Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25822 del 22/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 25822 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
HAKA KLODIAN N. IL 19/01/1976
avverso la sentenza n. 4343/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
27/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUIGI PIETRO CAIAZZO
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per A(

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

<7 Data Udienza: 22/05/2015 RILEVATO IN FATTO Con sentenza in data 27.10.2014 la Corte d'appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Viterbo in data 7.5.2009 appellata dal cittadino albanese HAKA KLODIAN con la quale il predetto era stato condannato alla pena di mesi otto di reclusione, con la sospensione condizionale della pena, per il delitto di cui all'art. 13/13 D. L.vo 286/1998 perché, pur essendo stato espulso coattivamente dall'Italia mediante accompagnamento alla frontiera in esecuzione del decreto del Prefetto di Lecce in data 3.8.2006, era rientrato senza la prevista autorizzazione nel territorio italiano, come accertato in Viterbo in data 17.6.2008. coattivamente espulso dall'Italia il 3.8.2006, a seguito del decreto in pari data del Prefetto di Lecce, e che era rientrato in Italia senza alcuna autorizzazione, come risultava dal verbale di arresto in data 17.6.2008. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, chiedendone l'annullamento poiché non vi era prova del suo ingresso illegale in Italia, essendosi basati i giudici di merito solo sui documenti dai quali risultava che l'imputato era stato espulso dall'Italia nell'agosto 2006 e che era stato sorpreso e arrestato in Italia nel giugno 2008. Il processo davanti al Tribunale di Viterbo, inoltre, si era svolto in contumacia del ricorrente, il quale, espulso nuovamente dall'Italia prima del processo, non aveva potuto esercitare il suo diritto di difesa. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è manifestamente infondato. Il ricorrente non ha contestato né il fatto di essere stato espulso coattivamente dall'Italia nell'agosto 2006, né il fatto di essere stato sorpreso in Italia nel giugno 2008. La correlazione tra i due fatti, come correttamente ha osservato la Corte d'appello, prova il rientro in Italia dell'imputato. A nulla rileva che non sia stato possibile accertare in quale giorno e con quali modalità l'imputato sia rientrato in Italia, essendo certa la condotta addebitata, vale a dire il rientro in Italia, dove è stato sorpreso in data 17.6.2008, senza la prevista autorizzazione e in violazione delle prescrizioni del decreto con il quale era stato espulso. Del tutto infondata è la denunciata violazione del diritto di difesa, per non aver partecipato al processo, in primo luogo perché non risulta che abbia chiesto, ai sensi dell'art.17 D.L.vo 286/1998, l'autorizzazione a rientrare in Italia per poter partecipare al processo nei suoi confronti, e in secondo luogo perché non indica quali elementi di prova non ha potuto addurre a sua difesa. Pertanto, essendo i motivi manifestamente infondati, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. 1 I giudici di merito ritenevano integrato il delitto contestato dal fatto che l'imputato era stato Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché - valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione dell'impugnazione - al versamento a favore della Cassa delle Ammende della somma che la Corte determina, nella misura congrua ed equa indicata nel dispositivo. P.Q. M . Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle Ammende. Il Consigliere estensore Il Presidente Così deciso in Roma in data 22 maggio 2015

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