Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25660 del 17/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25660 Anno 2015
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PANZECA GIUSEPPE N. IL 18/11/1956
avverso l’ordinanza n. 969/2012 CORTE APPELLO di PALERMO, del
07/04/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;

Data Udienza: 17/03/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 7/4/2014, la Corte di appello di Palermo, in funzione di
giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta dai difensori di Panzeca
Giuseppe di riconoscimento della continuazione tra il delitto di cui all’art. 416 bis
cod. pen. e quello di cui all’art. 223 legge fallimentare, giudicati con due diverse
sentenze di condanna emesse dalla stessa Corte.
La Corte rilevava che la partecipazione di Panzeca a Cosa Nostra era stata

risalivano ad epoca successiva (il fallimento era stato dichiarato solo
111/2/1999) e, soprattutto, la distrazione dei beni della società Salpancora non
era riconducibile alla partecipazione di Panzeca a Cosa Nostra; nessuna prova
era stata fornita che tale distrazione fosse stata programmata dal condannato in
epoca remota, né che fosse stata posta in essere in esecuzione di un patto
associativo mafioso né, ancora, che fosse stata eseguita a favore di altri
associati.

2. Ricorrono per cassazione i difensori di Panzeca Giuseppe, deducendo
violazione di legge e vizio di motivazione.
Per rimarcare la distanza temporale tra i due reati, la Corte aveva fatto
riferimento, da una parte, alla data del 17/3/1995, giorno in cui era stata
eseguita misura cautelare per il delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen. nei
confronti di Panzeca, dall’altra alla data della sentenza dichiarativa di fallimento
della società: ma ciò che rilevava era l’epoca delle condotte di distrazione, che
risalivano all’8/1/2007, come si evinceva dallo stesso capo di imputazione.
La Corte, inoltre, avrebbe dovuto tenere conto che Panzeca era stato
condannato come amministratore di fatto della società e che tale ruolo era stato
dedotto dalle dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia, che avevano accusato
il ricorrente di svolgere nell’interesse di Cosa Nostra attività imprenditoriali, tra
cui, secondo il pentito Lanzalaco, anche la gestione di fatto della società poi
fallita. I ricorrenti riportano stralci della sentenza di condanna del Tribunale di
Palermo per il delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen. che fanno riferimento alla
società Salpancora.
Risultava, così, plausibile che anche le distrazioni fittizie operate avessero
ricevuto l’avallo di Cosa Nostra, in forza della quale Panzeca gestiva la società.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.

2

riconosciuta fino al 17/3/1995, mentre le condotte di bancarotta fraudolenta

La Corte territoriale individua esattamente i presupposti necessari per
riconoscere il vincolo della continuazione tra i due reati giudicati: la distrazione
dei beni della società poi fallita avrebbe dovuto essere stata programmata dal
condannato in epoca remota (così come era remota la partecipazione ex art. 416
bis cod. pen.) e avrebbe dovuto essere realizzata in essere in esecuzione di un

patto associativo mafioso e a favore di altri associati.

In effetti, l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata ed unitaria

nella loro specificità, e la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata,
di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del
dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere.

Non era, quindi, sufficiente la prova che la Salpancora fosse stata di fatto
amministrata da Panzeca su incarico di Cosa Nostra: la condotta illecita ai sensi
dell’art. 223 legge fall. è quella distrattiva e l’epoca in cui essa è stata posta in
essere è esattamente individuata; quindi, la distrazione dei beni avrebbe dovuto
essere programmata fin dall’inizio per ritenerla legata per continuazione al delitto
di cui all’art. 416 bis cod. pen.; e, senza dubbio, il fatto che l’associazione
mafiosa fosse beneficiaria di tale distrazione sarebbe stato l’indice della
sussistenza del vincolo.
I passi delle sentenze del Tribunale di Palermo riportati in ricorso, al
contrario, si limitano a descrivere la fase di gestione della società da parte di
Panzeca per conto di Cosa Nostra e a riferire di versamenti di somme di denaro
da parte della Salpancora all’epoca della sua operatività: niente affermano,
invece, circa la genesi dell’attività distrattiva di poco precedente al fallimento
della società, la sua programmazione da epoca remota e la destinazione data alle
somme distratte.

2. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle Ammende, non
esulando profili di colpa nel ricorso (v. sentenza Corte Cost. n. 186 del 2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 alla Cassa delle

3

ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo

Ammende.

Così deciso il 17 marzo 2015

Il Presidente

Il Consigliere estensore

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