Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25785 del 12/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 25785 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RUSSO ENRICO N. IL 11/03/1944
avverso la sentenza n. 6929/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
30/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. (SA
che ha concluso per
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Udito

r la parte civile, l’Avv

Data Udienza: 12/05/2015

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 30/10/2013 la Corte d’appello di Napoli ha confermato la
decisione di primo grado, che aveva condannato alla pena di quattro mesi di
reclusione Enrico Russo, avendolo ritenuto responsabile del reato di cui all’art.
483 cod. pen., per avere, in qualità di legale rappresentante di una società,
nonostante avesse riportato una sentenza di condanna per il reato di cui all’art.
720 cod. pen., falsamente dichiarato nella richiesta di autorizzazione per
l’esercizio delle scommesse, presentata all’Autorità di P.S., ai sensi dell’art. 88

131 del medesimo t.u.l.p.s.
2. Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai
seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali nonché inosservanza ed
erronea applicazione dell’art. 483 cod. pen., ribadendo che, nel sottoscrivere le
dichiarazioni rese ai sensi dell’art. 88 t.u.l.p.s., il Russo era convinto di affermare
il vero, dal momento che il certificato del casellario, da lui personalmente
acquisito, non riportava alcuna iscrizione, con la conseguenza che egli confidava
nell’avvenuta estinzione del reato.
2.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge,
criticando l’assenza di adeguata giustificazione del trattamento sanzionatorio,
alla luce dell’atteggiamento psicologico di buona fede e delle modalità della
condotta.

Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso è infondato, dal momento che, per un verso, è del
tutto irrilevante, anche sul piano soggettivo, il fatto che la condanna della quale
si discute non fosse iscritta nel certificato del casellario, ‘giacché quest’ultima
circostanza non elide la sicura conoscenza del pregiudizio riportato.
Né può assumere significato il convincimento soggettivo di un eventuale evento
estintivo, che comunque non elide il dato di avere omesso di indicare la

condanna sofferta e della cui esistenza il ricorrente era assolutamente certo.
2. Il secondo motivo è inammissibile, avendo la Corte territoriale logicamente
argomentato, quanto al rigetto della richiesta di riduzione della pena (peraltro,
va aggiunto, significativamente contenuta in una fascia medio – bassa rispetto
alla pena edittale, con la conseguenza che neppure avrebbe richiesto uno
specifico apparato guistificativo: v., di recente, in motivazione, Sez. 5, n. 48681
del 06/06/2014, Sola, Rv. 261278), alla luce dei precedenti penali dai quali
l’imputato è gravato.
3. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
1

t.u.l.p.s., di non trovarsi nelle condizioni ostative di cui agli artt. 11, 12, 92 e

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 12/05/2015

Il Presidente

Il Componente estensore

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