Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25771 del 15/04/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 25771 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BIONDI GIULIO N. IL 18/02/1955
avverso la sentenza n. 3194/2012 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 20/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. A.M9
che ha concluso per (ft izstA–z–

Data Udienza: 15/04/2015

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 20/11/2013 la Corte d’appello di L’Aquila ha confermato
l’affermazione di responsabilità di Giulio Biondi, in relazione ai reati di cui all’art.
497-bis cod. pen. perché trovato in possesso di vari documenti falsi validi per
l’espatrio.
Sul piano del trattamento sanzionatorio, la Corte territoriale ha rideterminato la
pena nei più miti termini di tre anni di reclusione, applicando d’ufficio, ai sensi
dell’art. 29 cod. pen., la pena accessoria della interdizione temporanea dai

2.

Il Biondi ha personalmente proposto ricorso per cassazione, affidato ai

seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali, per avere la Corte
territoriale trascurato di esaminare in modo adeguato la questione, prospettata
con l’atto di appello, della grossolanità del falso, attesa l’assenza di sigilli
autentici e tenuto conto della fattura dei documenti.
2.2. Con il secondo motivo, si lamenta violazione di legge, con riferimento alla
ritenuta applicazione d’ufficio, in assenza di impugnazione del P.M., della
sanzione accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, anche alla luce del
ridimensionamento della pena principale.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo è, nel suo complesso, infondato.
Premesso che la Corte d’appello, con motivazione non contrastata in termini
specifici, ha rilevato di avere esaminato proprio i documenti oggetto di sequestro
e non delle mere fotocopie, secondo l’assunto del ricorrente, la tesi della
grossolanità del falso è smentita, quanto ad uno dei documenti, dalla sua
concreta utilizzazione per l’apertura di un conto corrente, cui solo
successivamente era seguito l’accertamento della falsità.

Quanto agli altri documenti, la contraria valutazione espressa dalla Corte
territoriale, fondata sulla visione diretta degli stessi, è contrastata dal ricorrente,
per un verso, assumendo l’assenza – in sé non espressiva di alcuna inidoneità
offensiva – di sigilli autentici e, per altro verso, deducendo, in modo generico, la
fattura grossolana, senza alcuna ulteriore spiegazione delle ragioni per cui tale
mero giudizio sarebbe idoneo a contrastare – ossia a rivelare la manifesta
illogicità – delle contrarie conclusioni della sentenza impugnata.
2. Il secondo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, è, infatti, legittima
l’applicazione d’ufficio, da parte del giudice d’appello, delle pene accessorie non
applicate da quello di primo grado, ancorché la cognizione della specifica

pubblici uffici per la durata di cinque anni.

questione non sia stata devoluta con l’impugnazione del pubblico ministero.
(Sez. 6, n. 31358 del 14/06/2011, Navarria e altro, Rv. 250553)
3. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 15/04/2015
Il Presidente

Il Componente estensore

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