Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25895 del 22/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 25895 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D’ADDATO MICHELE N. IL 03/01/1957
avverso l’ordinanza n. 18/2014 CORTE ASSISE di MILANO, del
23/09/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
eitjAg
lette/s~e conclusioni del PG Dett. elL

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 22/05/2015

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ordinanza in data 23.9.2014 la Corte di assise di Milano, in funzione di giudice
dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta da D’ADDATO MICHELE con la quale il predetto
aveva chiesto che la pena dell’ergastolo, inflittagli con sentenza in data 3.6.2008 della Corte di
assise Di Milano, divenuta irrevocabile il 9.1.2009, fosse sostituita con quella di trent’anni di
reclusione.
La Corte di assise respingeva la richiesta della sostituzione dell’ergastolo con la pena di

ordinario, non avendo mai chiesto il rito abbreviato, e quindi la sua posizione non era in alcun
modo assimilabile a quella giudicata dalla Corte EDU in data 17.9.2009 nel caso Scoppola
contro Italia.
Riteneva inoltre infondata la questione di legittimità costituzionale della pena dell’ergastolo,
poiché a seguito della legge 1634/1962 e dell’Ordinamento Penitenziario (legge 354/1975) la
pena dell’ergastolo aveva cessato di essere una pena perpetua, essendo previsti istituti che, in
base ai risultati dell’opera di rieducazione, consentono il reinserimento nella società del
condannato all’ergastolo.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore, chiedendone
l’annullamento, sostenendo che, per la recente giurisprudenza della Corte costituzionale e di
legittimità, la pena dell’ergastolo inflitta al ricorrente doveva essere sostituita con la pena di
trent’anni di reclusione.

Rileva questa Corte che il ricorso è manifestamente infondato, poiché mancano i presupposti
per l’applicazione della decisione emessa dalla Corte Edu in data 17.9.2009 nel caso Scoppola,
in quanto, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la conversione della pena
dell’ergastolo in quella di anni trenta di reclusione è dovuta, in sede esecutiva, solo nel caso di
giudizio abbreviato ammesso tra il 2 gennaio ed il 24 novembre 2000, cioè nella vigenza
dell’art.30/1 lett.b della legge 479/1999.
Anche le sentenze della Corte costituzionale e di questa Corte di legittimità citate dal ricorrente
indicano come presupposto, per la sostituzione della pena dell’ergastolo con quella di trent’anni
di reclusione, l’ammissione dell’imputato al giudizio abbreviato nel suddetto periodo.
In particolare, la sentenza di questa Corte n.6004/2014, imputato Papalia, citata dal
ricorrente, non afferma affatto un principio diverso, in quanto dalla motivazione della predetta
sentenza risulta che l’imputato era stato ammesso con ordinanza in data 19.6.2000 della Corte
di assise d’appello di Milano al rito abbreviato.
La decisione della Corte EDU sul caso Scoppola riguarda, infatti, il caso di chi – ammesso al
giudizio abbreviato nel suddetto periodo, con l’aspettativa di vedersi sostituire la condanna alla
pena dell’ergastolo inasprito dall’isolamento diurno con la pena di trent’anni di reclusione – si è
visto, per l’intervento di una legge entrata in vigore successivamente alla sua ammissione a l
1

trent’anni di reclusione, poiché era pacifico che il D’Addato era stato giudicato con il rito

giudizio abbreviato, condannato alla pena dell’ergastolo, e quindi l’ammissione al rito
abbreviato – causa una modifica legislativa intervenuta nel corso del processo – ha comportato
solo l’eliminazione dell’isolamento diurno, lasciando ferma la condanna all’ergastolo.
E’ quindi evidente che presupposto essenziale per chiedere l’estensione degli effetti della
sentenza Scoppola è l’ammissione al rito abbreviato, mentre non vi sarebbe alcuna ragione per
estendere lo sconto di pena a condannati che non hanno chiesto, pur essendo stati nelle
condizioni per chiederlo, l’ammissione al suddetto rito, essendo lo sconto di pena

celebrazione del processo con il predetto rito.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella
proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento
della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa
Corte.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma in data 22 maggio 2015

i

Il Consigliere estensore
Lui i Pietro Caiazzo
Lui

Il Presidente
Maria Cris

indissolubilmente legato alla scelta di essere giudicati con il rito abbreviato ed alla effettiva

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