Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25796 del 12/12/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 25796 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ABATE NUZIO N. IL 15/05/1966
avverso la sentenza n. 692/2008 CORTE APPELLO di MESSINA, del
04/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUIGI PIETRO CAIAZZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

e

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 12/12/2014

RILEVATO IN FATTO
Con sentenza in data 28.2.2008, emessa a seguito di giudizio abbreviato, il GUP del Tribunale
di Messina aveva condannato ABATE NUNZIO, con le attenuanti generiche equivalenti alle
aggravanti ed alla recidiva e unificati i reati dalla continuazione, alla pena di anni otto di
reclusione per i seguenti reati:
– capo a) tentato omicidio in danno della figlia Abate Maria, sparando quattro colpi di revolver
contro l’autovettura in cui la predetta era alla guida;
– capo b) detenzione e porto illegale del revolver calibro 38 special con il quale erano stati

commessi i reati di cui ai capi a) e c);
– capo c) minaccia di morte nei confronti di Ucchino Giuseppe, puntandogli contro l’arma di cui
al capo b);
reati commessi in Gaggi il 1° luglio 2007.
A seguito di impugnazione dell’imputato, la Corte d’appello di Messina, con sentenza in data
4.2.2013, qualificata la condotta di cui al capo a) dell’imputazione come violazione dell’art.612
cod. pen., rideterminava la pena in anni due, mesi quattro di reclusione ed euro 300,00 di
multa in base al seguente calcolo: pena base per il porto dell’arma, anni 2, mesi 6 ed euro
350,00, aumentata di mesi 8 ed euro 100,00 per la detenzione dell’arma, ulteriormente
aumentata di mesi 2 per ciascuna delle due ipotesi di minaccia grave, infine ridotta di 1/3 per
la scelta del rito.
I giudici di merito ricostruivano i fatti nel modo seguente.
Abate Nunzio aveva disapprovato che sua figlia Maria fosse andata a vivere con Ucchino
Salvatore, in quanto lo stesso faceva parte di una famiglia poco raccomandabile, collegata
anche con ambienti delinquenziali.
La mattina del fatto, davanti ad un bar del paese, vi era stata una lite tra Ucchino Salvatore,
che pretendeva la restituzione di un’auto Smart, e l’imputato, il quale, nel corso della lite, con
il casco aveva colpito il predetto al volto, provocandogli delle lesioni al setto nasale; Maria
Abate, che si trovava sul posto, aveva accompagnato il marito a casa dei suoceri e poi, alla
guida dell’auto del marito, si era diretta verso la casa dei genitori con l’intenzione di protestare
con suo padre per come si era comportato; Ucchino Giuseppe, vedendo sua nuora partire in
macchina, l’aveva seguita con la sua auto, facendosi accompagnare dal suo compare
Santalucia Salvatore; l’imputato, vedendo dalla sua abitazione avvicinarsi l’auto del generoe
un’altra auto, aveva preso il suo revolver, si era arrampicato dalla parte interna sul cancello di
entrata e da quella posizione aveva sparato quattro colpi di pistola contro l’auto del genero,
senza avvedersi che alla guida della stessa c’era sua figlia e non il di lei marito; nel frattempo
Ucchino Giuseppe era sceso dall’auto ed aveva invitato l’imputato a discutere; l’imputato aveva
aperto il cancello, era uscito sulla strada insieme a suo figlio Salvatore ed aveva puntato il
revolver contro Ucchino Giuseppe, gridando “vi ammazzo tutti”.
La Corte d’appello riteneva che l’imputato non avesse sparato in stato di legittima difesa,

tic

poiché aveva aperto il fuoco senza che fosse stato compiuto alcun gesto aggressivo nei suoi
1

confronti, continuando a sparare anche dopo che la figlia si stava velocemente allontanando in
retromarcia.
Riteneva, inoltre, che per la gravità del fatto e per i precedenti penali dell’imputato dovesse
essere rigettata la richiesta di valutare le già concesse attenuanti generiche prevalenti sulle
aggravanti e sulla recidiva.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore, chiedendone
l’annullamento per erronea applicazione della legge penale e per vizio di motivazione.

il predetto aveva sparato contro l’autovettura che credeva condotta dal marito della figlia,
ritenendo che questi, insieme a suoi parenti, fosse venuto per aggredirlo, in ragione di quanto
era avvenuto quella stessa mattina.
In ogni caso, se si fosse ritenuta sproporzionata la sua reazione, doveva essergli riconosciuto
l’eccesso colposo.
I giudici dell’appello erroneamente avevano ritenuto l’imputato responsabile anche del delitto
di porto abusivo di arma, in quanto l’Abate aveva sparato restando all’interno del giardino
recintato che costituiva una pertinenza della sua abitazione.
Immotivatamente, infine, non era stata calcolata dal giudice di secondo grado la riduzione di
pena per le già concesse attenuanti generiche e non era stata assorbita la minaccia di cui al
capo c) in quella di cui al capo a).

CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso sono infondati.
Il fatto deve essere assunto come ricostruito dalla Corte d’appello, non avendo il ricorrente
denunciato alcun travisamento delle prove da parte dei giudici di merito.
Non è contestato che l’imputato detenesse illegalmente il revolver calibro 38 special con il
quale prima aveva esploso dei colpi per costringere la persona (che egli credeva fosse suo
genero) che si trovava alla guida dell’autovettura FIAT Punto ad allontanarsi e, poco dopo,
aveva minacciato Ucchino Giuseppe, puntandogli contro la suddetta arma e profferendo la
frase “vi ammazzo tutti”.
Il difensore ha contestato la sussistenza del reato di porto abusivo della suddetta arma,
asserendo che l’imputato sarebbe rimasto sempre nel terreno recintato antistante la propria
abitazione, ma non ha indicato quali prove avrebbero travisato i giudici di merito, i quali hanno
affermato – sulla base di quanto riferito dalle parti offese – che l’imputato, all’invito rivoltogli
da Ucchino Giuseppe (pezzo di merda invece di sparare esci a discutere la cosa), aveva aperto
il cancello ed era uscito sulla strada insieme al figlio Salvatore, andando a puntare la pistola
contro Ucchino Giuseppe e minacciando di ammazzare tutti.
Quindi, essendo stata portata l’arma in un luogo pubblico, correttamente i giudici di merito
hanno ritenuto sussistente il delitto di porto abusivo di un’arma comune da sparo.
2

All’imputato doveva essere concessa l’esimente della legittima difesa, reale o putativa, poiché

Nel ricorso si è sostenuto che l’imputato avrebbe esploso alcuni colpi con il revolver in stato di
legittima difesa, poiché si sarebbe sentito minacciato dall’arrivo dell’autovettura di suo genero,
che aveva creduto guidata dallo stesso, con il quale proprio quel giorno aveva litigato.
Uno dei presupposti della legittima difesa, reale o putativa, è però l’attualità del pericolo di
un’offesa ingiusta, in quanto l’imputato è autorizzato a reagire solo quando è costretto dalla
necessità di difendersi da un pericolo attuale e non altrimenti evitabile.
Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, infatti, l’attualità del pericolo richiesta per la
configurabilità della scriminante della legittinnadifesa implica un effettivo, preciso contegno del

come concreta e imminente, così da rendere necessaria l’immediata reazione difensiva, sicché
resta estranea all’area di applicazione della scrinninante ogni ipotesi di difesapreventiva o
anticipata (V. Sez. 1 sentenza n.6591 del 27.1.2010, Rv.246566).
Nel caso in esame, neppure il ricorrente ha individuato un qualsiasi atteggiamento minaccioso
da parte di coloro che si erano diretti verso l’abitazione dell’imputato, e neppure si è affermato
che l’imputato — il quale ben avrebbe potuto non aprire il cancello e non ricevere le persone
che erano venute a chiedere spiegazioni — avesse un qualche motivo per ritenere che suo
genero fosse armato.
Quindi è evidente, sulla base della ricostruzione del fatto da parte dei giudici di merito, che
l’imputato ha posto in essere, senza averne alcuna necessità, una difesa preventiva, facendo
intendere con la minaccia degli spari di non volere avere alcun contatto o chiarimento con le
persone che erano venute a trovarlo.
Non essendoci stata alcuna minaccia nei confronti dell’imputato, che ha sparato contro
l’autovettura del genero solo per far comprendere che non voleva avere alcun contatto con lui,
non sussistono i presupposti della legittima difesa, reale o putativa, e neppure è configurabile
l’eccesso colposo, che può aversi solo se sussistono i presupposti della predetta esimente.
È infondato anche il motivo con il quale il ricorrente si è lamentato della mancata riduzione di
pena per le attenuanti generiche, poiché i giudici di merito hanno ritenuto dette attenuanti
equivalenti alle aggravanti ed alla contestata recidiva, e quindi non dovevano apportare alcuna
riduzione di pena per la concessione delle attenuanti di cui all’art.62-bis cod. pen.
Correttamente, infine, non è stata assorbita la minaccia di cui al capo c) in quella di cui al capo
a), trattandosi di azioni distinte, poste in essere in diversi momenti e rivolte a persone diverse.
Pertanto il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 12 di,..embre 2014

soggetto antagonista, prodromico di una determinata offesa ingiusta, la quale si prospetti

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