Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25899 del 22/05/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 25899 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: LA POSTA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RAFIQI REDOUANE N. IL 01/01/1990
avverso l’ordinanza n. 723/2014 GIP TRIBUNALE di GENOVA, del
17/10/2014
sentita la lazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;
lette/se ite le conclusioni del PG D”ettf.
ciz,k

Udit i difensor Av

Data Udienza: 22/05/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 17.10.2014 il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Genova, in funzione di giudice dell’esecuzione, rideterminava in anni
due e mesi nove di reclusione la pena inflitta a Redouane Rafiqi con la sentenza
del 16.11.2011 della Corte di appello di Genova in riforma di quella di primo
grado, in relazione al reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 con
riferimento a sostanza stupefacente del tipo hashish.

disposizioni che avevano modificato il trattamento sanzionatorio con riferimento
alle violazioni relative alle cd. «droghe leggere», facendo rivivere le sanzioni
vigenti prima di tale modifica, in specie per la violazione di cui all’art. 73 d.P.R.
n. 309 del 1990 la pena della reclusione da due a sei anni e della multa da euro
5.164 a 77.468, riteneva necessario rimuovere la eventuale illegittimità della
pena inflitta da ricondurre nei termini di legalità, eliminando la porzione di pena
non più legale perché eccedente il limite massimo. Affermava, tuttavia, che la
possibilità di intervenire in modo illimitato sulla valutazione della pena stabilita
con la sentenza di cognizione comporterebbe una inaccettabile ed arbitraria
violazione del giudicato che si spingerebbe oltre i limiti che sono resi necessari a
seguito della pronuncia di incostituzionalità.
Pertanto, riteneva necessario limitare l’intervento del giudice dell’esecuzione
a ricondurre la pena nell’alveo edittale attualmente vigente a seguito
dell’intervento del Giudice delle leggi; così che, riduceva la originaria pena base
determinata dal giudice della cognizione in anni sei di reclusione.

2. Avverso tale ordinanza il condannato ha proposto ricorso per cassazione,
personalmente, denunciando la violazione di legge ed il vizio della motivazione
dell’ordinanza del giudice dell’esecuzione in ordine alla rideterminazione del
quantum di pena inflitta in mancanza di alcun principio che imponga al giudice
dell’esecuzione un lite all’intervento sulla pena alla luce delle argomentazioni
poste a fondamento dell’ordinanza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.
Il Collegio condivide l’orientamento già affermato da questa Corte con
precedenti decisioni alle quali formalmente si richiama (Sez. 1, n. 32362 del
22/12/2014, dep. 2015, Gaccione), tenuto conto che nell’ordinanza impugnata il
giudice dell’esecuzione ha affermato la possibilità di incidere sul giudicato per
rimuovere la eventuale illegittimità della pena, ma ha ritenuto che tale

Premesso che la sentenza della Corte cost. n. 32 del 2014 ha caducato le

intervento debba essere limitato alla eliminazione del quantum di pena divenuto
illegale a seguito dell’intervento della Consulta sulla norma incriminatrice.
E’ evidente, invece, che il profondo mutamento di cornice derivante dalla
declaratoria di incostituzionalità rende necessaria una rivalutazione piena di tale
aspetto che va compiuto tenendo conto del fatto, così come accertato in
cognizione, ma non anche dei termini matematici espressi da tale giudice (in
rapporto alla scelta tra minimo e massimo edittale) in una condizione in realtà
alterata dalla adozione di un criterio legislativo (legge del 2006) teso a parificare

oggetto delle condotte).
«Non si tratta, infatti, di dichiarare ineseguibile una porzione di pena
arbitrariamente individuata nella quota di eccedenza rispetto al massimo edittale
di anni sei, ma di rinnovare ora per allora, con il solo limite del fatto accertato in
sentenza, il segmento di giudizio relativo all’intero trattamento sanzionatorio (ai
sensi degli artt. 132 e 133 cod. pen.), posto che la scelta compiuta dal giudice
della cognizione è stata – a suo tempo – obbligata a dipanarsi nell’ambito di una
cornice edittale (da sei a venti anni) che in realtà è da ritenersi come mai esistita
(dato l’effetto della pronunzia di incostituzionalità n.32 del 2014). Non può
pertanto sostenersi – in alcun modo – che il rispetto sostanziale del giudicato
imponga di riportare la misura della sanzione nell’attuale massimo edittale, posto
che tale scelta mostra profondi tratti di irragionevolezza sistematica, oltre a
produrre – se generalmente praticata – una grave disparità di trattamento (la
parificazione di condotte ontologicamente diverse in rapporto al livello di
pericolosità soggettiva e al quantitativo di sostanza trattata, posto che tutte
sarebbero ricondotte – ove poste in essere nel tempo di vigenza della novella del
2006 – ad una risposta sanzionatoria uguale e massificata, con applicazione del
massimo edittale di anni sei, senza reale apprezzamento degli indicatori di cui
all’art. 133 cod. pen.)>> (Sez. 1, n. 32362 del 22/12/2014 dep 2015,
Gaccione).
Tale interpretazione è stata da ultimo affermata anche nella decisione delle
sezioni unite di questa Corte del 26.2.2015 che – secondo l’ informazione
provvisoria – ha affermato, con riferimento alla pena applicata su richiesta delle
parti per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 con riferimento alle cd.
«droghe leggere» con pronuncia divenuta irrevocabile prima dell’intervento
della Corte costituzionale, che detta pena deve essere rideterminata dal giudice
dell’esecuzione, con la precisazione che tanto deve avvenire attraverso la
«rinegoziazione» dell’accordo tra le parti ratificato dal giudice dell’esecuzione
ed, in caso di mancato accordo, il giudice dell’esecuzione deve provvedere alla
rideterminazione della pena in base ai criteri di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen.,

3

il disvalore di condotte tra loro diverse (in rapporto alla tipologia di sostanze

evidentemente anche nel caso in cui la pena originariamente applicata rientri
nella nuova cornice edittale.
Nella fattispecie, quindi, il giudice dell’esecuzione ha errato circa
l’individuazione e la delimitazione dell’ambito di intervento da porre in essere in
fase esecutiva.
Va, pertanto, disposto l’annullamento con rinvio della impugnata ordinanza.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Gip del Tribunale
di Genova.

Così deciso, il 22 maggio 2015.

P.Q.M.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA