Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25898 del 22/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 25898 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: LA POSTA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI BRINDISI
nei confronti di:
BEVILACQUA GIUSEPPINA N. IL 25/01/1973
avverso l’ordinanza n. 200/2014 GIP TRIBUNALE di BRINDISI, del
31/07/2014
sentita la elazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;
lette/se ite le conclusioni del PG 9att.

Uditi difepSòr Avv.;

Data Udienza: 22/05/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 31.7.2014 il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Brindisi, in funzione di giudice dell’esecuzione, accogliendo la
richiesta della condannata, rideterminava in anni due, mesi due e giorni venti di
reclusione, oltre la multa la pena applicata a Giuseppina Bevilacqua con la
sentenza emessa, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., dallo stesso giudice il
26.5.2013, in relazione al reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 con

Premesso che la sentenza della Corte cost. n. 32 del 2014 ha caducato le
disposizioni che avevano modificato il trattamento sanzionatorio con riferimento
alle violazioni relative alle cd. «droghe leggere», facendo rivivere le sanzioni
vigenti prima di tale modifica, in specie per la violazione di cui all’art. 73 d.P.R.
n. 309 del 1990 la pena della reclusione da due a sei anni e della multa da euro
5.164 a 77.468, riteneva necessario rideterminare la pena applicata alla
Bevilacqua, benché fosse stata determinata calcolando la pena base in anni sei di
reclusione ed euro 26.000 di multa, secondo i parametri dell’art. 133 cod. pen..

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore
della repubblica presso il Tribunale di Brindisi, denunciando la violazione di legge
rilevando che la declaratoria di incostituzionalità ha avuto ad oggetto non la
norma incriminatrice, bensì, la norma penale che incide sul trattamento
sanzionatorio; quindi, richiamato l’arresto delle sezioni unite di questa Corte del
n. 42858 del 29.5.2014, Gatto, afferma che la rideterminazione del giudice
dell’esecuzione può avvenire soltanto limitatamente alla rimozione della porzione
di pena divenuta illegale, ossia superiore a quella che potrebbe essere inflitta allo
stato della formulazione della norma.

CONSIDERATO IN DIRITTO

La doglianza posta a fondamento del ricorso del pubblico ministero non è
fondata; pertanto, il ricorso deve essere rigettato.
Il Collegio condivide l’orientamento già affermato da questa Corte con
precedenti decisioni alle quali formalmente si richiama (Sez. 1, n. 32362 del
22/12/2014, dep. 2015, Gaccione).
E’ evidente, invece, che il profondo mutamento di cornice derivante dalla
declaratoria di incostituzionalità rende necessaria una rivalutazione piena di tale
aspetto che va compiuto tenendo conto del fatto, così come accertato in
cognizione, ma non anche dei termini matematici espressi da tale giudice (in
rapporto alla scelta tra minimo e massimo edittale) in una condizione in realtà

riferimento a sostanza stupefacente del tipo marjuana.

alterata dalla adozione di un criterio legislativo (legge del 2006) teso a parificare
il disvalore di condotte tra loro diverse (in rapporto alla tipologia di sostanze
oggetto delle condotte).
«Non si tratta, infatti, di dichiarare ineseguibile una porzione di pena
arbitrariamente individuata nella quota di eccedenza rispetto al massimo edittale
di anni sei, ma di rinnovare ora per allora, con il solo limite del fatto accertato in
sentenza, il segmento di giudizio relativo all’intero trattamento sanzionatorio (ai
sensi degli artt. 132 e 133 cod. pen.), posto che la scelta compiuta dal giudice

cornice edittale (da sei a venti anni) che in realtà è da ritenersi come mai esistita
(dato l’effetto della pronunzia di incostituzionalità n.32 del 2014). Non può
pertanto sostenersi – in alcun modo – che il rispetto sostanziale del giudicato
imponga di riportare la misura della sanzione nell’attuale massimo edittale, posto
che tale scelta mostra profondi tratti di irragionevolezza sistematica, oltre a
produrre – se generalmente praticata – una grave disparità di trattamento (la
parificazione di condotte ontologicamente diverse in rapporto al livello di
pericolosità soggettiva e al quantitativo di sostanza trattata, posto che tutte
sarebbero ricondotte – ove poste in essere nel tempo di vigenza della novella del
2006 – ad una risposta sanzionatoria uguale e massificata, con applicazione del
massimo edittale di anni sei, senza reale apprezzamento degli indicatori di cui
all’art. 133 cod. pen.)» (Sez. 1, n. 32362 del 22/12/2014 dep 2015,
Gaccione).
Tale interpretazione è stata da ultimo affermata anche nella decisione delle
sezioni unite di questa Corte del 26.2.2015 che – secondo l’ informazione
provvisoria – ha affermato, con riferimento alla pena applicata su richiesta delle
parti per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 con riferimento alle cd.
«droghe leggere» con pronuncia divenuta irrevocabile prima dell’intervento
della Corte costituzionale, che detta pena deve essere rideterminata dal giudice
dell’esecuzione, con la precisazione che tanto deve avvenire attraverso la
«rinegoziazione» dell’accordo tra le parti ratificato dal giudice dell’esecuzione
ed, in caso di mancato accordo, il giudice dell’esecuzione deve provvedere alla
rideterminazione della pena in base ai criteri di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen.,
evidentemente anche nel caso in cui la pena originariamente applicata rientri
nella nuova cornice edittale.
Nella fattispecie, quindi, pur non avendo rinegoziato l’accordo tra le parti,
circostanza della quale il pubblico ministero ricorrente non si duole, avendo, del
resto fondato il ricorso su principi che contraddicono un tale intento, il giudice
dell’esecuzione correttamente ha provveduto a rideterminare la pena applicando
i parametri di cui all’art. 133 cod. pen..

3

della cognizione è stata – a suo tempo – obbligata a dipanarsi nell’ambito di una

P. Q. M.
Rigetta il ricorso.

Così deciso, il 22 maggio 2015.

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