Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25864 del 05/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 25864 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MAZZITELLI DOMENICO N. IL 15/11/1960
avverso l’ordinanza n. 79/2010 CORTE ASSISE APPELLO di
REGGIO CALABRIA, del 18/06/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
lette/s~tite le conclusioni del PG Dott. e C 24
ArC

Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 05/05/2015

RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 18.6.2014 la Corte di assise d’appello di Reggio Calabria, in funzione di
giudice dell’esecuzione, dichiarava inammissibile l’istanza con la quale MAZZITELLI DOMENICO
aveva chiesto che la pena dell’ergastolo inflittagli con sentenza in data 11.8.2000 (irrevocabile
il 25.5.2002) della Corte di assise d’appello di Reggio Calabria fosse sostituita con quella di
trent’anni di reclusione, previo riconoscimento della riduzione per il rito abbreviato.
Il Mazzitelli aveva motivato l’istanza richiamando la sentenza CEDU del 17.9.2009 sul caso

pen., e sostenendo che anche nei suoi confronti doveva essere sostituita in sede esecutiva la
pena dell’ergastolo con quella di trent’anni di reclusione, in quanto durante il processo di
cognizione, all’udienza del 29.1.2000, aveva chiesto di essere ammesso al rito abbreviato, ma
la Corte di assise d’appello, con ordinanza in data 2.2.2000, aveva rigettato l’istanza del rito
alternativo poiché la rinnovata istruttoria dibattimentale in sede d’appello, al momento della
proposizione dell’istanza di rito abbreviato, era già conclusa.
Secondo il giudice dell’esecuzione, non vi erano i presupposti per l’applicazione dei principi
contenuti nella sentenza della Corte EDU sul caso Scoppola, in quanto il Mazzitelli non era stato
mai ammesso al rito abbreviato, e quindi il giudice dell’esecuzione non poteva sindacare
quanto statuito nel corso del giudizio di merito, in quanto eventuali errori del giudice della
cognizione dovevano essere denunciati con i previsti mezzi d’impugnazione e, dopo il
passaggio in giudicato della sentenza, non potevano essere presi in considerazione dal giudice
dell’esecuzione.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore, chiedendone
l’annullamento per erronea applicazione della legge penale.
Secondo il ricorrente, una volta stabilita dalla Corte di Strasburgo la natura sostanziale
dell’art.442 cod. proc. pen., il ricorrente – come stabilito dalla giurisprudenza di legittimità aveva il diritto in sede esecutiva di vedersi riconoscere la richiesta riduzione di pena, poiché
aveva chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato tra il 2.1.2000 ed il 23.11.2000 ed
anche il giudice dell’esecuzione, contrariamente a quanto affermato nell’ordinanza impugnata,
poteva sindacare il diniego del giudice della cognizione, se l’accesso al rito fosse stato
ingiustificatamente negato.
In ogni caso, accettando la tesi dell’ordinanza impugnata, vi sarebbe una disparità di
trattamento ingiustificata nei confronti degli imputati ammessi al rito abbreviato in ragione del
fatto che la loro richiesta era stata avanzata prima della conclusione dell’istruttoria
dibattimentale, poiché la scelta del suddetto rito è fonte comunque di benefici in termini di
economia processuale, comportando la sanatoria di nullità e l’irrilevanza di questioni
d’inutilizzabilità non patologica, nonché l’utilizzabilità di tutti gli atti investigativi.

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Scoppola, la quale aveva ritenuto la natura di norma penale sostanziale dell’art.442 cod. proc.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non può essere accolto poiché mancano i presupposti per l’applicazione della
decisione emessa dalla Corte Edu in data 17.9.2009 nel caso Scoppola, in quanto il ricorrente
non è stato mai ammesso, nel suddetto processo in cui ha riportato la condanna all’ergastolo,
al giudizio abbreviato.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la conversione della pena dell’ergastolo in
quella di anni trenta di reclusione è dovuta, in sede esecutiva, solo nel caso di giudizio

lett.b della legge 479/1999 (v. Sez.1 sentenza n.4008 del 10.1.2014, Rv.258272).
La suddetta decisione della Corte EDU, infatti, riguarda il caso di chi – ammesso al giudizio
abbreviato, con l’aspettativa di vedersi sostituire la condanna alla pena dell’ergastolo inasprito
dall’isolamento diurno con la pena di trent’anni di reclusione – si è visto, per l’intervento di una
legge entrata in vigore successivamente alla sua ammissione al giudizio abbreviato,
condannato alla pena dell’ergastolo, e quindi l’ammissione al rito abbreviato – causa una
modifica legislativa intervenuta nel corso del processo – ha comportato solo l’eliminazione
dell’isolamento diurno, lasciando ferma la condanna all’ergastolo.
Per inquadrare il significato della decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso
Scoppola, si deve premettere che con la legge 16.12.1999 n.479 (c.d. legge Carotti, entrata in
vigore il 2.1.2000) è stato consentito agli imputati di accedere al rito abbreviato anche per i
delitti per i quali era comminata la pena dell’ergastolo, stabilendo all’art. 442/2 cod. proc. pen.
che in caso di scelta da parte dell’imputato del giudizio abbreviato “alla pena dell’ergastolo è
sostituita quella della reclusione di anni trenta” (questa previsione, già contenuta nel suddetto
articolo del codice di rito quando detto codice è entrato in vigore, era stata dichiarata
illegittima dalla sentenza della Corte Costituzionale n.176/1991, poiché la legge delega del
codice di procedura penale non aveva previsto il giudizio abbreviato per i reati puniti con la
pena dell’ergastolo).
Con decreto legge emanato pochi mesi dopo (D.L. 7.4.2000 n. 82, convertito dalla legge
n.144/2000) è stato consentito, a determinate condizioni, anche agli imputati dei processi in
corso (i quali, per la normativa vigente prima della Carotti, non avevano potuto accedere al
suddetto rito) di essere giudicati con il rito abbreviato, e quindi di usufruire dello sconto di
pena previsto per la scelta del predetto rito.
L’aspettativa degli imputati di ottenere – scegliendo di essere giudicati con il rito abbreviato la sostituzione della condanna all’ergastolo, inasprito dall’isolamento diurno, con quella a
trent’anni di reclusione è stata frustrata dall’entrata in vigore del Decreto Legge 24.11.2000 n.
341 (convertito dalla legge n.4/2001) che conteneva nel capo III (intitolato: interpretazione
autentica dell’art. 442 comma 2 c.p.p. e disposizioni in materia di giudizio abbreviato nei
processi per i reati puniti con l’ergastolo) all’art. 7 le seguenti norme:
1. Nell’articolo 442, comma 2, ultimo periodo, del codice di procedura penale, l’espressione
“pena dell’ergastolo” deve intendersi riferita all’ergastolo senza isolamento diurno.
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abbreviato ammesso tra il 2 gennaio ed il 24 novembre 2000, cioè nella vigenza dell’art.30/1

2. All’art. 442, comma 2, del codice di procedura penale, è aggiunto, in fine, il seguente
periodo: “alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati e di reato
continuato, è sostituita quello dell’ergastolo”.
A seguito dell’entrata in vigore del D.L. 341/2000, l’imputato Scoppola che aveva chiesto ed
ottenuto di essere giudicato con il rito abbreviato dopo l’entrata in vigore della legge Carotti, in
sede di appello – poiché la pena dell’ergastolo inflittagli nel primo grado di giudizio era stata
inasprita dall’isolamento diurno – ha visto ridotta la pena all’ergastolo con la sola eliminazione

Il predetto si è rivolto alla Corte europea dei diritti dell’uomo, lamentando la violazione della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, e la Grande Camera della Corte
Europea dei diritti dell’uomo, con decisione in data 17.9.2009, ha accertato la non equità del
trattamento sanzionatorio, perché inflitto in violazione degli artt. 6 e 7 della suddetta
Convenzione, essendo stato condannato lo Scoppola dalla Corte di assise d’appello di Roma
con sentenza in data 10.1.2002 all’ergastolo, nonostante lo stesso avesse la legittima
aspettativa di non subire una pena superiore a trent’anni di reclusione, per aver scelto di
essere giudicato con un rito che, nel momento in cui era stato chiesto, prevedeva la
sostituzione della pena dell’ergastolo con quella di trent’anni di reclusione.
La Corte EDU, con la suddetta decisione, ha ritenuto che la modifica dell’art.442/2 c.p.p., come
introdotta dalla legge Carotti, non presentasse alcuna ambiguità, in quanto indicava
chiaramente che la pena dell’ergastolo era sostituita da quella della reclusione ad anni trenta,
senza alcuna distinzione tra la condanna all’ergastolo con o senza isolamento diurno.
Quindi la specificazione introdotta dal D.L. 341/2000, secondo la Corte EDU, doveva essere
considerata non l’interpretazione autentica della suddetta norma introdotta dalla legge Carotti,
ma una nuova norma che stabiliva la riduzione di pena da applicare, per la scelta del rito
abbreviato, in caso di condanna alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno.
La suddetta Corte ha anche precisato che la norma in questione ha natura sostanziale e non
processuale, e quindi non poteva essere applicata retroattivamente per il principio secondo il
quale, se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica
quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo.
Lo Stato italiano si è adeguato alla decisione della Corte EDU, sostituendo nei confronti dello
Scoppola la pena dell’ergastolo con quella di trent’anni di reclusione.
E’ quindi evidente che presupposto essenziale per chiedere l’estensione degli effetti della
sentenza Scoppola è l’ammissione al rito abbreviato, mentre non vi sarebbe alcuna ragione per
estendere lo sconto di pena a condannati che non hanno chiesto o comunque che non erano
nelle condizioni per ottenere l’ammissione al suddetto rito, essendo lo sconto di pena
indissolubilmente legato alla scelta di essere giudicati con il rito abbreviato ed alla effettiva
celebrazione del processo con il predetto rito, il quale consente che la decisione sia presa sulla
base degli atti di indagine compiuti nel corso delle indagini preliminari.

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dell’isolamento diurno.

Nel caso in esame il ricorrente è stato giudicato con il rito ordinario e – come correttamente si
è affermato nell’ordinanza impugnata – non può essere discussa dal giudice dell’esecuzione la
decisione presa nel processo di cognizione di non ammetterlo al rito abbreviato, essendo detta
decisione oramai coperta dal passaggio in giudicato della sentenza.
Peraltro, si deve osservare che, alla stregua della normativa all’epoca vigente, la Corte di
assise d’appello di Reggio Calabria non avrebbe potuto ammettere al rito abbreviato il
Mazzitelli, essendo già conclusa l’istruttoria dibattimentale.

manifestamente infondata, poiché è una scelta ragionevole del legislatore quella di ammettere,
nel corso del processo di cognizione, gli imputati di delitti puniti con l’ergastolo ad essere
giudicati con il rito abbreviato, a condizione che l’opzione per il predetto rito comporti un
vantaggio ai fini della sollecita definizione del processo (per questo motivo la richiesta di
giudizio abbreviato non è stata prevista nel giudizio della Corte di cassazione, davanti alla
quale non si assumono prove). E non può affermarsi che detta scelta diventi irragionevole,
poiché non si è considerato che comunque la scelta del rito abbreviato avrebbe comportato
possibili vantaggi nella utilizzabilità degli atti, essendo stati ritenuti questi vantaggi, peraltro
del tutto eventuali, non sufficienti per la concessione dello sconto di pena in questione.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto manca il presupposto per la
richiesta di sostituzione della pena dell’ergastolo con quella di trent’anni di reclusione, vale a
dire l’ammissione del ricorrente nel giudizio di merito al rito abbreviato.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella
proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento
della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa
Corte.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma in data 5 maggio 2015

La questione di legittimità costituzionale implicitamente sollevata dal ricorrente è

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