Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25789 del 20/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 25789 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Sciacchitano Vincenzo, nato a Palermo, il 4/9/1975;

avverso la sentenza del 26/9/2014 della Corte d’appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Francesco Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Palermo ha confermato la condanna
di Sciacchitano Vincenzo per il reato di furto di oggetti preziosi e documenti realizzato
nell’abitazione di Tesoriere Zeila e per la contravvenzione di cui all’art. 707 c.p.

Data Udienza: 20/05/2015

2.Avverso la sentenza ricorre l’imputato a mezzo del proprio difensore articolando tre
motivi.
2.1 Con il primo deduce violazione di legge e vizi della motivazione in ordine
all’affermazione della responsabilità dell’imputato. In proposito il ricorrente evidenzia
come la Corte territoriale abbia illegittimamente valorizzato ai fini dell’identificazione
dello Sciacchitano come uno dei due uomini che si sarebbe introdotto nel condominio in
cui vi è l’abitazione della persona offesa le dichiarazioni predibattimentali rese dal teste

deposizione, disinteressandosi di quelle invece rese nel dibattimento, anche dopo tali
contestazioni, le quali non sarebbero invece adesive a quanto riferito nel corso delle
indagini preliminari. Con riguardo invece alle dichiarazioni della Tesoriere, la sentenza
avrebbe immotivatamente svalutato o addirittura ignorato quanto dalla stessa riferito
in merito al rinvenimento di un mazzo di chiavi contenenti quelle dell’abitazione e alla
disponibilità delle stesse da parte della colf rumena che in passato -era stata in servizio
presso la casa. Infine, quanto al riconoscimento, effettuato sempre dalla Tesoriere,
dell’imputato come colui che le aveva consegnato nei mesi precedenti una lavatrice, i
giudici dell’appello avrebbero trascurato di valutare, ai fini dell’attendibilità della teste,
le prove difensive tese a dimostrare come lo Sciacchitano non abbia mai lavorato
presso il negozio dove l’elettrodomestico era stato acquistato.
2.2 Con il secondo motivo il ricorrente lamenta errata applicazione della legge penale e
correlati vizi della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della contravvenzione
di cui all’art. 707 c.p. Evidenzia il ricorso come l’orientamento giurisprudenziale citato
in sentenza sia invero tutt’altro che maggioritario, prevalendo invero la tesi per cui il
reato sia configurabile solo qualora l’agente abbia l’immediata disponibilità degli oggetti
indicati dalla norma incriminatrice nel luogo in cui si trova e non già in altro, ipotesi che
ricorrerebbe invece nel caso di specie.
2.3 Con il terzo motivo vengono dedotti violazione di legge e vizi della motivazione in
merito alla disposizione di una provvisionale in favore della parte civile a parziale
liquidazione del danno non patrimoniale, senza che l’esistenza di quest’ultimo sia stata
in alcun modo dimostrata dai giudici del merito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere rigettato.
2. Il primo motivo di ricorso è infondato.
2.1 Dall’esame complessivo delle dichiarazioni rese dal Barbarici in dibattimento – la
cui trascrizione è stata ritualmente allegata al ricorso – è possibile rilevare come le
presunte difformità tra le stesse e il contenuto e quelle rilasciate dal teste nel corso
delle indagini preliminari denunciate dal ricorrente invero siano insussistenti. Infatti se

Barbaraci utilizzate per le contestazioni ex art. 500 c.p.p. nel corso della sua

nelle prime fasi della deposizione alcune frasi pronunziate dal Barbarici – peraltro di
non univoca interpretazione atteso il tenore delle domande che gli erano state poste potrebbero apparentemente rivelare la volontà dello stesso di ricondurre la sua
conoscenza dei fatti alla visione delle immagini riprese dalle telecamere di sicurezza, è
indubitabile come nel prosieguo, una volta ritualmente contestategli le dichiarazioni
rese in precedenza, egli abbia al fine inequivocabilmente confermato nella loro
integralità queste ultime. Non si versa dunque nell’ipotesi di utilizzazione delle

nel dibattimento, ma più semplicemente in quella della conferma da parte del teste del
contenuto delle prime, che dunque legittimamente possono essere richiamate dal
giudice del merito nella misura in cui le stesse siano state per l’appunto ribadite dal
dichiarante (cfr. Sez. 1, n. 23012 del 14 maggio 2009, Marini ed altro, Rv. 244451;
Sez. 2, n. 10483 del 21 febbraio 2012, Russo, Rv. 252707).
2.2 – Per quanto riguarda le censure relative alle dichiarazioni della persona- offesa -le
stesse si rivelano generiche e scarsamente correlate alla linea argomentativa sviluppata
dalla sentenza impugnata.
2.2.1 Quanto al rinvenimento delle chiavi sul luogo del delitto, il ricorrente non è stato
in grado di evidenziare la decisività della circostanza, atteso che l’eventuale
coinvolgimento nell’i -deazione ed organizzazione del furto anche della collaboratrice
domestica della Tesoriere non è circostanza di per sé rilevante ai fini dell’affermazione
della responsabilità dello Sciacchitano, che riposa su basi probatorie (le dichiarazioni
del Barbarici, i filmati delle telecamere di sicurezza, la testimonianza dei vicini di casa
di aver visto sul pianerottolo stazionare due uomini) logicamente ritenute non
controvertibili dalla Corte territoriale. In altri termini l’evidenza asseritannente
trascurata non è in grado di incidere concretamente sulla tenuta dei ragionamento
probatorio dispiegato e dunque è irrilevante la sua eventuale omessa considerazione.
2.2.2 Ed analoghe considerazioni possono essere riservate per l’omessa valutazione
della documentazione prodotta dalla difesa a riprova dell’assenza di rapporti tra
l’imputato e la ditta che consegnò una lavatrice qualche tempo prima del furto presso
l’abitazione della Tesoriere. Anche a prescindere dalla genericità nell’indicazione della
prova da parte del ricorrente, aspetto che sarebbe di per sé dirimente, è sufficiente
evidenziare come la testimonianza della persona offesa sulla circostanza è stata presa
in considerazione dai giudici di merito solo ad colorandum, atteso che, come già
illustrato, l’individuazione dello Schiacchitano come uno dei due autori del furto ha
fondamento affatto autonomo.
3. Infondato è anche il secondo motivo, giacchè l’orientamento giurisprudenziale
menzionato nel ricorso è stato da tempo superato da altro, oramai consolidatosi (il che
esclude l’invocata necessità di investire della questione le Sezioni Unite) nell’affermare

dichiarazioni predibattimentali ai fini della valutazione dell’inattendibilità di quelle rese

che l’elemento materiale della contravvenzione di cui all’art. 707 c.p. – e cioè che
l’agente sia colto in possesso di chiavi alterate o di grimaldelli – non va inteso nel
significato restrittivo che l’agente venga colto “in flagranza” di possesso, bensì nel
senso che egli abbia la disponibilità degli strumenti, e, con essa, la possibilità di un
utilizzo immediato e attuale (ex multis Sez. 2, n. 32521 del 10 maggio 2011, Guarnieri,
Rv. 250766; Sez. F, n. 30930 del 25 luglio 2001, Simioli, Rv. 219668). Ed in tal senso
si è altresì precisato come ai fini della configurabilità del reato non sia necessario un

contrario, risulti sufficiente che quest’ultima li detenga in un luogo ove possa accedere
liberamente e in qualunque momento (Sez. 2, n. 198/01 del 17 novembre 2000,
Franceschi, Rv. 217826), fattispecie che è in definitiva quella che ricorre nel caso di
specie, dove, pertanto, la Corte territoriale ha correttamente ritenuto configurabile la
contravvenzione di cui si tratta.
4. Inammissibile è infine il terzo motivo. Va infatti ricordato il costante insegnamento di
questa Corte per cui il provvedimento con il quale il giudice di merito, nel pronunciare
condanna generica al risarcimento del danno, assegna alla parte civile una somma da
imputarsi nella liquidazione definitiva non è impugnabile per cassazione, in quanto per
sua natura insuscettibile oziL passare, in _ giudicato e destinato ad essere travolto
dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento (ex multis Sez. 6, n. 50746 del 14
ottobre 2014, P.C. e G, Rv. 261536).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 20/5/2015

rapporto attuale e costante di contiguità fisica degli oggetti alla persona, ma, al

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