Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25813 del 08/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 25813 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BALDI ADRIANO N. IL 08/09/1967
avverso la sentenza n. 716/2012 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
23/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI
Udito il Procuratore G9,11 \erale in persona del D9t-t.
che ha concluso per k

Udito, per la arte civile, l’Avv
Udit i d. ensor Avv.

vt-21

Data Udienza: 08/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 23/5/2013, la Corte di appello di Firenze confermava
quella del Tribunale di Lucca di condanna di Baldi Adriano alla pena di mesi tre e
giorni quindici di arresto per due distinte violazioni della misura di prevenzione
della sorveglianza speciale, in particolare del divieto di rientrare nella propria
abitazione entro le ore 21’00.
L’atto di appello aveva contestato la responsabilità dell’imputato per la

un incidente stradale ed era stato rinvenuto in evidente stato di ubriachezza sostenendo che il malore derivante dall’uso di alcool e psicofarmaci aveva reso
impossibile il rientro all’ora prescritta; aveva, inoltre, evidenziato che la misura
di prevenzione, disposta dal Tribunale di Lucca con decisione del 20/4/2000, era
stata ripristinata dopo una carcerazione di otto anni senza sottoporre
l’interessato ad un nuovo giudizio della sua persistente pericolosità.
La Corte territoriale rilevava che, al contrario, al momento del ripristino della
misura di prevenzione era stata verificata la persistente pericolosità del soggetto
che, per di più, non si era opposto al provvedimento, né lo aveva impugnato;
rigettava anche il primo motivo di appello, osservando che l’impossibilità di
adempiere all’obbligo di rientro nella propria abitazione era stata cagionata dallo
stesso imputato con l’assunzione di alcool e psicofarmaci.
La Corte rigettava, infine, la richiesta di riduzione della pena inflitta,
ritenendola congrua.

2. Ricorre per cassazione il difensore di Adriano Baldi, deducendo vizio di
motivazione.
In entrambe le occasioni il ricorrente era stato rinvenuto privo di sensi e,
quindi, si era trovato nell’impossibilità di adempiere all’obbligo. La Corte
territoriale aveva utilizzato le dichiarazioni rese dall’imputato senza tenere conto
che si tratta di paziente psichiatrico, più volte ricoverato all’Ospedale Psichiatrico
Giudiziario, per il quale i farmaci psichiatrici costituiscono hanno funzione di
farmaci salvavita mentre l’alcool può fungere da ansiolitico. Baldi non era stato
sottoposto ad alcun test in ordine all’assunzione di alcool.
In un secondo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge: la misura di
prevenzione era stata ripristinata in assenza di verifica della persistente
pericolosità dopo una lunga carcerazione; per di più, la sospensione della misura
in conseguenza della detenzione non trovava applicazione, trattandosi di
sorveglianza speciale senza obbligo di soggiorno.
Il ricorrente conclude per l’annullamento della sentenza impugnata.
2

seconda violazione – in quell’occasione Baldi era incorso, alle 4’30 del mattino, in

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il secondo motivo è fondato e determina l’annullamento senza rinvio della
sentenza impugnata per insussistenza del fatto.

La visione del fascicolo processuale dimostra che il Tribunale di Lucca non
aveva eseguito alcun riesame della pericolosità di Baldi all’atto della
scarcerazione: allo stesso era stato semplicemente notificato il decreto emesso

Come è noto, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 291 del 2013, ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 12 della legge 27 dicembre 1956,
n. 1423 nella parte in cui non prevede che, nel caso in cui l’esecuzione di una
misura di prevenzione personale resti sospesa a causa dello stato di detenzione
per espiazione di pena della persona ad essa sottoposta, l’organo che ha
adottato il provvedimento di applicazione debba valutare, anche d’ufficio, la
persistenza della pericolosità sociale dell’interessato nel momento dell’esecuzione
della misura.

Nel nuovo quadro normativo formatosi a seguito della pronuncia, avente
natura additiva, la nuova valutazione della persistenza della pericolosità sociale
costituisce condizione perché la misura di prevenzione sia nuovamente efficace:
cosicché, qualora, in epoca successiva all’adozione di misura di prevenzione
personale, il sottoposto sia stato detenuto per un periodo di tempo idoneo ad
incidere sullo stato di pericolosità sociale in precedenza accertato, la efficacia del
provvedimento applicativo della misura resta sospesa anche dopo la
scarcerazione, fino a quando il giudice non valuta nuovamente l’attualità della
pericolosità sociale del soggetto (Sez. 1, n. 6878 del 05/12/2014 – dep.
17/02/2015, Villani, Rv. 262311); di conseguenza, le violazioni contestate non
sussistono, poiché il soggetto non è sottoposto alla misura dì prevenzione.

La Corte Costituzionale, nella pronuncia sopra menzionata, ha rimesso alla
interpretazione giurisprudenziale la motivata delimitazione del tempo che in
concreto rende necessaria la rivalutazione circa l’attualità dei requisiti richiesti
per la misura di prevenzione, apparendo di tutta evidenza la illogicità di ritenere
siffatta necessità in costanza di periodi di detenzione oggettivamente brevi, in
quanto tali inidonei sia ad incidere sulla delibazione a suo tempo eseguita dal
giudice della prevenzione, sia a consentire il maturarsi di conseguenze positive
nell’opera di risocializzazione carceraria.

3

nel 2000.

Ma, nel caso di specie, la lunghezza della carcerazione – otto anni – non
lascia alcun dubbio (né, del resto, tale dubbio ha espresso la Corte territoriale)
sulla necessità di una rivalutazione della pericolosità.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

Così deciso 1’8 maggio 2015

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