Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25828 del 19/12/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 25828 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FARNESE CARMELO N. IL 15/02/1951
avverso l’ordinanza n. 900/2014 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
04/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
1494e/sentite le conclusioni del PG Dott. 6n■

Udit i difensor Avv.; Lei.,,A,A,0

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Crk)-(-4-324-44-19

Data Udienza: 19/12/2014

RILEVATO IN FATTO
Con ordinanza in data 4.7.2014 il Tribunale di Palermo rigettava la richiesta di riesame
proposta nell’interesse di FARNESE CARMELO avverso l’ordinanza del GIP del Tribunale di
Palermo in data 16.6.2014 con la quale nei confronti del predetto era stata disposta la custodia
cautelare in carcere in ordine al delitto di tentata estorsione aggravata, anche dall’art.7
D.L.152/1991, per aver — in concorso con Giorlando Giuseppe, Contino Tommaso, D’Urso
Salvatore e Spina Antonino — compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere

somma imprecisata per la “messa a posto”, danneggiando mezzi meccanici della suddetta
ditta; avvalendosi delle condizioni di cui all’art.416-bis cod. pen ed agendo al fine di agevolare
l’associazione mafiosa; con la recidiva specifica e reiterata per Farnese; in Palermo il 5 e 6
dicembre 2012.
Dall’ordinanza del Tribunale risultano le seguenti circostanze.
L’impresa SANFRATELLO si era aggiudicata l’appalto per costruire tredici sale cinematografiche
e locali di intrattenimento e ristorazione in una vasta area dell’ex stabilimento della Coca Cola,
che doveva essere demolito. I lavori di demolizione erano stati subappaltati alla ditta
TECNOSCAVI che aveva iniziato detti lavori nel maggio 2012.
Il giorno 5 dicembre 2012, secondo quanto dichiarato da D’Amico Domenico, dipendente della
TECNOSCAVI, il predetto, intorno alle ore 12,30, era stato chiamato al telefono cellulareda
Giorlando Giuseppe, ma non aveva risposto; poco dopo l’aveva chiamato Farnese Carmelo, al
quale invece aveva risposto; questi l’aveva invitato ad uscire dal cantiere, dicendogli che lo
stava aspettando fuori; uscito dal cantiere, il D’Amico si era trovato di fronte sia il Giorlando
che il Farnese, persone da lui conosciute da tempo; entrambi gli avevano chiesto se poteva
essere utilizzato un loro camion per il trasporto del materiale di risulta, e il D’Amico si era
riservato di dare una risposta; a quel punto il Giorlando l’aveva chiamato da parte e gli aveva
detto che c’erano persone che lo volevano incontrare per la messa a posto del cantiere,
dicendogli anche che nel frattempo era meglio fermare i lavori; il D’Amico aveva risposto che
non voleva assolutamente incontrare quelle persone.
L’indomani, Contino, D’Urso e Spina si erano introdotti, scavalcando un cancello, nel suddetto
cantiere ed avevano danneggiato una pala meccanica ed un escavatore della TECNOSCAVI.
Secondo il Tribunale, era evidente che l’organizzazione mafiosa territorialmente competente
aveva incaricato il Giorlando ed il Farnese di avviare i contatti preliminari con la suddetta ditta
per la messa a posto, seguendo la consueta prassi di Cosa Nostra; al fine di piegare le
resistenze incontrate, erano stati il giorno successivo ai primi contatti danneggiati alcuni mezzi
meccanici della TECNOSCAVI.
La comune finalità del Farnese con il Giorlando poteva anche evincersi dalla telefonata di
quest’ultimo al D’Amico, la mattina del 7.12.2012, con la quale il predetto aveva chiesto se,
allora, poteva mandare il camion.

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D’Amico Domenico, dipendente della ditta TECNOSCAVI di Francesca Vegna, a versare una

Infine, riteneva sussistente, tenendo conto della costante metodologia mafiosa tenuta in casi
del genere, l’aggravante di cui all’art.7 D.L.152/1991.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore, chiedendone, con il primo
motivo, l’annullamento per erronea applicazione della legge penale e per manifesta illogicità
della motivazione.
Dal complesso degli elementi raccolti era risultato che il Farnese non aveva partecipato alla
richiesta estorsiva, avanzata dal solo Giorlando, dopo aver chiamato da parte il d’Amico e

Il Farnese, secondo la difesa, si era recato sul posto solo per motivi di lavoro, come aveva
confermato anche il D’Amico, e non vi era alcun elemento che lo collegasse alla richiesta
estorsiva. Tra l’altro, non era risultato che avesse avuto contatti con altre persone implicate
nella vicenda.
Con il secondo motivo di ricorso è stata contestata la sussistenza dell’aggravante di cui all’art.7
D.L.152/1991, in quanto non vi era alcuna prova che il Farnese fosse a conoscenza dei motivi
a delinquere della persona che aveva effettuato la richiesta estorsiva, e comunque non vi era
alcun elemento dal quale desumere un suo intento di agevolare un’associazione di tipo
mafioso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso sono infondati.
Il ricorrente non contesta che la ditta TECNOSCAVI, alle dipendenze della quale lavorava
D’Amico Domenico, abbia subìto una richiesta estorsiva da parte di un gruppo mafioso.
Non è contestato, infatti, che Giorlando Giuseppe abbia chiesto, il giorno 5 dicembre 2012, al
D’Amico di incontrare alcune persone che volevano parlare della “messa a posto” del cantiere,
“consigliandogli” nel frattempo di interrompere i lavori; che il D’Amico si sia rifiutato con
fermezza di incontrare dette persone; che il giorno dopo tre soggetti si siano introdotti nel
cantiere, danneggiando una pala meccanica ed uno escavatore della ditta TECNOSCAVI.
Si osserva logicamente nell’ordinanza impugnata che la suddetta richiesta, per i modi in cui era
stata avanzata, mirava evidentemente ad imporre alla suddetta ditta il pagamento di una
somma di denaro per lo svolgimento di lavori in zona controllata dal gruppo mafioso, con
l’esplicita minaccia, se la TECNOSCAVI non avesse aderito alla richiesta, di impedire lo
svolgimento dei lavori della suddetta ditta con azioni violente che avrebbero interessato i mezzi
ed anche le persone che vi lavoravano.
Nel ricorso si contesta soltanto che vi sia prova che il Farnese fosse consapevole della suddetta
richiesta estorsiva, avanzata dal solo Giorlando, e che l’indagato avesse agito d’accordo con il
gruppo mafioso al quale solo quest’ultimo apparteneva, non essendovi prova che il Farnese
avesse avuto rapporti con altri componenti del gruppo mafioso, ed in particolare con coloro che

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lasciato in disparte il Farnese.

Trasmessa copia ex art. 23
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il giorno 6 dicembre si erano clandestinamente introdotti nel cantiere della TECNOSCAVI,
danneggiando alcuni mezzi meccanici.
Il Tribunale, però, ha indicato – con motivazione che non presenta alcun vizio sotto il profilo
logico giuridico – le ragioni per le quali ha ritenuto che il Farnese avesse agito in accordo con il
Giorlando, consapevole quindi del fatto che al D’Amico dovesse essere rivolta una richiesta
tipicamente estorsiva, quale quella della “messa a posto” del cantiere.
È stato, infatti, ritenuto dimostrativo dell’accordo con il Giorlando sia il fatto che il Farnese,

telefonato a quest’ultimo invitandolo ad uscire dal cantiere perché doveva parlargli,
nascondendogli però il fatto che si trovava insieme al Giorlando, sia il fatto che il Farnese
nell’occasione non si sia trovato per caso insieme Giorlando, avendo con lo stesso interessi
comuni riguardanti il trasporto a mezzo di un loro camion, che all’inizio della conversazione
fuori dal cantiere avevano messo a disposizione della ditta TECNOSCAVI.
Il Giorlando ed il Farnese, pur avendo agito di concerto al fine di mettere in contatto il D’Amico
con il gruppo mafioso, avevano cercato entrambi, per quanto possibile, di defilarsi, il Farnese,
non assistendo alla richiesta del Giorlando al D’Amico, e il Giorlando mostrando – con la
telefonata del 7 dicembre al D’Amico – di essere interessato solo ad effettuare, insieme al
Farnese, trasporti di materiale per conto della TECNOSCAVI.
Al fine di accertare la gravità degli indizi a carico dell’indagato per il tentativo di estorsione nei
confronti della suddetta ditta, non era necessario provare che il Farnese intrattenesse rapporti,
oltre che con il Giorlando, anche con altri componenti del gruppo mafioso.
Logicamente il Tribunale ha anche dedotto, dai modi e dal contesto in cui è stata rivolta al
D’Amico la suddetta richiesta estorsiva, che il Farnese ha agito con l’intento di favorire il
gruppo mafioso da cui proveniva la richiesta.
Pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto
penitenziario, ai sensi dell’art. 94/1-ter disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma in data 19 dicembre 2014
Il Consigliere estensore

Pres de e

subito dopo la telefonata del Giorlando al D’Amico, alla quale non era stata data risposta, abbia

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