Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25884 del 12/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 25884 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: DI TOMASSI MARIASTEFANIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da PALAIA Benito, nato a Taurianova 1’08/10/1979,
avverso l’ordinanza emessa in data 26/09/2014 dal Tribunale di Palmi.
Visti gli atti, l’ordinanza impugnata, il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere M.Stefania Di Tornassi;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Umberto De Augustinis, che ha concluso chiedendo l’annullamento con
rinvio del provvedimento impugnato.

Data Udienza: 12/05/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Palmi, decidendo quale giudice
dell’esecuzione, accoglieva l’istanza avanzata da Benito PALAIA, di
riconoscimento della continuazione tra i reati oggetto di 10 sentenze di
condanna, tutte relative alla ricettazione di assegni, rideterminando la pena in
complessivi anni dieci di reclusione e 10.400,00 euro di multa
In particolare, rilevato che tra i reati oggetto delle prime sei condanne la
continuazione era stata già riconosciuta con precedente ordinanza del giudice
prendeva a base la pena di otto anni, quattro mesi di reclusione e 6.400,00 euro
di multa determinata con quel precedente provvedimento, aumentandola di
cinque mesi e di 1.000,00 euro di multa per ciascuno dei fatti giudicati con le
successive quattro sentenze.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso il PALAIA personalmente,
chiedendone l’annullamento. Denunzia, con unico motivo, violazione di legge
osservando:
– anzitutto, che l’ordinanza con cui era stata riconosciuta la continuazione
tra i reati oggetto delle prime sei sentenze non era affatto definitiva, ma – come
era stato evidenziato anche nel corso dell’udienza – era stata annullata dalla
Corte di cassazione con sentenza in data 18/06/2014;
– quindi, e in ogni caso, che non vale, in caso di riconoscimento della
continuazione in sede esecutiva, il principio di intangibilità del giudicato laddove
questo si riferisca solo a parte dei reati da valutare; sicché nel caso in esame il
giudice della esecuzione avrebbe dovuto sciogliere il precedente cumulo e,
individuata la pena maggiore inflitta dal giudice della cognizione per il singolo
reato da lui ritenuto più grave, avrebbe dovuto su di essa nuovamente
rideterminare la pena per ciascuno dei reati in continuazione;
– infine, che la pena complessiva era sproporzionata all’entità dei fatti, che
avevano cagionato alle diverse persone offese un danno complessivo pari a circa
soltanto 9.500,00 euro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva il Collegio che il ricorso appare fondato.
2. E’ anzitutto fondato il rilievo che il giudice dell’esecuzione non poteva
rifarsi, nel calcolo della pena, a quella determinata in precedente provvedimento
che risultava annullato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 44240 del
18/06/2014, con motivazione depositata il 23/10/2014, ma il cui dispositivo «Annulla l’ordinanza impugnata relativamente alle pene inerenti ai reati di cui
alle sentenze sub n.ri 3 e 5 e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Palmi in
diversa composizione» – già chiaramente imponeva di ritenere almeno in parte

2

dell’esecuzione in data 5-11 novembre 2013, ai fini del calcolo della pena

errata la determinazione della pena ivi stabilita.
3. Va quindi, e comunque, osservato che assolutamente corretto è anche
l’ulteriore rilievo difensivo, con cui si evidenzia che non opera in sede di
esecuzione alcuna preclusione da “giudicato” con riguardo alle pene calcolate in
precedenti decisioni, vuoi del giudice della cognizione vuoi (a maggior ragione)
dello stesso giudice dell’esecuzione, allorché, investito ai sensi dell’art. 671 cod.
proc. pen., quest’ultimo sia chiamato a riconoscere la continuazione tra reati
oggetto di ulteriori e diverse sentenze prima a tale fine non considerate.
incidere sul giudicato di condanna, con l’unico limite che la continuazione «non
sia stata esclusa dal giudice della cognizione». Ma persino tale impedimento non
può considerarsi riconducibile alla categoria “giudicato”, bensì soltanto ad una
preclusione. Lo dimostrano: il fatto che l’istituto del quale deve fare applicazione
il giudice della cognizione è il medesimo affidato, in ragione di una scelta
meramente discrezionale dell’imputato, al giudice dell’esecuzione; il rilievo che il
giudice della cognizione è sostanzialmente tale soltanto in relazione a una parte
dei fatti su cui cade la richiesta, ma opera per i fatti già giudicati allo stesso
modo del giudice dell’esecuzione e, di conseguenza con gli stessi poteri e doveri;
l’affermazione, prevalente nella giurisprudenza di questa Corte, che l’effetto
impeditivo scaturisce soltanto dall’espressa esclusione dell’unicità del disegno
criminoso, sicché l’omesso riconoscimento nel giudizio di merito della
continuazione per effetto di omessa risposta, formale o sostanziale, alla richiesta
dell’imputato non impedisce, in mancanza d’impugnazione sul punto, la
riproposizione della richiesta in fase esecutiva (Sez. 6, n. 1711 del 14/01/1999;
Sez. 2, n. 27899 del 15/05/2003; Sez. 1, n. 1466 del 21/02/1997; Sez. 1, n.
2485 del 28/05/1992, Cini).
La disposizione dell’art. 671, comma 1, cod. proc. pen. soggiace dunque
semplicemente alle regole della preclusione processuale, derivante dal generale
divieto di

bis in idem

(e dettate, in linea generale, per i provvedimenti

d’esecuzione dal comma 2 dell’art. 666 cod. proc. pen.), che non può operare
quando la richiesta e la decisione sono, come nel caso in esame, riferite a fatti
nuovi: il riferimento della richiesta ad ulteriori condanne prima non considerate
necessariamente imponendo che, ove anche per i reati oggetto delle stesse sia
riconosciuta la continuazione, il giudice dell’esecuzione provveda alla
determinazione della pena individuando la violazione più grave in quella per la
quale è stata, singolarmente, inflitta la pena più elevata, e provvedendo quindi a
determinare gli aumenti per i reati in continuazione, anch’essi singolarmente
individuati, in misura non solo non superiore alla somma delle pene inflitte con
ciascuna sentenza, ma anche nel rispetto del principio che «la natura di istituto
favorevole al reo della disciplina della continuazione può giustificare il
superamento in executivis del giudicato sulla misura della pena irrogata da ogni
singola sentenza, soltanto a vantaggio, e non in pregiudizio, del condannato»,
già affermato nella precedente sentenza di annullamento (Sez. 1, n. 44240 del

3

E’ proprio l’art. 671 cod. proc. pen., difatti, la norma che autorizza ad

18/06/2014, Palaia, Rv. 260847) e che il Collegio interamente condivide.
4. L’ordinanza impugnata va pertanto annullata limitatamente alla
determinazione della pena, con rinvio al Tribunale di Palmi perché – in diversa
composizione, ai sensi di Corte cost. n. 183 del 2013 – proceda a nuovo esame
attenendosi ai principi enunciati.
Resta allo stato assorbito, ma non precluso, l’ultimo motivo.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla determinazione della pena
e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Palmi.
Così deciso il 12 maggio 2015
Il consigliere es nsore

Il Presidente

P.Q.M.

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