Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25705 del 24/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25705 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MULLIRI GUICLA

ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
Dudau Ionela Iuliana, nata in Romania il 4.1.88
El Khadraoui Hamid, nato in Marocco 1’1.1.87
imputati artt. 110 c.p. 73 T.U. stup.
avverso la sentenza del G.i.p. presso il Tribunale di Verona dell’11.7.14
Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
osserva

Con il provvedimento impugnato, ai ricorrenti è stata applicata (EI Khadraoui) la pena di
anni 3 di reclusione e 10.000 C di multa e (Dudau) la pena di anni 2 e mesi 2 di reclusione e
6000 C di multa in ordine al reato di cui agli artt. 110 c.p., 73 T.U. 309/90.
Le presenti impugnazioni censurano il fatto che il giudice non abbia motivato circa le
ragioni della mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. (EI
Khadraoui) e (Dudau) che la pena sia troppo severa.
I ricorsi sono manifestamente infondati e, quindi, inammissibili.
A prescindere dalla loro assoluta genericità e sostanziale assertività (ragioni di per sé sole
sufficienti a giustificare la presente pronunzia) va, poi, rammentato che l’accordo sulla pena “esonera il
giudice dall’obbligo di motivazione sui punti non controversi della decisione” ( da ult., Sez. II, 12.10.05,
P.M. in proc. Scafidi, Rv. 232844). Conseguentemente, anche una valutazione sintetica del fatto,
operata in sentenza, deve considerarsi più che sufficiente a giustificare la ratifica dell’accordo
raggiunto dalle parti. Ed infatti, per giurisprudenza costante di questa S.C. risalente nel tempo, Sez.
III 18.6.99, Bonacchi, Rv. 215071 — e ribadita anche di recente — Sez. I 10.1.07, Brendolin, Rv. 236622), la sentenza del

Data Udienza: 24/04/2015

giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti (escludendo che ricorra una delle ipotesi di
proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p.) può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il
profilo del vizio di motivazione, soltanto se, dal testo della sentenza impugnata, appaia
evidente la sussistenza di una causa di non punibilità ex art. 129. Diversamente, (sez. V 15.4.99,
Barba, Rv. 213633; Sez. V 15.4.99, Barba, Rv. 213633; Sez. I, 27.9.94, Magliulo, n. 3980 e, più di recente, Sez. i, 14.12.10,

non è necessario che il giudice dia conto, nella
motivazione, della esclusione di tale causa, “essendo sufficiente anche una implicita
motivazione” a riguardo.
Ciò è – esattamente – quanto avvenuto nella specie ove, si segnala che gli imputati
sono stati arrestati in flagranza e la Dudau, nell’ammettere le proprie responsabilità ha indicato
in El Khadraoui il destinatario della droga (ed infatti, quest’ultimo aveva seguito la donna dal
momento del suo arrivo e, quindi, aveva tentato di darsi alla fuga al momento del controllo.
Quanto alla congruità della pena irrogata alla Dudau, deve rammentarsi che questa
Corte, in tema di patteggiamento, ha reiteratamente affermato che ( ex multis: Sez. VI 10.4.03, Valetta,
Rv. 228405) — che “la parte non può dolersi della misura della pena “patteggiata”, a meno che si
versi in ipotesi di pena illegale perché la richiesta di applicazione della pena e l’adesione alla
pena proposta dall’altra parte integrano un negozio di natura processuale che, una volta
perfezionato con la ratifica del giudice che ne ha accertato la correttezza, non è revocabile
unilateralmente, sicché la parte che vi ha dato origine, o vi ha aderito – e che ha così
rinunciato a far valere le proprie difese ed eccezioni – “non è legittimata, in sede di ricorso per
cassazione, a sostenere tesi concernenti la congruità della pena, in contrasto con
l’impostazione dell’accordo al quale le parti processuali sono addivenute” (sez. III, 27.3.01, Ciliberti,
Rv. 219852).

Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese processuali e, ciascuno, al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di
1500 C.

P.Q.M.
Visti gli artt. 610 e ss. c.p.p.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali
e, ciascuno, al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1500 C.

Così deciso in Roma nell’udienza del 24 aprile 2015

Il Presidente

Capuozzolo, n. 1399; Sez. II, 17.5.12, Orellana, n. 25023)

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