Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25823 del 12/12/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 25823 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAPPELLO SALVATORE N. IL 08/05/1959
avverso l’ordinanza n. 6838/2013 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 13/03/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
lette/~. le conclusioni del PG Dott.
b-k

E.

Ame._

Uditi difensor Avv.;

Lei

Data Udienza: 12/12/2014

RILEVATO IN FATTO
Con ordinanza in data 13.3.2014 il Tribunale di sorveglianza di Roma ha
rigettato il reclamo proposto da CAPPELLO SALVATORE avverso il decreto
ministeriale di proroga per anni due del regime speciale di cui all’art. 41-bis
0.P., emesso in data 23.9.2013.
Il Cappello risulta sottoposto al suddetto regime dal 20.7.1992 ed è in
espiazione della pena dell’ergastolo, con isolamento diurno per anni tre, per i
delitti di omicidio, associazione di tipo mafioso ed associazione finalizzata al

Il Tribunale di sorveglianza riteneva legittimo il suddetto decreto ministeriale di
proroga, prendendo in considerazione le informazioni fornite dagli organi
investigativi e giudiziari, dalle quali risultava la perdurante operatività
dell’organizzazione mafiosa denominata Cappello, della quale il reclamante,
oltre ad essere stato il maggiore esponente, era ancora, nonostante il tempo
trascorso in carcere, il naturale punto di riferimento per gli accoliti in stato di
libertà.
Con riguardo alla capacità del predetto di mantenere i contatti con
l’associazione criminale della quale era stato il capo, veniva messo in evidenza
che erano state trattenute numerose missive, perché il contenuto era risultato
criptico e sospetto, inviate dal Cappello alla sua compagna, Campagna Maria, a
Milesi Patrizia, detenuta per violazioni della legge stupefacenti la quale aveva
rapporti epistolari con altri detenuti sottoposti al regime di cui all’art.41-bis
0.P., ed a Garozzo Giuseppe, elemento di spicco della criminalità organizzata da
sempre collegato al clan Cappello.
Riteneva sussistente la capacità del Cappello di tenere i contatti con
organizzazioni criminali, nonostante lo stesso fosse stato assolto dal delitto di
partecipazione ad un’associazione mafiosa negli anni 2008-2009 e si fosse
dissociato per i fatti successivi al suo arresto commessi da appartenenti al clan
che portava il suo nome, in considerazione dell’eccezionale spessore criminale
dimostrato; del comportamento in carcere, essendo risultato che non aveva
intrapreso alcuna revisione critica del suo passato ed inoltre aveva subito
numerosi rapporti disciplinari; della capacità di commettere gravissimi delitti;
dei rapporti epistolari di contenuto sospetto che tuttora manteneva con persone
a loro volta in collegamento con esponenti della criminalità organizzata.

Nel ricorso per cassazione presentato dal difensore è stato chiesto
l’annullamento della predetta ordinanza per violazione di legge.
Secondo il ricorrente, il Tribunale di sorveglianza non aveva dato risposta a
specifiche obiezioni della difesa mosse al provvedimento ministeriale di
proroga; in particolare, non erano state considerate circostanze di particolare
1

traffico di sostanze stupefacenti.

rilievo, quali la disarticolazione del clan Cappello, a seguito delle condanne
inflitte dal GUP del Tribunale di Catania con sentenza n.664/2011; la
dissociazione pubblica del Cappello per i fatti successivi al suo arresto,
risalente al 7.2.1992; l’assoluzione del predetto dall’accusa di aver fatto parte,
nonostante lo stato di detenzione in regime di sorveglianza speciale, di
un’associazione di tipo mafioso.
Il regime di sorveglianza speciale era stato prorogato nei confronti del Cappello
in automatico, sulla base di elementi ormai superati, senza considerare che nel

degli associati che continuavano ad usare indebitamente il suo nome.
Non era stato considerato il parere della D.D.A. di Milano, espresso dalla dr.ssa
Ilda Boccassini, contrario alla proroga del regime, non potendosi ancora
considerare pericoloso il ricorrente.
Neppure si era considerato il tenore di vita della famiglia del Cappello, assai
modesto e non consono alla famiglia di un boss mafioso, come erroneamente
era stato ancora ritenuto il predetto.
Erano state ritenute indicative della pericolosità del Cappello missive che non
erano state neppure esaminate dal Tribunale di sorveglianza, che comunque
non aveva considerato che la Milesi non era stata mai accusata di aver fatto
parte di organizzazioni di tipo mafioso; la Campagna era la compagna del
Cappello e la corrispondenza tra i due riguardava solo il loro rapporto amoroso;
era assolutamente incomprensibile la missiva diretta al Garozzo, e comunque la
stessa non poteva giustificare la permanenza al regime di cui all’art.41-bis O.P.

CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso sono infondati.
Questa Corte preliminarmente osserva che, ai sensi del comma 2-sexies
dell’art. 41-bis dell’Ordinamento Penitenziario, le parti possono proporre ricorso
per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza che ha deciso
sul reclamo soltanto per violazione di legge, che può essere ravvisata, nel caso
in esame, nell’erronea applicazione dell’art.41-bis O.P. ovvero nell’assenza di
motivazione (non ha invece rilievo il vizio di motivazione, a meno che la stessa
sia solo apparente, risultando allora violato l’obbligo di motivazione previsto
dall’art.125/2 c.p.p.).
Rileva, poi, che il nuovo testo del citato art. 41-bis, introdotto dalla legge
15.7.2009 n. 94, precisa che la proroga del regime in questione è disposta
quando risulta che la capacità di mantenere collegamenti con l’associazione
criminale non è venuta meno, tenuto conto anche del profilo criminale e della
posizione rivestita dal soggetto in seno all’associazione, della perdurante
operatività del sodalizio criminale, della sopravvenienza di nuove incriminazioni
2

suddetto processo era risultata l’assoluta estraneità del predetto alle attività

non precedentemente valutate, degli esiti del trattamento penitenziario e del
tenore di vita dei familiari del sottoposto e che risulta quindi evidente che, per
giustificare la proroga dello speciale regime di cui all’art. 41-bis, non occorre
indicare nuovi elementi, ma è sufficiente dar conto che la capacità di mantenere
i collegamenti con l’associazione di cui si è fatto parte non è venuta meno.
Nell’ordinanza impugnata si è giunti alla conclusione che la capacità del
ricorrente di mantenere collegamenti con l’associazione criminale di cui aveva
fatto parte in posizione apicale non fosse venuta meno, prendendo in esame

normativa, quali la perdurante operatività dell’organizzazione mafiosa
denominata Cappello, sulla base delle recenti informazioni fornite dagli organi
investigativi e giudiziari; lo spessore criminale del ricorrente e la posizione che
lo stesso aveva avuto nella suddetta organizzazione, di tal che il Cappello era
rimasto – secondo quanto riferito nelle suddette informazioni – il naturale punto
di riferimento per gli aderenti all’omonimo clan ancora in libertà; gli esiti del
trattamento penitenziario, dai quali era risultato che il ricorrente non solo non
aveva intrapreso alcuna revisione critica del suo passato, ma teneva in carcere
una condotta non regolare, venendo sottoposto a procedimenti disciplinari per
le numerose infrazioni commesse; le missive di contenuto sospetto che aveva
tentato di inviare alle persone sopra indicate, trattenute poiché la
corrispondenza epistolare del detenuto, in regime di sorveglianza speciale di cui
all’art.41-bis 0.P., è sottoposta a controllo.
Con il ricorso sono stati dedotti motivi di fatto, che non possono essere presi in
considerazione da questa Corte di legittimità, sia perché il ricorso è ammesso
solo per violazione di legge, sia perché non è comunque questa la sede per
l’esame degli atti e la verifica di quanto sostenuto dal ricorrente.
In particolare, non può essere verificato in sede di legittimità se l’associazione
mafiosa di cui era a capo Salvatore Cappello sia stata effettivamente
disarticolata a seguito di recenti condanne subite da suoi componenti; quale sia
il reale significato della dissociazione pubblica del Cappello per i fatti commessi
dalla sua organizzazione dopo il suo arresto; se effettivamente sia sospetto il
contenuto delle missive scritte dal Cappello e non inoltrate ai destinatari.
A nulla rileva, ai fini della legittimità del provvedimento di proroga, il fatto che il
ricorrente sia stato assolto dall’accusa di aver fatto parte, negli anni 20082009, di un’associazione mafiosa, poiché ai fini della proroga del regime di cui
all’art.41-bis O.P. non si deve accertare se il detenuto faccia ancora parte di
associazioni di tipo mafioso, ma solo la capacità dello stesso di mantenere
contatti con associazioni del suddetto tipo.
Nell’ordinanza impugnata sono state prese in considerazione tutte le suddette
questioni sollevate dal ricorrente, dando alle stesse una risposta – sulla base
3

indici significativi della suddetta capacità, peraltro ritenuti tali dalla citata

degli atti e della interpretazione degli stessi data dal Tribunale di sorveglianza che non solo non può essere riesaminata in sede di legittimità, ma impedisce
anche che sia ritenuto sussistente il denunciato vizio di mancanza di
motivazione o di motivazione apparente.
L’ordinanza impugnata ha applicato correttamente i principi elaborati da questa
Corte nella materia de qua, indicando gravi elementi dai quali è logicamente
desumibile l’attuale capacità del ricorrente di riprendere i contatti con
l’associazione di appartenenza.

ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q. M .
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 12 dicembre 2014
Il consigliere estensore

Pertanto, il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA