Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25831 del 05/02/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 25831 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CASA FILIPPO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CANTARELLA MARIO N. IL 14/08/1969
avverso l’ordinanza n. 6/2011 CORTE ASSISE APPELLO di
CATANIA, del 11/03/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;
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Data Udienza: 05/02/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 11.3.2014, la Corte di Assise di Appello di Catania, in
funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avanzata nell’interesse di CANTARELLA
Mario per ottenere, in relazione alla sentenza di condanna all’ergastolo con isolamento
diurno per quattro mesi emessa dalla medesima Corte territoriale in data 18.2.2000,

4-ter d.l. n. 82/2000 per violazione degli artt. 3 e 117 Cost. nella parte in cui non prevedeva
la riammissione in termini per chiedere il giudizio abbreviato per gli imputati che avevano
formulato per la prima volta tale richiesta nel giudizio di cassazione.
La Corte catanese richiamava, in primo luogo, la sentenza n. 210/2013 con la quale
la Corte Costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità dell’art. 7, comma 1, d.l. 24.11.2000,
n. 341, ritenendo che detta norma, di cui disconosceva la natura “interpretativa”, con il suo
effetto retroattivo, avesse determinato la condanna all’ergastolo di imputati ai quali era
applicabile il precedente testo dell’art. 442 c.p.p., in base al quale avrebbero dovuto essere
condannati, invece, alla pena di trent’anni di reclusione.
Nella citata decisione, il Giudice delle Leggi aveva precisato che la disposizione più
favorevole operava retroattivamente nei confronti di coloro che, pur avendo formulato
richiesta di giudizio abbreviato nella vigenza della I. n. 479/99 (entrata in vigore il
2.1.2000), erano stati giudicati in epoca successiva all’entrata in vigore (pomeriggio del
24.11.2000, data di pubblicazione in G.U.) del d.l. n. 341/2000 ed era, quindi, stato loro
applicato il più sfavorevole trattamento sanzionatorio di quest’ultimo decreto.
Il Giudice dell’esecuzione richiamava, inoltre, con riferimento al caso in esame, le due
fondamentali decisioni delle Sezioni Unite di questa Corte n. 34233 (ric. Giannone) e n.
34472 (ric. Ercolano) del 2012, che avevano affermato la concreta inapplicabilità del
principio discendente dalla sentenza della Corte EDU 17.9.2009 (caso Scoppola c/Italia) a
tutte le situazioni non sovrapponibili, nei loro elementi essenziali, a quella da essa giudicata
(e cioè, l’ammissione al rito abbreviato tra il 2.1.2000 e il 24.11.2000).
Poiché il CANTARELLA non era mai stato ammesso all’abbreviato, la sua istanza
doveva essere rigettata.
2. Ha proposto ricorso per cassazione CANTARELLA Mario per il tramite del suo
difensore di fiducia.
2.1. Con il primo motivo, si deduce violazione di legge in relazione agli artt. 2 c.p., 3,
25 e 111 Cost., 6 e 7 CEDU, 442 c.p.p., 4-ter d.l. n. 82/2000, convertito in I. n. 144/2000.
Operata una previa ricognizione della normativa succedutasi in tema di rito
abbreviato, il difensore rappresenta che, quando il proprio assistito venne condannato alla

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irrevocabile 1’11.6.2001, che venisse sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art.

pena dell’ergastolo con isolamento diurno per quattro mesi dalla Corte di Assise di Appello di
Catania (sentenza 18.2.2000), non era ancora entrata in vigore la disposizione transitoria
dell’art. 4-ter d.l. 7.4.2000, n. 82, che consentiva di richiedere il giudizio abbreviato anche in
appello, a determinate condizioni, sicché non poté utilizzare detta norma, che entrò,
viceversa, in vigore nelle more del giudizio di cassazione. Tuttavia, la Suprema Corte, con
sentenza n. 1036 dell’11.6.2001, dichiarò inammissibile la richiesta di applicazione della

lettera della legge, che nulla prevedeva per il giudizio di legittimità.
Il difensore, pur riconoscendo che la situazione del suo assistito è diversa da quella
che determinò l’intervento della Corte EDU nella vicenda Scoppola c/Italia, assume che
un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 4-ter d.l. 82/2000 avrebbe dovuto
indurre la Corte di Catania a ritenere tempestiva la richiesta di giudizio abbreviato in
cassazione (prima occasione utile), dal momento che la Corte Costituzionale aveva
dichiarato a più riprese illegittima la disciplina del giudizio abbreviato, nella parte in cui non
riconosceva il diritto allo sconto di pena all’imputato cui l’accesso al rito fosse stato
ingiustificatamente negato (sentenze n. 169/2003, n. 23/1992 e n. 81/1991).

2.2. Con il secondo motivo, si denuncia vizio di motivazione in relazione agli artt. 2
c.p., 3, 25 e 111 Cost., 6 e 7 CEDU, 442 c.p.p., 4-ter d.l. n. 82/2000, convertito in I. n.
144/2000.
Il difensore stigmatizza che la Corte di Assise di Appello abbia omesso di motivare
sulla richiesta di sollevare la questione di costituzionalità dell’art. 4-ter citato.
Richiama l’ordinanza n. 235/2013 della Corte Costituzionale e, in particolare, il
passaggio da cui si evince che la questione avrebbe potuto assumere rilevanza nel giudizio di
cassazione ove l’interessato avesse in quella sede – come il CANTARELLA fece – chiesto
l’ammissione all’abbreviato.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso, conformandosi a consolidata giurisprudenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
1.1. Nel caso di specie mancano, invero, i presupposti per l’applicazione della
decisione emessa dalla Corte EDU in data 17.9.2009 nel caso Scoppola, poiché il ricorrente
non risulta essere stato ammesso al giudizio abbreviato nel processo summenzionato in cui
ha riportato la condanna all’ergastolo con isolamento diurno di quattro mesi.

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sopravvenuta disciplina del rito abbreviato presentata dal CANTARELLA, attenendosi alla

1.1.1. La suddetta decisione della Corte europea, infatti, riguarda solo il caso di chi,
ammesso al giudizio abbreviato con l’aspettativa di vedersi sostituire la condanna alla pena
dell’ergastolo inasprito dall’isolamento diurno con la pena di trent’anni di reclusione, si è
visto, per l’intervento di una legge entrata in vigore successivamente alla sua ammissione al
rito alternativo, condannato alla pena dell’ergastolo, sostanziandosi l’aspetto premiale del
rito nella sola eliminazione dell’isolamento diurno.

nel caso Scoppola, si deve premettere che, con la legge 16.12.1999 n. 479 (c.d. legge
Carotti, entrata in vigore il 2.1.2000), è stato consentito agli imputati di accedere al rito
abbreviato anche per i delitti per i quali era comminata la pena dell’ergastolo, stabilendosi
all’art. 442, comma 2, c.p.p., che, in caso di scelta da parte dell’imputato del giudizio
abbreviato, “alla pena dell’ergastolo è sostituita quella della reclusione di anni trenta”
(questa previsione, già contenuta nel suddetto articolo del codice di rito quando detto codice
entrò in vigore, era stata dichiarata illegittima dalla sentenza della Corte costituzionale n.
176/1991, poiché la legge delega del codice di procedura penale non aveva previsto il
giudizio abbreviato per i reati puniti con la pena dell’ergastolo).
2.1. Con decreto legge emanato pochi mesi dopo (d.l. 7.4.2000 n. 82, convertito
nella legge n. 144/2000), è stato consentito, a determinate condizioni, anche agli imputati
dei processi in corso (i quali, per la normativa vigente prima della Carotti, non avevano
potuto accedere al suddetto rito) di essere giudicati con il rito abbreviato, e quindi di
usufruire dello sconto di pena previsto per la scelta del predetto rito.
2.2. L’aspettativa degli imputati di ottenere – scegliendo di essere giudicati con il rito
abbreviato – la sostituzione della condanna all’ergastolo, inasprito dall’isolamento diurno, con
quella a trent’anni di reclusione è stata, peraltro, frustrata dall’entrata in vigore del d.l.
24.11.2000 n. 341 (convertito nella legge n. 4/2001) che conteneva nel capo III (intitolato:
interpretazione autentica dell’art. 442, comma 2, c.p.p. e disposizioni in materia di giudizio
abbreviato nei processi per i reati puniti con l’ergastolo) all’art. 7 le seguenti norme:
1. Nell’articolo 442, comma 2, ultimo periodo, del codice di procedura penale,
l’espressione “pena dell’ergastolo” deve intendersi riferita all’ergastolo senza isolamento
diurno.
2. All’art. 442, comma 2, del codice di procedura penale, è aggiunto, in fine, il
seguente periodo: “alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di
reati e di reato continuato, è sostituita quella dell’ergastolo”.
2.3. A seguito dell’entrata in vigore del d.l. 341/2000, l’imputato Scoppola, che aveva
chiesto ed ottenuto di essere giudicato con il rito abbreviato dopo l’entrata in vigore della
legge Carotti, in sede di appello – poiché la pena dell’ergastolo inflittagli nel primo grado di

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2. Per inquadrare il significato della decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo

giudizio era stata inasprita dall’isolamento diurno – vide ridotta la pena all’ergastolo con la
sola eliminazione dell’isolamento diurno.
2.4. Il predetto si è, quindi, rivolto alla Corte europea dei diritti dell’uomo,
lamentando la violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo,
e la Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell’uomo, con decisione in data
17.9.2009, ha accertato la non equità del trattamento sanzionatorio, perché inflitto in

Scoppola dalla Corte di Assise d’appello di Roma con sentenza in data 10.1.2002
all’ergastolo, nonostante lo stesso avesse la legittima aspettativa di non subire una pena
superiore a trent’anni di reclusione, per aver scelto di essere giudicato con un rito che, nel
momento in cui era stato chiesto, prevedeva la sostituzione della pena dell’ergastolo con
quella di trent’anni di reclusione.
La Corte EDU, con la suddetta decisione, ha ritenuto che la modifica dell’art. 442,
comma 2, c.p.p., come introdotta dalla legge Carotti, non presentasse alcuna ambiguità, in
quanto indicava chiaramente che la pena dell’ergastolo era sostituita da quella della
reclusione ad anni trenta, senza alcuna distinzione tra la condanna all’ergastolo con o senza
isolamento diurno.
Quindi, la specificazione introdotta dal d.l. 341/2000, secondo la Corte EDU, doveva
essere considerata non l’interpretazione autentica della suddetta norma introdotta dalla
legge Carotti, ma una nuova norma che stabiliva la riduzione di pena da applicare, per la
scelta del rito abbreviato, in caso di condanna alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno.
La suddetta Corte ha anche precisato che la norma in questione aveva natura
sostanziale e non processuale, e, quindi, non poteva essere applicata retroattivamente per il
principio secondo il quale, se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori
sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo.
2.5. Lo Stato italiano si è adeguato alla decisione della Corte EDU, sostituendo nei
confronti dello Scoppola la pena dell’ergastolo con quella di trent’anni di reclusione.
3.

E’, allora, evidente che presupposto essenziale per chiedere l’estensione degli

effetti della sentenza Scoppola è l’ammissione al rito abbreviato, mentre non possono avere
alcun rilievo le ragioni per le quali il ricorrente non è stato ammesso al suddetto rito,
essendo dette ragioni ormai indiscutibili per l’avvenuto passaggio in giudicato delle sentenze.
4. Quanto alla dedotta questione di costituzionalità della norma prevista dall’art. 4-ter
d.l. n. 82/2000, che escludeva la rimessione in termini per l’accesso al rito abbreviato nei
confronti dell’imputato il cui giudizio pendeva dinanzi alla Corte di Cassazione, si osserva
quanto segue.

4

violazione degli artt. 6 e 7 della suddetta Convenzione, essendo stato condannato lo

4.1. La norma transitoria di cui all’art. 4-ter comma 3 I. 5 giugno 2000 n. 144 di
conversione del d.l. 7 aprile 2000 n. 82 – recante modificazioni alla disciplina del giudizio
abbreviato – concernente specificamente i processi penali in corso per delitti puniti con la
pena dell’ergastolo per i quali il soggetto non aveva potuto prima avvalersi della più
favorevole disposizione del novellato art. 442, comma 2, c.p.p., limitava la possibilità
dell’imputato di proporre la richiesta di giudizio abbreviato “prima della conclusione

mentre un analogo meccanismo recuperatorio dell’attenuazione di pena non era previsto per
i processi ormai pervenuti alla fase del giudizio di cassazione.
In numerose pronunce questa Corte ha chiarito che detta normativa transitoria non
poteva trovare alcuno spazio di operatività nel giudizio di legittimità, essendo incompatibile
con la peculiarità di questo il risparmio di attività processuali, costituente la vera finalità
ispiratrice del rito abbreviato, a deflazione del dibattimento.
Ciò comportava che, in sede di legittimità, dovevano intendersi immutate le regole
secondo cui la giuridica correttezza della decisione oggetto di ricorso e dell’iter processuale
seguito per giungere alla stessa non potevano che essere sindacate alla stregua della legge
processuale dell’epoca e non di quella eventualmente sopravvenuta (Sez. 5, n. 33718 del
13.6.2001, Barreca e altri; Sez. 1, n. 468 del 18.12.2000, Orofino ed altri; Sez. I,
8.11.2000, Cannella ed altri; Sez. I, 7.7.2000, Crisafulli; Sez. I, 26.6.2000, Sangiorgi; Sez.
VI, 20.6.2000, Occhipinti; Sez. II, 13.6.2000, Genco ed altri; Sez. 1, n. 8857 del 13.6.2000,
Mercurio; Sez. I, 5.6.2000, Flasani).
Nelle menzionate pronunce, questa Corte ha sempre affermato la coerenza
costituzionale di siffatta disciplina transitoria, rilevando che “la disciplina processuale del rito
abbreviato è certamente caratterizzata da innegabili riflessi di natura sostanziale, visto
l’effetto premiale, sul piano sanziona torto, per l’imputato, il che induce istintivamente a
pensare a situazioni che, pur simili nella loro struttura sostanziale, finiscono per soggiacere a
regole processuali diverse, in dipendenza di eventi meramente casuali. In realtà, però, il
riverbero che Poperatività di un istituto processuale può avere su di una situazione
sostanziale non è idoneo ad annullare o a svilire la connotazione tipicamente processuale
dello stesso istituto, nella specie il giudizio abbreviato. Non va sottaciuto che l’effetto
sostanziale della riduzione di pena che a tale giudizio consegue è in stretto ed ineludibile
rapporto di dipendenza con una precisa scelta processuale, praticabile solo nel rispetto delle
modalità e dei tempi fissati, con rigida scansione, nel codice di rito. Se, quindi, si è di fronte
a norme processuali, le stesse non possono che essere soggette al principio “tempus regit
actum”, senza che ciò significhi lesione alcuna dei principi costituzionali e, segnatamente, del
principio di uguaglianza dettato dall’art. 3 Cost. Né è legittimo fare leva sulla norma dell’art.

5

dell’istruzione dibattimentale” alle sole fasi di merito, di primo grado, d’appello o di rinvio,

2, comma 3, c.p. in materia di successione di leggi penali nel tempo, per sostenere le
retroattività della sopravvenuta più favorevole normativa in materia di giudizio abbreviato, e
ciò per la semplice ragione che tale normativa non integra il concetto di “legge”, dovendosi
per tale intendere solo quella il cui contenuto incide direttamente sul precetto o sulla
sanzione. Conclusivamente, il principio cui soggiace la normativa in esame altro non è che
l’applicazione alla materia processuale della regola generale della irretroattività di ogni

Sentenza n. 10621 del 4/7/2000, Calafato ed altri, Rv. 217098).
E’ stato, nuovamente, ribadito che anche la normativa transitoria in esame
ricollegava, comunque, l’attenuazione del trattamento sanzionatorio ad una semplificazione
del processo, con ingresso nel medesimo di atti istruttori compiuti nella fase delle indagini
preliminari. Pertanto, la diversità delle situazioni favorite, nell’art. 4-ter della legge citata,
rispetto a quella caratterizzata da richiesta di rito abbreviato proposta avanti al giudice di
legittimità e priva di qualsiasi effetto semplificativo del processo in corso, costituiva ulteriore
argomento dimostrativo della palese infondatezza della questione posta, che tendeva a
ricondurre sullo stesso piano situazioni radicalmente diverse (Sez. 1, n. 468 del 18.12.2000,
Orofino ed altri, cit.).
4.2. Va, infine, ricordato che, con la recente decisione n. 235 del 2.7.2013, la Corte
costituzionale, investita di un caso analogo a quello oggetto di ricorso, ha dichiarato
manifestamente inammissibile – per irrilevanza – la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 4-ter del d.l. 7 aprile 2000, n. 82 (convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno
2000, n. 144), sollevata in riferimento agli artt. 3 e 117 Cost., quest’ultimo in relazione agli
artt. 6 e 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali, dal Tribunale di Lecce, in veste di giudice dell’esecuzione.
Ha affermato la Corte costituzionale che il Giudice a quo non era chiamato a fare
applicazione della norma censurata, perché colui che aveva proposto l’incidente di
esecuzione – benché, come il CANTARELLA, assumesse di avere diritto alla sostituzione di
detta pena con quella di trenta anni di reclusione sulla base dei principi affermati dalla
Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza 17 settembre 2009,
Scoppola contro Italia – in realtà non versava affatto in una situazione identica o similare a
quella presa in esame dalla richiamata sentenza della Corte di Strasburgo.
Nella sentenza n. 210 del 2013, il Giudice delle Leggi ha, a tal proposito, rimarcato
che alla suddetta sentenza della Corte di Strasburgo si può fare riferimento soltanto
nell’ipotesi relativa ad un caso che sia identico a quello deciso e “non richieda la riapertura
del processo”, essendo questa l’unica ipotesi nella quale può giustificarsi “un incidente di

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legge, stabilità dell’art. 11, comma 1, delle disposizioni sulla legge in generale” (Sez. 6,

legittimità costituzionale sollevato nel procedimento di esecuzione nei confronti di una norma
applicata nel giudizio di cognizione”.
Tale situazione non ricorreva nel caso sottoposto all’attenzione del Giudice a quo per
varie ragioni:
1) l’imputato non era mai stato ammesso al giudizio abbreviato (diversamente dalla
situazione avuta di mira dalla sentenza Scoppola);

europea 27 aprile 2010, Morabito contro Italia).
Da ciò conseguiva che il Tribunale rimettente non aveva alcun titolo per procedere
alla ipotizzata sostituzione della pena dell’ergastolo con isolamento diurno con la pena
detentiva temporanea, né, tanto meno, per porre in discussione, in sede di incidente di
esecuzione, la legittimità costituzionale di una norma che, quale quella sottoposta a
scrutinio, atteneva al processo di cognizione e, più specificamente, al giudizio di cassazione.
La sollevata questione di costituzionalità dell’art. 4-ter I. n. 144/2000 deve, quindi,
ritenersi manifestamente infondata, nonché irrilevante, non potendosi, in ogni caso,
attribuire alla sentenze della Consulta che dichiarassero illegittime norme processuali
efficacia retroattiva.
4.3. Anche alla luce dell’inequivoco tenore della menzionata ultima decisione della
Corte costituzionale, avente ad oggetto un caso del tutto sovrapponibile a quello
concernente l’odierno ricorrente, il ricorso deve essere, in conclusione, rigettato.
Al rigetto consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2015

Il Consiglier stensore

Pres den

2) la norma censurata non aveva natura sostanziale, ma processuale (vedi: Corte

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