Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25798 del 19/12/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 25798 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VOLPE CALOGERO N. IL 20/07/1948
avverso la sentenza n. 872/2013 CORTE APPELLO di PALERMO, del
29/05/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUIGI PIETRO CAIAZZO
Udito il Procuratore G enerale in persona del Dott.
che ha concluso per
,-74-Q
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 19/12/2014

RILEVATO IN FATTO
Con sentenza in data 29.5.2014 la Corte d’appello di Palermo confermava la sentenza del
Tribunale di Agrigento in data 21.7.2009 appellata da Volpe Calogero, con la quale il predetto
era stato condannato alla pena di euro 140,00 di multa, oltre al risarcimento dei danni in
favore della parte civile Catuara Domenico che venivano liquidati in euro 5.000,00, per il
delitto di cui all’art.595 cod. pen.per aver offeso la reputazione di Domenico Catara, segretario
generale della CISL della Provincia di Agrigento, inviando a più persone in data 26.7.2007 un
SMS nel quale aveva affermato che la CISL di Agrigento era “in mano ad un paio di maestrini

era al libro paga”.
La Corte d’appello, dopo aver rilevato che il messaggio in questione superava il limite della
continenza ed aveva un contenuto denigratorio della persona del Catuara, riteneva che l’SMS,
trasmesso alla persona offesa da tale Avola, fosse stato spedito dall’imputato a più persone sia
perché il messaggio si concludeva con l’espressione “a tutti”, indicativa del fatto che il
messaggio fosse stato inviato a più persone, sia perché l’imputato aveva ammesso di aver
trasmesso i messaggi a diversi esponenti del sindacato. L’imputato aveva tra l’altro dichiarato
di conoscere solo vagamente il suddetto Avola, affermando in via dubitativa che potesse
trattarsi di un sindacalista siracusano.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, chiedendone
l’annullamento per insussistenza del delitto di cui all’art.595 cod. pen., non essendovi prova
che il messaggio incriminato fosse stato trasmesso a più persone.
Il fatto che alcuni SMS trasmessi dall’imputato, ma non quello per il quale l’imputato era stato
condannato, si concludessero con l’espressione “a tutti” non costituiva prova certa che l’SMS in
questione fosse stato trasmesso dall’imputato a più persone.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Il ricorrente non contesta il contenuto offensivo del riportato messaggio, perché è di tutta
evidenza che dare al querelante del “mafiosetto emergente, guidato dal pupillo di Filippo
Salamone, di cui era al libro paga” costituisce una gratuita offesa all’onorabilità di una persona,
che non può in alcun modo rientrare nel diritto di critica nei confronti di chi svolge un ruolo di
rilevanza pubblica, quale segretario generale della CISL della provincia di Agrigento.
Nel ricorso si sostiene che non vi sarebbe prova che il suddetto messaggio (pervenuto a tale
Avola, il quale lo aveva trasmesso alla parte offesa Catuara Domenico) sarebbe pervenuto a
più persone, ma la Corte d’appello ha ragionevolmente escluso che il messaggio in questione
fosse stato mandato solo all’Avola, basandosi sul testo del messaggio (che si concludeva con la
formula “a tutti”) e sull’ammissione dello stesso imputato di avere trasmesso a più persone i

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gaudenti con a capo un nnafiosetto emergente guidato dal pupillo di Filippo Salamone, di cui

messaggi, nonché sull’implausibilità che solo questo messaggio fosse stato mandato
unicamente all’Avola, sindacalista siracusano peraltro solo vagamente conosciuto dall’imputato.
Nel ricorso si è sostenuto, inoltre, che il messaggio in questione non riporterebbe (come altri
messaggi di critica nei confronti del querelante inviati dall’imputato) la formula d’indirizzo “a
tutti”.
Ma la suddetta circostanza, dedotta a contestazione di un’affermazione contenuta sia nella
sentenza di primo grado che in quella d’appello, neppure contenuta nei motivi d’appello,

di legittimità compulsare gli atti al fine di conoscere l’esatto testo del messaggio in questione.
Pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 19 dicembre 2014
Il Consigliere estensore

doveva essere adeguatamente documentata nel ricorso, non essendo compito di questa Corte

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