Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25673 del 17/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25673 Anno 2015
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GORICA ARJAN N. IL 23/03/1979
avverso l ‘ordinanza n. 60/2014 CORTE APPELLO di LECCE, del
21/05/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;

Data Udienza: 17/03/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 21/5/2014, la Corte d’appello di Lecce, in funzione di
giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza di Gorica Arjan di riconoscimento del
vincolo della continuazione tra i reati giudicati con due sentenze, la prima del
G.I.P. del Tribunale di Torino per un’ipotesi di cessione continuata di sostanze
stupefacenti commessa a Torino il 7/11/2006 e la seconda per la partecipazione
ad un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti commessa

commesse a Roma, Milano e Novara fino al novembre 2005.
Secondo la Corte, nonostante la natura comune dei reati, non potevano
evincersi elementi sintomatici di un’unitaria deliberazione unitaria: in effetti, la
partecipazione di Goríca all’associazione per delinquere risultava proseguita fino
al gennaio 2006 a Brindisi, mentre la cessione di stupefacente oggetto della
sentenza del Tribunale di Torino era stata posta in essere nel novembre del
2006, in luogo del tutto diverso; né emergevano elementi diversi (quale, ad
esempio, l’identità dei correi) che, al di là delle contestazioni formali, facessero
ritenere che anche quella cessione faceva parte dei reati fine dell’associazione
per delinquere.
Non risultava, infine, che i reati commessi fossero dipendenti e collegati allo
stato di tossicodipendenza del soggetto, peraltro nemmeno attestato.

2. Ricorre per cassazione Gorica Arjan, deducendo violazione degli artt. 81
cpv. cod. pen. e 671 cod. proc. pen..
Il Giudice avrebbe dovuto rilevare la medesima natura dei reati commessi,
la medesima modalità di consumazione e un contesto spazio-temporale
abbastanza omogeneo.
In un secondo motivo il ricorrente deduce vizio della motivazione: il giudice
non aveva indicato i motivi per i quali aveva rigettato l’istanza di continuazione.
In particolare, la Corte territoriale non aveva tenuto conto che la seconda
sentenza aveva già riconosciuto il vincolo della continuazione tra i reati
contestati e non aveva spiegato perché aveva ritenuto che la condanna subita
dal Tribunale di Torino non riguardasse reato anch’esso riunito da tale vincolo; il
ricorrente sottolinea che alcune cessioni di stupefacente giudicate con la
sentenza della Corte d’appello di Lecce erano state commesse a Novara. La Corte
si era, quindi, limitata ad una disanima astratta e generica.
In un terzo motivo, il ricorrente sottolinea di essere stato tossicodipendente
da cocaina all’epoca dei fatti.

2

a Brindisi nel gennaio del 2006 nonché per precedenti cessioni di droga

Il ricorrente ha depositato memoria con la quale ribadisce i motivi del
ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e genericità dei
motivi.

significativi per dimostrare che i delitti commessi, giudicati con le due sentenze
di condanna, fossero frutto di una previa deliberazione unitaria.
In effetti, questa Corte ha costantemente affermato che l’unicità del disegno
criminoso necessaria per il riconoscimento della continuazione presuppone
l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti
nella mente del reo nella loro specificità, e che la prova di tale congiunta
previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano
significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle
condotte poste in essere.

Il ricorrente si limita a sottolineare elementi che la Corte aveva già valutato
come insufficienti – la medesima natura dei reati commessi, la distanza
temporale non eccessiva, la consumazione a Novara (quindi non troppo lontano
da Torino) di uno dei reati giudicati dall’A.G. di Lecce, ritenuto riunito per
continuazione al reato associativo e agli altri reati fine – ma non aggiunge
alcunché (né evidentemente lo aveva allegato all’istanza) per dimostrare che
prima del giugno 2005 (epoca di consumazione dei primi reati – fine giudicati
nella sentenza della Corte di appello di Lecce) era stata prevista e programmata
la cessione di stupefacenti che sarebbe stata compiuta nel novembre 2006 a
Torino (oggetto della sentenza del G.I.P. del Tribunale di Torino).
Il richiamo allo stato di tossicodipendenza, infine, è del tutto generico.

2. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta congrua, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle Ammende, non
esulando profili di colpa nel ricorso (v. sentenza Corte Cost. n. 186 del 2000).

3

La Corte territoriale ha ritenuto che, dagli atti, non emergessero elementi

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 alla Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 17 marzo 2015

Il Consigliere estensore

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