Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 259 del 30/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 259 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: LA POSTA LUCIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ARDIZZONE SALVATORE N. IL 13/11/1974
avverso la sentenza n. 3038/2011 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 19/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;

Data Udienza: 30/09/2013

e.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Palermo confermava la
decisione di primo grado con la quale Salvatore Ardizzone veniva condannato, con la
continuazione ed escluso l’aumento per la recidiva, alla pena di anni uno e mesi uno di
reclusione, in relazione a due violazioni dell’art. 9, comma 2, legge n.1423 del 1956.
Riteneva, in specie, infondata la mancanza della prova in ordine all’accertamento
notturno presso l’abitazione dell’imputato alla luce delle circostanze emerse, nonché, i
rilievi relativi al trattamento sanzionatorio tenuto conto dei numerosi e gravi precedenti

escludendo l’aumento di pena per la recidiva.

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia,
denunciando la violazione di legge ed il vizio della motivazione della sentenza impugnata.
Lamenta, in specie, che i giudici dell’appello hanno omesso una autonoma valutazione in
ordine alla sussistenza della prova in ordine all’accertamento effettuato presso
l’abitazione.
Deduce, inoltre, che la Corte di appello ha ritenuto infondati i rilievi in ordine alla
quantificazione della pena con argomenti generici e di stile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le doglianze del ricorrente, per gran parte di merito, si sostanziano nella mera
riproposizione dei rilievi dedotti con l’atto di appello sui quali la Corte territoriale ha
motivato compiutamente, facendo corretta applicazione dei principi di diritto più volte
affermati da questa Corte.
I giudici di secondo grado hanno, altresì, dato atto con argomenti esenti da vizi
logici, valorizzando le numerose precedenti condanne che risultano a carico del ricorrente,
delle regioni del proprio convincimento in ordine al mancato riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche.
E’ noto che la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell’art.

62-bis

cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con
motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, non
sindacabile in sede di legittimità, purchè non contraddittoria e congruamente motivata,
neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori
attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Sez. 6, n. 42688, 24/09/2008, Caridi, rv.
242419). A detti canoni si è attenuta, all’evidenza, la Corte di merito.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a
favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo
determinare in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 cod. proc. pen..

penali dell’imputato per i quali, peraltro, il giudice di primo grado non aveva tenuto conto

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della cassa della
ammende.

Così deciso, il 30 settembre 2013.

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