Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25859 del 05/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 25859 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GALIETI VINCENZO N. IL 28/11/1971
avverso l’ordinanza n. 86/2014 TRIBUNALE di VELLETRI, del
02/05/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
lette/smotite le conclusioni del PG
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t/L:4-1U

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Uditi difensor Avv.; .//

il

Data Udienza: 05/05/2015

RILEVATO IN FATTO
Con ordinanza in data 2.5.2014 il Tribunale di Velletri, in funzione di giudice dell’esecuzione,
rigettava l’istanza con la quale il detenuto GALIETI VINCENZO, in espiazione della pena
inflittagli con sentenza del Tribunale di Velletri n.1987 del 22.11.2012 emessa ex art.444 cod.
proc. pen. per il delitto di cui all’art.73 DPR 309/90 in relazione a sostanze stupefacenti di tipo
marijuana e hashish, aveva chiesto la rideterminazione della pena a seguito della dichiarazione
di illegittimità costituzionale degli artt.4-bis e 4 -vicies ter del D.L.272/2005, convertito dalla

Il giudice dell’esecuzione riteneva che, seppure in base alla predetta dichiarazione di
illegittimità costituzionale si dovevano applicare ai reati concernenti le suddette sostanze le
pene meno severe comminate dalla normativa previgente, nel caso di specie la pena base di
sei anni di reclusione nel minimo dovesse essere considerata equa, in quanto rientrava nei
limiti edittali vigenti a seguito delle modificazioni intervenute con la menzionata dichiarazione
di incostituzionalità.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione personalmente il condannato,
chiedendone l’annullamento per vizio di motivazione.
Il giudice dell’esecuzione non aveva in alcun modo indicato le ragioni per le quali doveva
ritenersi equa una pena che, nel caso di specie, aveva individuato la pena base nel massimo
edittale della normativa da applicare.
La determinazione della pena base nel massimo edittale, tra l’altro, risultava in contrasto con
il riconoscimento nella stessa sentenza delle attenuanti generiche e dell’esclusione della
contestata recidiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Questa Corte con la sentenza Sez. U. n.42858 del 29.5.2014, depositata il 14.10.2014,
facendo esplicito richiamo anche alla sentenza della Corte cost. n. 32 del 2014 dalla quale è

legge 49/2006, pronunciata dalla sentenza della Corte costituzionale n.32/2014.

conseguito il ripristino del trattamento sanzionatorio originariamente differenziato previsto dal
D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 con riguardo alle “droghe leggere”, ha affermato che è
illegittima l’esecuzione della pena nella parte in cui deriva dall’applicazione di una norma
dichiarata costituzionalmente illegittima, …sicché devono essere rimossi gli effetti ancora
perduranti della violazione conseguente all’applicazione della norma incidente sulla
determinazione della sanzione, dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale dopo la sentenza
irrevocabile; il compito di rimuovere tale illegittimità compete al giudice dell’esecuzione.
Quanto ai poteri di intervento del giudice dell’esecuzione, la citata pronuncia ha osservato che
esso deve ritenersi dotato dei poteri valutativi necessari per rimuovere la illegittimità del
trattamento sanzionatorio derivante dalle norme dichiarate costituzionalmente illegittime,
fermo restando che nell’esercizio di tale potere-dovere il giudice dell’esecuzione non ha la
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stessa libertà del giudice della cognizione, dovendo procedere nei limiti in cui gli è consentito
dalla pronuncia della cognizione.
Nel caso in esame la pena è stata concordata dalle parti, ma risulta evidente, a giudizio di
questa Corte, che un accordo basato su pene edittali illegali non può essere tenuto fermo,
poiché nella sua formazione era viziata la volontà delle parti, le quali non si sarebbero
certamente accordate a quei livelli di pena se fossero state diverse le pene edittali.
Quindi, l’accordo non può essere tenuto fermo, neppure se la pena concordata rientri nei limiti

Il suddetto principio è desumibile anche dalla decisione delle Sezioni Unite in data 26.2.2015
(della quale non sono state ancora depositate le motivazioni, ma si conoscono i passaggi
essenziali dalla diffusa informazione provvisoria del contenuto della decisione), secondo la
quale la pena applicata con sentenza di patteggiamento sulla base della normativa dichiarata
incostituzionale deve essere rideterminata anche nel caso in cui la stessa rientri nella nuova
cornice edittale applicabile.
Anche in sede esecutiva devono essere effettuate analoghe rideterminazioni, attraverso la
rinegoziazione dell’accordo tra le parti, ratificato dal giudice dell’esecuzione che viene
interessato attraverso l’incidente di esecuzione attivato dall’interessato o dal Pubblico
Ministero, in sintonia con quanto previsto dall’art.188 disp. att. cod. proc. pen.
Se il P.M. non è d’accordo sulla pena proposta dalla parte, il giudice dell’esecuzione, se ritiene
ingiustificato il disaccordo del P.M., potrà accogliere ugualmente la richiesta della parte.
I suddetti principi non sono stati applicati nell’ordinanza impugnata, e pertanto la stessa deve
essere annullata con rinvio al giudice dell’esecuzione perché, previo eventuale invito alle parti
alla rinegoziazione dell’accordo in relazione alla sentenza di applicazione della pena, proceda a
nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Velletri.
Così deciso in Roma in data 5 maggio 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

di pena come ristabiliti dalla Corte costituzionale.

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