Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25736 del 20/03/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 25736 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MELI FABIO N. IL 27/11/1978
avverso la sentenza n. 643/2011 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 04/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. O -7(det CRANI. ut izgo
che ha concluso per
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Data Udienza: 20/03/2015

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Caltanissetta ha confermato la
sentenza emessa in data 31 maggio 2011 dal Tribunale della stessa città, che aveva
dichiarato l’imputato FABIO MELI, in atti generalizzato, colpevole del riciclaggio di un camper
FIAT DUCATO (perpetrato mediante apposizione a detto mezzo della targa appartenente ad
un autocarro di sua proprietà), provento di appropriazione indebita, condannandolo alla pena

Contro tale provvedimento, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i
seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto
dall’art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.:
– difetto di motivazione (la Corte di appello avrebbe trascurato di esaminare in concreto i
motivi di gravame della difesa – che richiama per relationem -, con i quali aveva chiesto
qualificarsi il fatto ex art. 712 c.p.);
– erronea applicazione dell’art. 648-bis, comma 3, c.p.;
– erronea applicazione dell’art. 648-bis c.p. per carenza del necessario dolo.
All’odierna udienza pubblica, è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito; all’esito, la
parte presente ha concluso come da epigrafe, e questa Corte Suprema, riunita in camera di
consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in pubblica
udienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché assolutamente privo di specificità in tutte le sue
articolazioni (reiterando, più o meno pedissequamente, censure già dedotte in appello e già
non accolte – Sez. IV, sentenza n. 15497 del 22 febbraio – 24 aprile 2002, CED Cass. n.
221693; Sez. VI, sentenza n. 34521 del 27 giugno – 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133 -,
peraltro richiamate soltanto

per relationem,

piuttosto, che, come necessario,

dettagliatamente esposte in riferimento ai capi e/o punti della sentenza impugnata oggetto di
doglianza – Sez. II, sentenza n. 9029 del 25 febbraio 2014, CED Cass. n. 258962 -), del tutto
assertivo e, comunque, manifestamente infondato, a fronte dei rilievi con i quali la Corte di
appello – con argomentazioni giuridicamente corrette, nonché esaurienti, logiche e non
contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede – ha motivato
l’affermazione di responsabilità e la qualificazione giuridica del fatto accertato valorizzando (f.
2 ss.), oltre all’accertata disponibilità del bene in oggetto, la circostanza che l’imputato ha
consapevolmente acquistato un autocarro di non trascurabile valore privo di targhe e

ritenuta di giustizia.

documenti di proprietà, da soggetto che non ha saputo identificare (asserendo trattarsi di un
soggetto conosciuto solo di vista), con giustificazione (f. 3 s.) motivatamente ritenuta
assolutamente incongrua.
In tal modo, la Corte di appello si è correttamente conformata – quanto alla prova del
dolo ed alla qualificazione giuridica del fatto accertato – al consolidato orientamento di questa
Corte (per tutte, Sez. II, n. 29198 del 25 maggio 2010, Fontanella, rv. 248265), per il quale,
ai fini della configurabilità dei reati di ricettazione e riciclaggio, la prova dell’elemento

della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di
occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede; d’altro canto (Sez. II, n.
45256 del 22 novembre 2007, Lapertosa, rv. 238515), ricorre il dolo di ricettazione o
riciclaggio nella forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio che
la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice
mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi
contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta provenienza. Né si richiede all’imputato di
provare la provenienza del possesso delle cose, ma soltanto di fornire una attendibile
spiegazione dell’origine del possesso delle cose medesime, assolvendo non ad onere
probatorio, bensì ad un onere di allegazione di elementi, che potrebbero costituire
l’indicazione di un tema di prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice, e che
comunque possano essere valutati da parte del giudice di merito secondo i comuni principi del
libero convincimento (in tal senso, Cass. pen., Sez. un., sentenza n. 35535 del 12 luglio – 26
settembre 2007, CED Cass. n. 236914).

Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente,
limitandosi a reiterare le doglianze già sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la
propria diversa “lettura” delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed
indimostrate congetture, senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti.

La seconda doglianza non è consentita, poiché riguarda violazione di legge in assoluto
dedotta per la prima volta in questa sede (più in generale, in appello non era stata articolata
alcuna doglianza inerente al trattamento sanzionatorio).

La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – apparendo
evidente che egli ha proposto il ricorso determinando la causa di inammissibilità per colpa
(Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa della somma di Euro mille in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione
pecuniaria.

soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell’omessa o non attendibile indicazione

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, udienza pubblica

Il Presidente

Il Comilonente estensore

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