Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25893 del 22/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 25893 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D’AMICO FRANCESCO N. IL 18/03/1934
avverso l’ordinanza n. 10/2014 CORTE ASSISE APPELLO di
PALERMO, del 30/06/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
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lette/sentite-le conclusioni del PG Dott.

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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 22/05/2015

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ordinanza in data 30.6.2014 la Corte di assise d’appello di Palermo, in funzione di giudice
dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta da D’AMICO FRANCESCO con la quale il predetto
aveva chiesto che la pena dell’ergastolo, inflittagli con sentenza 11.10.2002 della Corte di
assise d’appello di Palermo, divenuta irrevocabile il 2.2.2004, fosse sostituita con quella di
trent’anni di reclusione.
La Corte di assise d’appello respingeva la richiesta della sostituzione dell’ergastolo con la pena

ordinario, essendo stata respinta dal giudice di secondo grado la sua richiesta di essere
giudicato con il rito abbreviato, e quindi la sua posizione, secondo il giudice dell’esecuzione,
non era assimilabile a quella giudicata dalla Corte EDU in data 17.9.2009 nel caso Scoppola
contro Italia.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore, chiedendone
l’annullamento per i seguenti motivi.
Il ricorrente ha premesso che il D’Amico aveva avanzato richiesta di accesso al rito abbreviato
nel giudizio d’appello, e più precisamente nell’udienza del 5.2.2002.
Il giudice di secondo grado aveva rigettato la richiesta di giudizio abbreviato, incentrando la
propria decisione esclusivamente sulle finalità proprie dei riti speciali.
Secondo il ricorrente, alla stregua di quanto recentemente affermato dalla Corte costituzionale
e dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione nella materia de qua, per ottenere la richiesta
sostituzione di pena non era necessario avere ottenuto l’ammissione al rito abbreviato, ma era
sufficiente la richiesta di accesso al rito abbreviato da parte dell’interessato, richiesta che era
stata avanzata nel giudizio d’appello da d’Amico Francesco.

Rileva questa Corte che il ricorso non può essere accolto, poiché mancano i presupposti per
l’applicazione della decisione emessa dalla Corte Edu in data 17.9.2009 nel caso Scoppola, in
quanto, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la conversione della pena
dell’ergastolo in quella di anni trenta di reclusione è dovuta, in sede esecutiva, solo nel caso di
giudizio abbreviato ammesso tra il 2 gennaio ed il 24 novembre 2000, cioè nella vigenza
dell’art.30/1 lett.b della legge 479/1999.
Anche le sentenze della Corte costituzionale e di questa Corte di legittimità citate dal ricorrente
indicano come presupposto, per la sostituzione della pena dell’ergastolo con quella di trent’anni
di reclusione, l’ammissione dell’imputato al giudizio abbreviato nel suddetto periodo.
La decisione della Corte EDU sul caso Scoppola riguarda, infatti, il caso di chi – ammesso al
giudizio abbreviato nel suddetto periodo, con l’aspettativa di vedersi sostituire la condanna alla
pena dell’ergastolo inasprito dall’isolamento diurno con la pena di trent’anni di reclusione – si è
visto, per l’intervento di una legge entrata in vigore successivamente alla sua ammissione al
giudizio abbreviato, condannato alla pena dell’ergastolo, e quindi l’ammissione al rito
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di trent’anni di reclusione, poiché era pacifico che il D’Amico era stato giudicato con il rito

abbreviato – causa una modifica legislativa intervenuta nel corso del processo – ha comportato
solo l’eliminazione dell’isolamento diurno, lasciando ferma la condanna all’ergastolo.
Per inquadrare il significato della decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso
Scoppola, si deve premettere che con la legge 16.12.1999 n.479 (c.d. legge Carotti, entrata in
vigore il 2.1.2000) è stato consentito agli imputati di accedere al rito abbreviato anche per i
delitti per i quali era comminata la pena dell’ergastolo, stabilendo all’art. 442/2 cod. proc. pen.
che in caso di scelta da parte dell’imputato del giudizio abbreviato “alla pena dell’ergastolo è

Con decreto legge emanato pochi mesi dopo (D.L. 7.4.2000 n. 82, convertito dalla legge
n.144/2000) è stato consentito, a determinate condizioni, anche agli imputati dei processi in
corso (i quali, per la normativa vigente prima della Carotti, non avevano potuto accedere al
suddetto rito) di essere giudicati con il rito abbreviato, e quindi di usufruire dello sconto di
pena previsto per la scelta del predetto rito.
L’aspettativa degli imputati di ottenere – scegliendo di essere giudicati con il rito abbreviato la sostituzione della condanna all’ergastolo, inasprito dall’isolamento diurno, con quella a
trent’anni di reclusione è stata frustrata dall’entrata in vigore del Decreto Legge 24.11.2000 n.
341 (convertito dalla legge n.4/2001) che conteneva nel capo III (intitolato: interpretazione
autentica dell’art. 442 comma 2 c.p.p. e disposizioni in materia di giudizio abbreviato nei
processi per i reati puniti con l’ergastolo) all’art. 7 le seguenti norme:
1. Nell’articolo 442, comma 2, ultimo periodo, del codice di procedura penale, l’espressione
“pena dell’ergastolo” deve intendersi riferita all’ergastolo senza isolamento diurno.
2. All’art. 442, comma 2, del codice di procedura penale, è aggiunto, in fine, il seguente
periodo: “alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati e di reato
continuato, è sostituita quello dell’ergastolo”.
A seguito dell’entrata in vigore del D.L. 341/2000, l’imputato Scoppola che aveva chiesto ed
ottenuto di essere giudicato con il rito abbreviato dopo l’entrata in vigore della legge Carotti, in
sede di appello – poiché la pena dell’ergastolo inflittagli nel primo grado di giudizio era stata
inasprita dall’isolamento diurno – ha visto ridotta la pena all’ergastolo con la sola eliminazione
dell’isolamento diurno.
Il predetto si è rivolto alla Corte europea dei diritti dell’uomo, lamentando la violazione della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, e la Grande Camera della Corte
Europea dei diritti dell’uomo, con decisione in data 17.9.2009, ha accertato la non equità del
trattamento sanzionatorio, perché inflitto in violazione degli artt. 6 e 7 della suddetta
Convenzione, essendo stato condannato lo Scoppola dalla Corte di assise d’appello di Roma
con sentenza in data 10.1.2002 all’ergastolo, nonostante lo stesso avesse la legittima
aspettativa di non subire una pena superiore a trent’anni di reclusione, per aver scelto di
essere giudicato con un rito che, nel momento in cui era stato chiesto, prevedeva la
sostituzione della pena dell’ergastolo con quella di trent’anni di reclusione.

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sostituita quella della reclusione di anni trenta”.

La Corte EDU, con la suddetta decisione, ha ritenuto che la modifica dell’art.442/2 c.p.p., come
introdotta dalla legge Carotti, non presentasse alcuna ambiguità, in quanto indicava
chiaramente che la pena dell’ergastolo era sostituita da quella della reclusione ad anni trenta,
senza alcuna distinzione tra la condanna all’ergastolo con o senza isolamento diurno.
Quindi la specificazione introdotta dal D.L. 341/2000, secondo la Corte EDU, doveva essere
considerata non l’interpretazione autentica della suddetta norma introdotta dalla legge Carotti,
ma una nuova norma che stabiliva la riduzione di pena da applicare, per la scelta del rito

Lo Stato italiano si è adeguato alla decisione della Corte EDU, sostituendo nei confronti dello
Scoppola la pena dell’ergastolo con quella di trent’anni di reclusione.
E’ quindi evidente che presupposto essenziale per chiedere l’estensione degli effetti della
sentenza Scoppola è l’ammissione al rito abbreviato, mentre non vi sarebbe alcuna ragione per
estendere lo sconto di pena a condannati che non erano nelle condizioni per ottenere
l’ammissione al suddetto rito, essendo lo sconto di pena indissolubilmente legato alla scelta di
essere giudicati con il rito abbreviato ed alla effettiva celebrazione del processo con il predetto
rito, il quale consente che la decisione sia presa sulla base degli atti di indagine compiuti nel
corso delle indagini preliminari.
Nel caso in esame il ricorrente è stato giudicato con il rito ordinario e – come correttamente si
è affermato nell’ordinanza impugnata – non può essere discussa dal giudice dell’esecuzione la
decisione presa nel processo di cognizione di non ammetterlo al rito abbreviato, essendo detta
decisione oramai coperta dal passaggio in giudicato della sentenza.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella
proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento
della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa
Corte.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma in data 22 maggio 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

abbreviato, in caso di condanna alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno.

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