Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25825 del 12/12/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 25825 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LUCA’ VINCENZO N. IL 10/10/1970
avverso l’ordinanza n. 992/2014 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
15/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
,
CAIAZZO;
1Al2-el
leAte/sentite le conclusioni del PG Dott.
q
Ok AML CitA— Z-117:6« ‘
-1–,0-1449._

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 12/12/2014

RILEVATO IN FATTO
Con ordinanza in data 15.7.2014 il Tribunale del riesame di Palermo rigettava la
richiesta di riesame proposta nell’interesse di LUCA’ VINCENZO avverso
l’ordinanza in data 16.6.2014 del GIP del Tribunale di Palermo con la quale era
stata disposta la custodia cautelare in carcere del predetto in ordine al delitto di
cui all’art.416-bis cod. pen. per aver fatto parte dell’associazione mafiosa
denominata Cosa Nostra, in particolare per aver fatto parte della famiglia
mafiosa di Resuttana, a disposizione ed eseguendo le direttive di Fricano

raccolta dei proventi delle estorsioni; interessandosi al mantenimento delle
famiglie degli affiliati detenuti ed al pagamento degli stipendi agli affiliati;
partecipando inoltre a riunioni con altri membri della suddetta famiglia aventi
ad oggetto la trattazione di questioni di interesse per l’organizzazione mafiosa;
reato commesso dal gennaio 2012.
A giudizio del Tribunale, gravi indizi di colpevolezza a carico del Lucà in ordine
al delitto associativo contestato si desumevano dal contenuto delle
conversazioni intercettate, alcune delle quali venivano riportate integralmente,
indicando quale fosse il significato e la valenza probatoria delle stesse.
Di particolare interesse veniva ritenuta un’intercettazione ambientale del
17.7.2012 in un bar, nella quale il Fricano aveva discusso con altri componenti
dell’organizzazione – Siragusa Luigi, Siragusa Antonino, Geraci Nicola e Lucà
Vincenzo – delle attività che la famiglia doveva compiere sul territorio da essa
controllato; nella suddetta conversazione, in particolare, si era discusso del
mantenimento degli affiliati reclusi; della percentuale imposta ad agenzie di
scommesse che operavano nel territorio sottoposto al loro controllo; della
necessità di concentrarsi su alcuni obiettivi, cercando di realizzare incassi senza
problemi. Il Lucà, nella predetta discussione, era risultato inserito nelle attività
e nelle relazioni della suddetta famiglia.
Il legame dell’indagato con le attività illecite di Cosa Nostra, secondo il
Tribunale, veniva confermato da altre conversazioni il cui contenuto veniva
riportato e commentato: conversazione in data 7.11.2012 tra il Lucà, Geraci
Nicola e Siragusa Luigi ed una conversazione telefonica sull’utenza del Lucà tra
il predetto e Cacciatore Giovanni, nella quale si erano discussi i rapporti con
Fricano Giuseppe e la spartizione di proventi derivanti dal controllo delle
agenzie di scommesse.
Da altre conversazioni intercettate si poteva desumere che il Lucà ed altri
componenti della famiglia di Resuttana erano stati allontanati per un certo
periodo per contrasti con il Fricano, ma poi reintegrati nell’organizzazione nel
gennaio 2013.
1

Giuseppe; partecipando alla riorganizzazione della suddetta famiglia ed alla

Da una conversazione telefonica del 20.1.2014 tra il Lucà e D’Alessandro
Salvatore si poteva desumere che il primo partecipava alle attività illecite del
sodalizio. Veniva riportato il contenuto di altre conversazioni telefoniche (in
data 4.2.2014 tra Lucà e Geraci Nicola; in data 5.2.2014 tra Lucà e Salerno
Antonino e altra tra Lucà e D’Alessandro Salvatore; in data 25.2.2014 tra
Geraci Nicola e Vitale Giovanni; in data 28.2.2014 tra Lucà e Cacciatore
Giovanni) che, a giudizio del Tribunale, confermavano la piena ed autorevole
partecipazione del Lucà alle illecite attività di Cosa Nostra.

tutto dati concreti capaci di superare le presunzioni previste dall’art.275/3 cod.
proc. pen.
Peraltro la pericolosità del predetto doveva dedursi dalle modalità esecutive
della condotta di partecipazione al delitto associativo; dalla pervicacia della
predetta condotta; dai precedenti penali, tra i quali una condanna per porto
abusivo di armi, e dai rapporti intrattenuti con soggetti altamente pericolosi.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore,
chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi.
Il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare inutilizzabili le intercettazioni ambientali
e telefoniche, poiché la motivazione adottata per i decreti di intercettazione era
solo apparente ed inoltre non era stato adeguatamente motivato l’utilizzo di
apparecchiature esterne a quelle presenti nella Procura della Repubblica.
Con altro motivo di ricorso è stata criticata la motivazione dell’ordinanza
impugnata, in quanto dalla stessa non emergevano a carico di Lucà Vincenzo
gravi indizi di reità in ordine al delitto di partecipazione ad un’associazione di
tipo mafioso.
I contenuti delle conversazioni intercettate erano ambigui ed interpretabili in
modo diverso. Peraltro, dell’interpretazione data dal Tribunale, nel senso
indicato dall’accusa, non era stato acquisito alcun riscontro.
Infine, il ricorrente ha contestato la motivazione dell’ordinanza impugnata nella
parte in cui ha ritenuto sussistenti nei confronti del Lucà esigenze cautelari.
L’indagato era stato ritenuto pericoloso, senza indicare specifici elementi di
fatto dai quali desumere il pericolo di reiterazione della condotta criminosa.
Il Tribunale, in conclusione, aveva utilizzato mere formule di stile per
giustificare la misura cautelare maggiormente afflittiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso sono del tutto generici o manifestamente infondati.

2

Con riguardo alle esigenze cautelari, il Tribunale riteneva che mancassero del

Con il primo motivo è stata eccepita l’inutilizzabilità delle intercettazioni
ambientali e telefoniche per carenza di motivazione di provvedimenti del
Pubblico Ministero, che però non vengono neppure indicati, di tal che non è
possibile individuare a quali intercettazioni ed a quali provvedimenti il ricorrente
si sia riferito.
Vi è anche nel ricorso un riferimento a “diversi preventivi circa l’utilizzazione di
attrezzature e di impianti esterni” di cui resta oscuro il significato, in mancanza
nei motivi di ricorso di una qualche specificazione.

in quanto non viene indicata alcuna conversazione – tra le tante il cui contenuto
è stato riportato dal Tribunale – di cui sarebbe stato travisato il senso.
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, le conversazioni intercettate
alle quali ha partecipato Lucà Vincenzo costituiscono piena prova nei confronti
del medesimo – se il contenuto è indicativo dell’inserimento in un’associazione
di stampo mafioso – senza alcuna necessità di riscontri al contenuto
dell’intercettazione.
Il Tribunale ha indicate le ragioni per le quali le conversazioni intercettate sono
dimostrative dell’inserimento dell’indagato nella famiglia mafiosa di Resuttana,
una articolazione della più vasta associazione denominata Cosa Nostra.
Il ricorrente non ha indicato alcun vizio, sotto il profilo logico giuridico, della
motivazione dell’ordinanza, limitandosi ad osservare che il contenuto delle
conversazioni era ambiguo e soggetto anche ad una diversa interpretazione,
rispetto a quella data dal Tribunale.
Nel ricorso si è contestata anche la motivazione con la quale il Tribunale ha
ritenuto sussistenti le esigenze cautelari, ed in particolare il pericolo di
reiterazione della condotta criminosa.
Il ricorrente, oltre a non considerare che per il delitto contestato vi è una
presunzione, seppure non assoluta, della sussistenza delle esigenze cautelari,
non ha in alcun modo contestato gli elementi indicati dai giudici di merito a
sostegno di un concreto giudizio sulla pericolosità del Lucà, quali i precedenti
penali, i suoi rapporti con soggetti altamente pericolosi e le modalità di
partecipazione al sodalizio criminoso.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – valutato
il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella
proposizione dell’impugnazione – al versamento a favore della Cassa delle
Ammende della somma che la Corte determina, nella misura congrua ed equa,
indicata nel dispositivo.

Del tutto generica è anche la critica alla motivazione dell’ordinanza impugnata,

t

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille alla Cassa delle

CO 01
<0 Ammende. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al erj direttore dell'istituto penitenziario, ai sensi dell'art. 94/1-ter disp. att. c.p.p.. Così deciso in Roma in data 12 dicembre 2014 Il Consigliere estensore t»

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