Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25687 del 17/03/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25687 Anno 2015
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: ROCCHI GIACOMO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ZANICCHI MARGHERITA N. IL 16/03/1947
avverso l’ordinanza n. 5011/2014 TRIBUNALE di GENOVA, del
19/05/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;
Data Udienza: 17/03/2015
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RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 19/5/2014, il Tribunale di Genova, in funzione di
giudice dell’esecuzione, respingeva l’istanza di Zanicchi Margherita di revoca
della confisca di tre immobili disposta ai sensi dell’art. 12 sexies d.l. 306 del
1992 con sentenza irrevocabile nei confronti del coniuge Magnoli Domenico,
condannato per usura, sul presupposto dell’intestazione fittizia dei beni.
Il Tribunale analizzava singolarmente la provenienza del denaro utilizzato
Zanicchi, delle spese sostenute e delle testimonianze assunte, che l’intestazione
dell’immobile fosse fittizia e che la proprietà fosse in capo a Domenico Magnoli.
2. Ricorrono per cassazione i difensori di Zanicchi Margherita, deducendo
violazione di legge.
Veniva contestata l’osservazione secondo cui la ricorrente non aveva mai
svolto attività lavorativa; con l’acquisto del primo immobile ella non aveva
aumentato il proprio patrimonio, ma si era limitata a trasformarlo, alienando altri
immobili messi in locazione per acquistare un immobile per la residenza.
Il Tribunale aveva trasformato le proprietà della Zanicchi in proprietà della
coppia di coniugi e aveva ritenuto fittizia l’intestazione dell’immobile alla Zanicchi
per il solo fatto che Magnoli ne aveva la disponibilità, che derivava
esclusivamente dall’essere la coppia coniugata; il fatto che fosse stato Magnoli a
condurre le trattative per l’acquisto degli immobili non comportava che
l’intestazione fosse fittizia; inoltre il Tribunale aveva escluso che Magnoli avesse
fatto una donazione al coniuge.
In un secondo motivo i ricorrenti deducono travisamento della prova
costituita dagli atti di compravendita e illogicità della motivazione con riguardo
all’erroneità del computo aritmetico delle disponibilità economiche della
ricorrente: motivo ampiamente e analiticamente esposto, con la conclusione che,
all’atto dell’acquisto della casa coniugale, la Zanicchi poteva disporre della
somma di lire 531 milioni, pari al prezzo pagato.
I ricorrenti concludono per l’annullamento del provvedimento impugnato
senza rinvio limitatamente alla confisca di metà dell’abitazione sita in Busalla; in
ipotesi per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
A seguito dell’assegnazione del ricorso a questa Sezione sulla base della
carenza di procura speciale dei difensori, i difensori di Zanicchi Margherita hanno
depositato memoria difensiva con allegate le procure rilasciate dalla ricorrente.
per l’acquisto dei tre immobili giungendo a ritenere, sulla base dei redditi della
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile in quanto presentata da difensori privi di
procura speciale.
In effetti, come più volte ribadito da questa Corte, poiché il terzo interessato
alla confisca sta in giudizio col ministero del difensore munito di procura speciale
ex art. 100 cod. proc. pen., è inammissibile il ricorso per cassazione presentata
La procura in questione non può essere confusa con il mandato defensionale
di cui all’art. 96 cod. proc. pen., né è ammessa alcuna regolarizzazione in caso di
difetto di rappresentanza.
La questione dell’assenza di procura speciale è ovviamente rilevabile
d’ufficio, cosicché la circostanza che il Tribunale di Genova abbia implicitamente
ritenuto la odierna ricorrente munita di procura speciale non incide sulla
valutazione di questa Corte.
Ebbene, quello prodotto con la memoria difensiva depositata dopo
l’assegnazione del ricorso alla Settima Sezione penale è chiaramente un
mandato difensivo ex art. 96 cod. proc. pen. e non integra le caratteristiche
richieste dall’art. 100 cod. proc. pen. per la sua genericità e per il riferimento
solo eventuale al possibile ricorso per cassazione.
2. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle Ammende, non
esulando profili di colpa nel ricorso palesemente infondato (v. sentenza Corte
Cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 17 marzo 2015
Il Consigliere estensore
Il Presidente
dal difensore del terzo interessato privo di tale procura speciale.