Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2574 del 20/11/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 2574 Anno 2016
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: MENICHETTI CARLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BALDINI CAMILLO N. IL 24/07/1977
avverso l’ordinanza n. 35/2014 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
20/02/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLA MENICHETTI;
lette/seRtite le conclusioni del PG Dott.

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 20/11/2015

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1. Con ordinanza in data 20.2.2015 la Corte d’Appello di Brescia rigettava l’istanza
di riparazione presentata da Baldini Camillo per la dedotta ingiusta detenzione sofferta
con la custodia in carcere dal 19.7.2013 al 28.10.2013 e poi in regime di arresti
domiciliari fino al 16.12.2013, per la imputazione di concorso nella detenzione ed
acquisto di cocaina, dalla quale era stata assolto “per non aver commesso il fatto” (ai
sensi dell’art.530 cpv.c.p.p.) con sentenza del G.U.P. del Tribunale di Brescia in data

2. In detta ordinanza la Corte territoriale riteneva che il richiedente avesse, con il
proprio comportamento e atteggiamento gravemente colposo, concorso a dare causa alla
misura cautelare de qua e ravvisava, pertanto, grave colpa ostativa al riconoscimento
dell’indennizzo di cui all’art.314 c.p.p. In particolare evidenziava che nell’ambito di
indagini su un illecito traffico di stupefacenti dall’Olanda, che vedevano coinvolto, con
posizione di particolare rilevanza, tale Brunelli Giampaolo, erano state autorizzate
intercettazioni telefoniche che avevano consentito di risalire ad una utenza intestata al
Baldini e ad appurare i suoi frequenti contatti con il detto Brunelli; era stato quindi
accertato che il Baldini, insieme alla fidanzata e ad un’altra coppia, si era recato per una
intera giornata presso l’azienda agricola del Brunelli in località Montisola di Brescia, e che
sicuramente uno dei due giovani (il Baldini o l’altro) si identificava con un certo “3acopo”,
che utilizzava una utenza cellulare formalmente intestata ad un fantomatico “Liu Meizhu”
ed era fortemente coinvolto nei traffici illeciti di droga; di conseguenza, pur non essendo
certa la identificazione di Jacopo nel Baldini, il fatto che questi avesse dichiarato di non
poter fornire alcuna indicazione utile all’individuazione della persona con cui aveva
comunque intrattenuto rapporti di frequentazione e gli assidui contatti con il Brunelli
portavano a ritenere con certezza che egli fosse, se non partecipe, comunque a
conoscenza degli illeciti traffici, rispetto ai quali aveva assunto un comportamento
connivente e di omertosa reticenza.
3.

Avverso l’anzidetta ordinanza propone ricorso il difensore del Baldini

lamentando, con un unico e articolato motivo, violazione dell’art.606 lett.b) ed e) c.p.p.
in relazione all’art.314 c.p.p. per manifesta illogicità della motivazione, atteso che il
comportamento dell’imputato, totalmente estraneo al traffico internazionale di
stupefacenti e che non era stato creduto nonostante la veridicità della sua versione dei
fatti, non poteva giustificare lo stato custodiale.
4. Il P.G. ha chiesto il rigetto del ricorso. Per il Ministero dell’Economia e Finanze
l’Avvocatura ha presentato memoria chiedendo, del pari, il rigetto del ricorso.

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itenuti n diritto
5. Il ricorso è infondato. Il giudice della riparazione, che ha il potere di apprezzare
in modo autonomo e completo gli elementi a sua disposizione, e il dovere di fornire

16.12.2013, divenuta irrevocabile il 5.5.2014.

adeguata e congrua motivazione del convincimento conseguito, non è venuto meno, nel
caso di specie, al compito attribuitogli, avendo valutato tutti gli estremi della condotta
“gravemente colposa” del richiedente, sulla scorta dei consolidati orientamenti
giurisprudenziali di questa Suprema Corte in tema di verifica della sussistenza del dolo o
della colpa grave ostativi all’accoglimento della domanda per ingiusta detenzione. Si
ribadisce in proposito (Sez.Un.13.12.1995, n.43 e 26.6.2002, n.34559) che la nozione di
colpa grave di cui all’art.314, comma 1, c.p.p. ostativa del diritto alla riparazione

ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza,
inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire
una non voluta, ma prevedibile ragione di intervento dell’autorità giudiziaria, che si
sostanzi nell’adozione o nel mantenimento di un provvedimento restrittivo della libertà
personale. A tale riguardo, il giudice della riparazione deve fondare la sua deliberazione
su fatti concreti e precisi, esaminando la condotta (sia extra processuale che
processuale) tenuta dal richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà personale,
al fine di stabilire, con valutazione ex ante (e secondo un iter logico motivazionale del
tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito), non se tale condotta
integri estremi di reato – anzi, a ben vedere, questo è il presupposto, scontato, del
giudice della riparazione – ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato,
ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua
configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di “causa
ed effetto” (Sez.Un., 30.8.2010, n.32383; Sez.IV, 29.1.2015, n.4372). Giova, infine,
distinguere nettamente l’operazione logica propria del giudice del processo penale, volta
all’accertamento della sussistenza di un reato e della sua commissione da parte
dell’imputato, da quella propria del giudice della riparazione il quale, pur dovendo
operare, eventualmente, sullo stesso materiale, deve seguire un “iter” logicomotivazionale del tutto autonomo, avendo “in relazione a tale aspetto della
decisione…, piena ed ampia libertà di valutare il materiale acquisito nel processo” al fine
di controllare la ricorrenza o meno delle condizioni per il riconoscimento del diritto al
beneficio, (così Sez.Un.13.12.1995, n.43). Il decidente, in sostanza, non deve stabilire se
determinati comportamenti costituiscano o meno reato, ma se essi si siano posti come
fattori condizionanti (anche nel concorso dell’altrui errore) della disposta detenzione, per
la loro idoneità, da valutarsi ex ante, a trarre in inganno l’autorità giudiziaria (Sez.IV,
1.10.2002, n.12261).
6. Alla luce di tali consolidati principi deve allora ritenersi del tutto corretta, oltre
che congruamente e logicamente motivata la pronuncia della Corte di Brescia, la quale ha
evidenziato, come profilo di colpa ostativo al riconoscimento dell’indennizzo, i numerosi
contatti telefonici del Baldini con persone coinvolte in un traffico internazionale di
stupefacenti, in particolare con Brunelli Giampaolo, ritenuto principale protagonista d’

dell’ingiusta detenzione, va individuata in quella condotta che, pur tesa ad altri risultati,

tale vicenda; gli assidui rapporti di frequentazione con lo stesso Brunelli, non limitati ad
occasionali incontri, ma ad intere giornate presso la tenuta agricola di questi – si segnala
in particolare una gita del Baldini unitamente alla propria ragazza e ad altra coppia della
quale poi non avrebbe saputo fornire alcun elemento utile alla individuazione -, elementi
tutti che consentono di affermare come egli, benché assolto dalla imputazione ascrittagli,
non fosse ignaro delle condotte illecite delle persone con cui si accompagnava e che
sicuramente non ne avrebbero accettato la presenza come ignaro testimone.

sicuramente coinvolta nel traffico di droga in base agli elementi probatori acquisiti nel
processo, che ha indotto il G.U.P. alla pronuncia assolutoria, non esclude ai fini che
interessano in questa sede quella condotta quanto meno reticente e connivente, ritenuta
dai giudici di merito, ostativa all’accoglimento del ricorso.
Invero, fermo restando l’insindacabile diritto al silenzio o alla reticenza o alla
menzogna da parte dell’imputato, nell’ipotesi in cui solo questi sia in grado di fornire una
logica spiegazione al fine di eliminare il valore indiziante di elementi acquisiti nel corso
delle indagini, non il silenzio o la reticenza, in quanto tali, rilevano ma il mancato
esercizio di una facoltà difensiva, quanto meno sul piano dell’allegazione di fatti
favorevoli, che se da solo non può essere posto a fondamento della colpa grave, vale
però a far ritenere l’esistenza di un comportamento omissivo causalmente efficiente nel
permanere della misura cautelare, del quale può tenersi conto nella valutazione globale
della condotta, in presenza di altri elementi di colpa (Sez.IV, 23.2.2012, n.7296): nella
specie il Baldini ha fornito a propria difesa una versione dei fatti oltre che assolutamente
non credibile, ostativa alla identificazione di altro soggetto coinvolto nella condotta
illecita, elementi tutti valutati negativamente dai giudici di merito ai fini della richiesta di
riparazione.
7. Ne deriva il rigetto del ricorso e la condanna del Baldini al pagamento delle
spese processuali. Vanno invece compensate quelle tra le parti poiché l’Avvocatura dello
Stato, si è limitata ad una mera resistenza al proposto ricorso, con breve richiamo alla
motivazione della pronuncia della Corte territoriale.

P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna

ricorrente al

pagamento delle spese processuali; compensa le spese tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23 ottobre 2015

Il Presi ente

Dunque, l’incertezza della identificazione del Baldini in tale “Jacopo”, persona

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