Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25779 del 06/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 25779 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
URBANO ANTONIO N. IL 16/05/1955
avverso la sentenza n. 11062/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del
07/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la s e civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 06/05/2015

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Alberto Cardino, ha
concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Urbano Antonio propone ricorso per cassazione contro la sentenza

della corte d’appello di Roma che, in riforma della sentenza del tribunale
di Cassino, ha dichiarato non doversi procedere in ordine al reato di cui

La sentenza di appello ha per il resto confermato l’affermazione di
responsabilità in ordine al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale
(capo A), commesso nella qualità di legale rappresentante pro tempore
della società C.M.I. Sud Sri, dichiarata fallita in Cassino 1’8 ottobre 2004.
2.

Con il ricorso si lamenta:
a. errata valutazione delle risultanze istruttorie laddove la corte
ritiene che il ricorrente abbia personalmente ceduto e
sottratto i beni al fallimento, senza dar conto di quanto
affermato dal commercialista della società.
b. Contraddittorietà della motivazione e mancanza della prova
della simulazione delle vendite, sulla sottrazione delle somme
ricavate e sulle date in cui si sono verificate le vendite.
Sostiene il ricorrente che i ricavi delle vendite sarebbero stati
utilizzati per ripianare i debiti della società.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto generico e
valutativo ed altresì non autosufficiente, non allegando, né riproducendo
la prova asseritamente non presa in considerazione dalla Corte, e senza
nemmeno indicare il nome del relativo teste.
2. Anche il secondo motivo di ricorso è generico e meramente
rivalutativo delle prove, peraltro attraverso un esame parziale e
frammentario delle stesse. Occorre ricordare, infatti, che la mancanza e
la manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del
provvedimento impugnato, sicché dedurre tale vizio in sede di legittimità
significa dimostrare che detto testo è manifestamente carente di
motivazione e/o di logica e non già opporre alla logica valutazione degli
1

al capo C, perché estinto per prescrizione, eliminando la relativa pena.

atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione degli atti
processuali (Cass. S.U., Sent.n.16 del 19 giugno 1996, Di Francesco,
Rv.205620). I motivi, in sostanza, costituiscono, con tutta evidenza,
reiterazione delle difese di merito già disattese dai Giudici di appello,
oltre che censura in punto di fatto della sentenza impugnata, inerendo
esclusivamente alla valutazione degli elementi di prova ed alla scelta
delle ragioni ritenute idonee a giustificare la decisione, cioè ad attività
che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui

nel caso in esame, da adeguata e congrua motivazione esente da vizi
logico-giuridici (Sez. 2, n. 42595 del 27/10/2009, Errico).
3. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla
declaratoria di inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché
(trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa
emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007,
Ferraloro, Rv. 237957) al versamento, a favore della cassa delle
ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare
in Euro 1.000,00.

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 6/5/2015

apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto, come

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