Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25894 del 22/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 25894 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MADONIA GIUSEPPE N. IL 25/04/1954
avverso l’ordinanza n. 4/2014 CORTE ASSISE APPELLO di
PALERMO, del 14/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
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lette/site le conclusioni del PG Dott.

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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 22/05/2015

RILEVATO IN FATTO
Con ordinanza in data 14.7.2014 la Corte di assise d’appello di Palermo, in funzione di giudice
dell’esecuzione, rigettava l’istanza con la quale era stata chiesta in favore di MADONIA
GIUSEPPE – in relazione alla condanna della Corte di assise d’appello di Palermo in data
25.10.2006 alla pena dell’ergastolo – la sostituzione di detta pena con quella di trent’anni di
reclusione, in quanto, secondo l’istante, il Madonia, avendo tempestivamente chiesto di essere
giudicato con il rito abbreviato ed essendo stato ammesso al predetto rito, aveva maturato il

nulla rilevando che – dopo l’entrata in vigore del decreto legge 24.11.2000 n. 341 (convertito
nella legge n.4/2001) – il predetto si fosse avvalso della facoltà di revocare la richiesta di rito
abbreviato.
Il giudice dell’esecuzione riteneva che il Madonia non potesse ottenere la sostituzione della
pena dell’ergastolo con quella di trent’anni di reclusione, poiché presupposto di detta
sostituzione era non solo l’ammissione al rito abbreviato, ma anche la celebrazione del
processo con il suddetto rito, essendo stata individuata, sia dalla Corte costituzionale che dalla
Corte di cassazione, la ragione unica della prevista sostituzione della pena nell’inscindibile
unità finalistica che lega la semplificazione del rito e la riduzione della pena.
Nella fattispecie in esame era invece pacifico che il Madonia, a seguito della sua rinuncia al rito
abbreviato, aveva riportato la condanna all’ergastolo in un processo celebrato con il rito
ordinario.
La Corte di assise d’appello non condivideva l’assunto difensivo che il Madonia fosse stato
costretto a rinunciare al rito abbreviato dalle modifiche legislative introdotte con il citato
decreto legge, in quanto era comunque rimessa alla sua valutazione una scelta che, sia in caso
di rinuncia al rito che di conferma, poteva comportare vantaggi e svantaggi.
Escludeva, infine, che in sede esecutiva si potesse sindacare la giustezza o meno della
decisione del giudice della cognizione sulla tempestività della rinuncia effettuata dal Madonia.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore, chiedendone

diritto alla prevista sostituzione della pena dell’ergastolo con quella di trent’anni di riduzione, a

l’annullamento, con il primo motivo, per vizio di motivazione.
Nell’incidente di esecuzione era stata formalmente sollevata la questione riguardante la
tardività della revoca del giudizio abbreviato da parte del Madonia, in quanto la stessa era
intervenuta ben oltre i trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione
del decreto legge 341/2000.
Il giudice dell’esecuzione non aveva risposto su questa questione, sebbene la stessa potrebbe
avere incidenza, se fondata, sulla validità della sentenza e del conseguente titolo esecutivo.
Con il secondo motivo il ricorrente ha sostenuto che la dichiarazione di incostituzionalità
dell’art.7 D.L. 341/2000 – con il quale il legislatore aveva modificato la riduzione di pena da
operare in caso di scelta del rito abbreviato, allorché la pena da infliggere fosse quella
dell’ergastolo inasprito dall’isolamento diurno – doveva avere effetti anche sulla scelta di chi,
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come il Madonia, aveva modificato la scelta originaria, revocando la richiesta di essere
giudicato con il rito abbreviato, in quanto detta revoca era stata provocata dall’emanazione di
una norma illegittima, perché retroattivamente non consentiva più di sostituire alla pena
dell’ergastolo quella di trent’anni di reclusione.
Il ricorrente aveva scelto di essere giudicato con il rito abbreviato, in quanto questa scelta gli
avrebbe comunque evitato di essere condannato alla pena dell’ergastolo.
Dopo l’entrata in vigore del decreto legge 341/2000 e della legge di conversione 4/2001, il

convinzione che l’art. 7 del suddetto decreto legge sarebbe stato applicato retroattivamente.
La sua volontà di revoca, quindi, era stata unicamente influenzata dalla erronea convinzione
che l’intervento del Legislatore potesse essere applicato alla sua posizione.
Essendo viziata la sua volontà da un intervento illegittimo del legislatore, non poteva ritenersi
validamente espressa la revoca del giudizio abbreviato manifestata dal Madonia.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Il primo motivo di ricorso non può essere accolto perché, come correttamente si è affermato
nell’ordinanza impugnata, il giudice dell’esecuzione non può rilevare l’eventuale tardività della
rinuncia al giudizio abbreviato effettuata dal Madonia, essendo ogni decisione in merito rimessa
al giudice della cognizione ed eventualmente impugnabile dalla parte che ne abbia interesse o
rilevabile dal giudice dell’impugnazione.
Con riguardo al secondo motivo di ricorso, si deve innanzi tutto osservare che mancano
presupposti per l’applicazione della decisione emessa dalla Corte Edu in data 17.9.2009 nel
caso Scoppola, poiché il ricorrente è stato giudicato, a seguito della sua revoca della richiesta
di giudizio abbreviato, con rito ordinario nel suddetto processo in cui ha riportato la condanna
all’ergastolo.
La menzionata decisione della Corte EDU, infatti, riguarda solo il caso di chi – ammesso al
giudizio abbreviato, con l’aspettativa di vedersi sostituire la condanna alla pena dell’ergastolo
inasprito dall’isolamento diurno con la pena di trent’anni di reclusione – si è visto, per
l’intervento di una legge entrata in vigore successivamente alla sua ammissione al giudizio
abbreviato, condannato alla pena dell’ergastolo, e quindi l’ammissione al rito abbreviato causa una modifica legislativa intervenuta nel corso del processo – ha comportato solo
l’eliminazione dell’isolamento diurno, lasciando ferma la condanna all’ergastolo.
Avendo il Madonia rinunciato al giudizio abbreviato, ha anche rinunciato a vedersi applicare
una qualsiasi riduzione di pena conseguente alla scelta del suddetto rito speciale, e pertanto il
suo caso non è in alcun modo assimilabile a quello deciso dalla Corte EDU il 19.9.2009 nei
confronti dello Scoppola.
Per inquadrare il significato della decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso
Scoppola, si deve premettere che con la legge 16.12.1999 n.479 (c.d. legge Carotti, entrata in
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Madonia aveva revocato la scelta di essere giudicato con il rito abbreviato sulla base della

vigore il 2.1.2000) è stato consentito agli imputati di accedere al rito abbreviato anche per i
delitti per i quali era comminata la pena dell’ergastolo, stabilendo all’art. 442/2 c.p.p. che in
caso di scelta da parte dell’imputato del giudizio abbreviato “alla pena dell’ergastolo è
sostituita quella della reclusione di anni trenta.
Con decreto legge emanato pochi mesi dopo (D.L. 7.4.2000 n. 82, convertito nella legge
n.144/2000) è stato consentito, a determinate condizioni, anche agli imputati dei processi in
corso (i quali, per la normativa vigente prima della Carotti, non avevano potuto accedere al

pena previsto per la scelta del predetto rito.
L’aspettativa degli imputati di ottenere – scegliendo di essere giudicati con il rito abbreviato la sostituzione della condanna all’ergastolo, inasprito dall’isolamento diurno, con quella a
trent’anni di reclusione è stata frustrata dall’entrata in vigore del Decreto Legge 24.11.2000 n.
341 (convertito dalla legge n.4/2001) che conteneva nel capo III (intitolato: interpretazione
autentica dell’art. 442 comma 2 c.p.p. e disposizioni in materia di giudizio abbreviato nei
processi per i reati puniti con l’ergastolo) all’art. 7 le seguenti norme:
1. Nell’articolo 442, comma 2, ultimo periodo, del codice di procedura penale, l’espressione
“pena dell’ergastolo” deve intendersi riferita all’ergastolo senza isolamento diurno.
2. All’art. 442, comma 2, del codice di procedura penale, è aggiunto, in fine, il seguente
periodo: “alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati e di reato
continuato, è sostituita quello dell’ergastolo”.
A seguito dell’entrata in vigore del D.L. 341/2000, l’imputato Scoppola che aveva chiesto ed
ottenuto di essere giudicato con il rito abbreviato dopo l’entrata in vigore della legge Carotti, in
sede di appello – poiché la pena dell’ergastolo inflittagli nel primo grado di giudizio era stata
inasprita dall’isolamento diurno – ha visto ridotta la pena all’ergastolo con la sola eliminazione
dell’isolamento diurno.
Il predetto si è rivolto alla Corte europea dei diritti dell’uomo, lamentando la violazione della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, e la Grande Camera della Corte
Europea dei diritti dell’uomo, con decisione in data 17.9.2009, ha accertato la non equità del
trattamento sanzionatorio, perché inflitto in violazione degli artt. 6 e 7 della suddetta
Convenzione, essendo stato condannato lo Scoppola dalla Corte di assise d’appello di Roma
con sentenza in data 10.1.2002 all’ergastolo, nonostante lo stesso avesse la legittima
aspettativa di non subire una pena superiore a trent’anni di reclusione, per aver scelto di
essere giudicato con un rito che, nel momento in cui era stato chiesto, prevedeva la
sostituzione della pena dell’ergastolo con quella di trent’anni di reclusione.
La Corte EDU, con la suddetta decisione, ha ritenuto che la modifica dell’art.442/2 c.p.p., come
introdotta dalla legge Carotti, non presentasse alcuna ambiguità, in quanto indicava
chiaramente che la pena dell’ergastolo era sostituita da quella della reclusione ad anni trenta,
senza alcuna distinzione tra la condanna all’ergastolo con o senza isolamento diurno.

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suddetto rito) di essere giudicati con il rito abbreviato, e quindi di usufruire dello sconto di

Quindi la specificazione introdotta dal D.L. 341/2000, secondo la Corte EDU, doveva essere
considerata non l’interpretazione autentica della suddetta norma introdotta dalla legge Carotti,
ma una nuova norma che stabiliva la riduzione di pena da applicare, per la scelta del rito
abbreviato, in caso di condanna alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno.
La suddetta Corte ha anche precisato che la norma in questione ha natura sostanziale e non
processuale, e quindi non poteva essere applicata retroattivamente per il principio secondo il
quale, se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica

Lo Stato italiano si è adeguato alla decisione della Corte EDU, sostituendo nei confronti dello
Scoppola la pena dell’ergastolo con quella di trent’anni di reclusione.
E’ quindi evidente che presupposto essenziale per chiedere l’estensione degli effetti della
sentenza Scoppola è che il giudizio si sia celebrato con il rito abbreviato, in quanto la riduzione
di pena di cui trattasi è applicabile soltanto a coloro che sono stati giudicati con il suddetto rito
speciale e che, nel corso della celebrazione del processo, si sono visti modificare l’entità della
riduzione della pena per l’intervento della menzionata norma, ora dichiarata illegittima dalla
Corte costituzionale.
La revoca del giudizio abbreviato nei confronti del Madonia, per sua espressa volontà, e la
conseguente celebrazione del processo nei suoi confronti con il rito ordinario, non consente lo
sconto di pena previsto esclusivamente in caso di celebrazione del processo con il predetto rito
speciale.
In base a quanto sopra, pertanto, il ricorso del Madonia deve essere rigettato, posto che il
recesso dal rito abbreviato da lui esercitato, secondo le regole processuali del tempo, non
toccate dalla pronuncia soprannazionale, ha consolidato il giudizio con rito ordinario (il che,
nella fattispecie, è dato processuale pacifico). Ed invero la natura sostanziale della diminuente
premiale per il rito abbreviato, predicata dalla CEDU, non implica la trasformazione della
natura processuale di tutta la restante normativa concernente i presupposti, i termini e le
modalità di accesso al rito in questione, rimessi alla scelta del legislatore nazionale, aspetti non
immutati dalla giurisprudenza comunitaria. In tal senso è assolutamente evidente, dunque, che
difettano completamente, nel caso del ricorrente, i presupposti processuali per rendere
concretamente operativi i principi espressi dalla CEDU nel citato caso Scoppola.
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la facoltà di recesso dall’abbreviato, nel
diritto intertemporale, ampliava le facoltà dell’imputato che, se da un lato così rinunciava alla
riduzione premiale, riacquistava però la totalità del diritto alla prova difensiva propria del rito
ordinario. Si tratta di una scelta, rimessa dal legislatore alla sola valutazione difensiva, comune
all’istituto processuale e non incisa dalla normativa qui in discussione. Non è irrazionale,
quindi, né contrario a norme di rango costituzionale che il Legislatore, nel momento in cui
ritirava la facoltà di ottenere con il rito abbreviato anni trenta di reclusione, anziché l’ergastolo,
concedesse anche la facoltà di recedere da un rito abbreviato.

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quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo.

L’imputato, ripristinata la normale sfera delle sue possibilità processuali, non può dunque
dolersi di profili di sostanziale ingiustizia o di contrarietà a parametri convenzionali (con
riferimento alla CEDU); non si verifica, infatti, nella situazione in esame, l’applicazione
retroattiva di normativa successiva meno favorevole, circostanza che si determina (così come
specificato dalla giurisprudenza di questa Corte nella sua massima espressione nomofilattica)
solo in caso, e dentro il ristretto ambito, di un rito abbreviato scelto, ammesso e mantenuto
nei termini sopra ricordati; non vi può essere, invece, profilo di retroattività di norma più
severa ove il presupposto processuale sia mancante: né sarebbe razionale pretendere di

In definitiva il ricorso, infondato, deve essere respinto. Al completo rigetto dell’impugnazione
consegue ex lege, in forza del disposto dell’art. 616 Cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento.P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 22 maggio 2015
Il Consigliere estensore

il Presidente

abbattere il diritto di recesso, fermo mantenendo il rito ordinario in allora espletato.

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