dall’art. 297, comma quarto, cod. proc.
pen.), ma anche gli intervalli tra i giorni di udienza e tra questi e quelli impiegati per la
deliberazione della sentenza (cosiddetti tempi morti) e, da allora, la giurisprudenza sul punto è
stata sempre costante (V. in seguito sentenza nn. 5659/1995 e 2989/1996).
Pertanto il ricorso deve essere respinto. Al rigetto dell’impugnazione consegue ex lege, in forza
del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 22 maggio 2015
Il Consigliere estensore

il Presidente

ricava dall’art.602 cod. proc. pen.; è noto, peraltro, che anche giudizi d’appello, quando si

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