Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25810 del 05/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 25810 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: DI TOMASSI MARIASTEFANIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da FALL MODOU, nato a Diourbel, Senegal, il
15/02/1962,
avverso la sentenza emessa in data 04/02/2014 dal Tribunale di Palmi.
Visti gli atti, la sentenza impugnata, il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere M.Stefania Di Tornassi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Francesco Mauro Iacoviello, che ha concluso chiedendo la declaratoria
d’inammissibilità del ricorso;
udito l’avvocato Francesco Oppedisano per il ricorrente, che ha concluso
chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Palmi dichiarava FALL MODOU
responsabile dei reati di cui agli artt. 650 cod. pen. e 651 cod. pen., 294 Reg.
T.U.L.P.S. in relazione all’art. 221 T.U.L.P.S. e, ritenuta la continuazione, lo

1

Data Udienza: 05/05/2015

condannava alla pena di 180,00 euro di ammenda.
I fatti contestati, commessi il 10 agosto 2010, si riferivano alla mancata
ottemperanza all’ordine impartito all’imputato da agente di polizia municipale,
per ragioni di sicurezza pubblica e per evitare pericolo di incendio, di chiudere
l’ombrellone della sua bancarella in vista dell’imminente passaggio di una
processione con fiaccolata, nonché al rifiuto di declinare, dapprima e
nell’immediatezza le sue generalità e di esibire, poi negli uffici, il proprio
documento d’identità.

Oppedisano, che chiede l’annullamento della sentenza impugnata deducendo che
l’imputato doveva essere assolto per carenza dell’elemento soggettivo, non
essendosi opposto all’ordine e non avendo rifiutato alcunché, dal momento che
semplicemente non aveva compreso quanto dettogli in lingua italiana, e
denunziando quindi (con amplissime, ripetute esibizioni di citazioni in tema di
prova indiziaria e di ragionevole dubbio) violazione di legge processuale e
sostanziale e vizi di motivazione:
2.1. perché la sentenza si riportava integralmente alla relazione di servizio e
supinamente «alla motivazione della sentenza impugnata»;
2.2. in relazione all’art. 650 cod. pen., perché a base della condanna era
stata posta prova inutilizzabile e mero elemento indiziario costituito dalle
dichiarazioni generiche dell’unico teste d’accusa, Leone Domenico, che non
bastava a provare «l’esistenza o meno della simulazione di reato», ai sensi
dell’art. 192 cod. proc. pen.; la

«praesumptio de praesumpto»

essendo

inammissibile, ed essendosi omesso di verificare se l’imputato comprendeva la
lingua italiana;
2.3. in relazione agli artt. 651 cod. pen. e 294 Reg. T.U.L.P.S., 221
T.U.L.P.S., perché difettavano gli elementi delle fattispecie, la condanna riposava
su «visione del tutto distorta del quadro probatorio» e sulla sola deposizione del
teste Leone, trascurando specifici elementi di sicura rilevanza;
2.4. con riferimento alle circostanze attenuanti generiche e alla
determinazione della pena, non essendovi motivazione sulle ragioni per le quali
la sentenza impugnata aveva «ritenuto di confermare la sentenza di primo
grado» senza concedere le circostanze attenuanti generiche e la sospensione
condizionale della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva il Collegio che il ricorso appare inammissibile.
2. A base dell’affermazione di responsabilità del ricorrente, la sentenza
impugnata ha, ineccepibilmente, posto gli accertamenti a firma dell’agente della
Polizia municipale Leone, acquisiti con il consenso delle parti, e le dichiarazioni
da questo rese, a chiarimenti, come teste a dibattimento.

2

2. Ha proposto ricorso l’imputato a mezzo del difensore avvocato Francesco

2.1. L’affermazione che la condanna si basava su prove inutilizzabili è
dunque non solo generica ma, alla luce della sentenza impugnata, altresì
manifestamente infondata.
2.2. Manifestamente infondate, oltre che parimenti generiche e impertinenti,
sono anche tutte le deduzioni con le quali si sostiene che in presenza di mero
indizio non poteva essere affermata la responsabilità dell’imputato, giacché la
deposizione del teste costituisce a pieno titolo prova del fatto e ben poteva
fondare la condanna, non essendovi motivo alcuno per dubitare della sua
attendibilità.
inesistente sentenza di secondo grado, appaiono quantomeno distonici rispetto
all’effettivo contenuto e tenore della sentenza impugnata.
3. Generiche e manifestamente infondate sono anche le censure relative al
trattamento sanzionatorio alle circostanze generiche e alla sospensione
condizionale.
Il riferimento alla “biografia giudiziaria” rende difatti più che congrua la
motivazione che sostiene l’entità, modestissima, della pena pecuniaria inflitta e il
rigetto della richiesta di concessione della circostanze attenuanti generiche.
Né il ricorso spende alcun argomento specifico per sostenere l’asserzione
che, all’inverso, l’imputato aveva interesse, aveva chiesto ed era nelle condizioni
di ottenere la sospensione condizionale di detta pena.
3. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del
2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in
ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 1.000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e al versamento della somma di euro 1.000,00 alla
cassa delle ammende.
Così deciso il 5 maggio 2015
Il consigliere este ore

Il Presidente

2.3. Per il resto i motivi di ricorso, che fanno tra l’altro riferimento ad una

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