Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25657 del 19/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 25657 Anno 2013
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LOMBARDO CARLO N. IL 14/07/1959
avverso l’ordinanza n. 1172/2012 TRIB. LIBERTÀ’ di REGGIO
CALABRIA, del 28/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. m
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Data Udienza: 19/04/2013

Ritenuto in fatto
1. – Con atto in data 7.2.2013, Carlo Lombardo, a mezzo del
proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso
l’ordinanza emessa in data 28.12.2012/14.1.2013 con la quale il tribunale del riesame di Reggio Calabria ha confermato l’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere emessa, a
carico del ricorrente, in data 4.12.2012, dal giudice per le indagini
preliminari presso il tribunale di Reggio Calabria, in relazione alla
commissione di alcuni reati di concorso in detenzione a fini di spaccio, trasporto e spaccio illegali di sostanza stupefacente, nonché del
reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanza
stupefacente, di cui agli artk. 73 e 74, d.p.r. n. 309/90.
2.1. – Con il ricorso proposto, il ricorrente censura l’ordinanza
impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, in ordine
alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, in relazione
alla commissione del reato di associazione per delinquere finalizzata
al traffico di sostanza stupefacente, nonché vizio di motivazione e violazione di legge in relazione al preteso concorso dell’indagato nella
consumazione dei ‘delitti-fine’ contestati.
In particolare, con riguardo ai delitti di cui ai capi 7), io), 26),
33) e 35) della rubrica, il ricorrente si duole che il tribunale del riesame abbia rinvenuto la sussistenza di gravi indizi a carico dello stesso, in presenza di elementi istruttori del tutto privi di gravità, precisione e concordanza e di condotte dell’indagato limitate al compimento di attività del tutto neutre ed equivoche, rispetto alle quali
nessun coinvolgimento, né consapevolezza dell’indagato, circa la consumazione di attività illecite, potevano essere allo stesso ascritti, con
la conseguente esclusione della stessa consapevolezza dell’indagato di
far parte e di agire nell’interesse di un gruppo criminale strutturato,
la cui esistenza, a sua volta, in nessun modo avrebbe potuto desumersi dal mero riscontro della consumazione dei singoli reati in concorso
contestati, in mancanza, come nella specie, di ciascuno dei requisiti
oggettivi di esistenza dell’associazione criminale, costituiti
dall’accordo degli associati, dalla stabilità e dalla permanenza del
vincolo nel tempo e dall’indeterminatezza del programma criminoso.
Sotto altro profilo, il ricorrente censura l’ordinanza impugnata
per non aver comunque ritenuto il carattere particolarmente tenue
delle ipotesi criminose ravvisate, con l’applicazione del quinto comma dell’art. 73 d.p.r. n. 309/90, con le conseguenti ricadute di tale
valutazione sul piano del trattamento cautelare, anche in termini di
una minore severità.

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Considerato in diritto
3. – Il ricorso è infondato.
Ritiene questa corte che il tribunale del riesame abbia evidenziato sufficienti elementi di prova idonei, nella loro congiunta considerazione, a integrare gli estremi della gravità indiziaria richiesta ai
fini dell’adozione della misura cautelare disposta nei confronti del
ricorrente in relazione a tutti i reati allo stesso ascritti.
E invero, il tribunale calabrese ha accuratamente riproposto,
nell’ordinata disposizione delle conversazioni telefoniche e ambientali intercettate contenuta nella motivazione del provvedimento impugnato, il contesto entro il quale la figura dell’odierno indagato è apparsa inserita con caratteri di certezza e univocità: un contesto legato
alla conduzione di evidenti trattative condotte ai fini della cessione di
considerevoli quantità di sostanza stupefacente, nel quale Carlo
Lombardi è ripetutamente apparso nel ruolo di diretto interessato,
essendo stato più volte richiamato, attraverso l’indiretto riferimento
nell’ambito delle conversazioni tra terzi, nonché attraverso il personale coinvolgimento nelle conversazioni e, infine, attraverso la personale partecipazione a episodi o segmenti di attività coerentemente
collegate al contenuto delle conversazioni captate e univocamente riferibili al compimento di attività di trasporto cessione o offerta in
vendita di sostanza stupefacente.
Sullo sfondo del quadro indiziario tracciato dalle conversazioni
telefoniche e ambientali – già di per sé largamente compromettente in
relazione alla figura di Carlo Lombardi (del quale è stata evidenziata
la sicura padronanza del linguaggio criptico reiteratamente utilizzato
con canoni e metodiche ripetitive e costanti dai partecipanti al sodalizio criminoso) -, la successiva individuazione dei comportamenti
concreti, delle condotte o dei segmenti di attività alle quali l’odierno
ricorrente ha personalmente partecipato (per il trasporto dello stupefacente trattato, la messa a disposizione dei propri mezzi per gli incontri con i fornitori e i destinatari della merce illecita), costituisce un
indiscutibile supporto di riscontro dotato di obiettiva e univoca concretezza, tale da confortare in modo pienamente congruo il ragionamento probatorio condotto dal tribunale del riesame secondo linee
argomentative coerenti e del tutto consequenziali tra loro.
È appena il caso di sottolineare come gli elementi istruttori in
questa sede utilizzati dal tribunale del riesame chiedono d’essere valutati nella fluida prospettiva della gravità indiziaria riferita alla riconducibilità all’indagato delle fattispecie criminose allo stesso
ascritte, la cui funzione (lungi dall’attestare in termini di piena cer-

2.2. – Con memoria pervenuta presso questa Corte in data
5.4.2013, il ricorrente ha insistito per raccoglimento del ricorso con il
conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

tezza probatoria il ricorso della responsabilità penale dell’indagato)
non può che limitarsi al riscontro di una rilevante probabilità di fondatezza delle ipotesi criminose prospettate in sede d’accusa.
Entro i confini segnati da tali premesse dev’essere, pertanto,
considerato il tema della prova, tanto dell’effettiva consumazione dei
reati-fine e del reato associativo oggetti dell’odierno esame, quanto
dell’effettiva consapevolezza e volontà dell’indagato di partecipare al
sodalizio criminoso de quo, attraverso l’assicurazione di un contributo causale utile e rilevante per gli scopi associativi.
Valgano, al riguardo: i) in relazione al capo 7) della rubrica, i
riferimenti all’inequivoco contenuto delle conversazioni telefoniche
intercettate e al successivo riscontro delle osservazioni della polizia
giudiziaria, circa la partecipatone di Carlo Lombardo alla spedizione,
alla volta di Crotone, per il trasporto e la consegna dello stupefacente
trattato; 2) in relazione al capo io) della rubrica, i riferimenti
all’inequivoco contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate
durante le quali Carlo Lombardo manifesta, sia pure alle proprie
condizioni, la disponibilità al trasporto dello stupefacente trattato; 3)
in relazione al capo 26) della rubrica, i riferimenti al palese contenuto
delle conversazioni telefoniche intercettate avente a oggetto la sostanza stupefacente destinata allo spaccio; 4) in relazione al capo 33)
della rubrica, i riferimenti all’inequivoco contenuto delle conversazioni telefoniche, tanto di Giuseppe Lombardo, quanto di Carlo Lombardo, espressivi della prudente circospezione degli indagati con riguardo al viaggio, appena effettuato a Crotone, per la consegna di sostanza stupefacente; 5) in relazione al capo 35) della rubrica, i riferimenti al chiaro contenuto delle conversazioni telefoniche e ambientali intercettate, durante le quali il linguaggio dei partecipanti appare
inequivocabilmente diretto all’organizzazione del trasporto e della
cessione di rilevanti quantità di sostanza stupefacente; 6) in relazione
al capo 1.) della rubrica, la ricostruzione puntuale, da parte del tribunale del riesame, dei caratteri oggettivi propri dell’associazione per
delinquere, individuati: nella ricorrenza di continui traffici di stupefacenti; nell’analogia delle modalità operative; nel linguaggio convenzionale costantemente utilizzato; nella reciproca stabile affidabilità
tra i diversi interlocutori; nel carattere collettivo (di gruppo) dei movimenti destinati al trasporto di considerevoli quantitativi di stupefacenti; nella velocità d’intesa tra il conversanti nonostante le poche e
criptiche sillabe pronunciate nei dialoghi captati, indicativa di convenzioni sviluppatesi e consolidatosi attraverso continue e analoghe
relazioni illecite: velocità d’intesa cui corrisponde una successiva
pronta azione del soggetto chiamato, che subito afferra il significato
reale della conversazione cifrata mostrandosi immediatamente pronto a fornire concrete risposte operative al suo interlocutore; la comunità della base operativa individuata con continuità in Marina di

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Gioiosa, ove risiede la maggior parte degli interessati; la continuità
dei trasporti e dei viaggi verso Crotone, unite al carattere strutturale
dei collegamenti con sonetti operanti nel catanzarese; la riconoscibile definizione dei ruoli affidati a ciascun partecipante nella catena di
smercio dello stupefacente; l’apprezzabile e significativo arco temporale in cui si è svolta l’attività associativa (cfr. pagg. 71 ss.
dell’ordinanza impugnata).
Il complesso di tali elementi di prova, adeguatamente considerato ed elaborato sul piano ricostruttivo dal giudice del riesame, vale
a integrare, in termini di concretezza ed effettività, la sostanza di un
apparato motivazionale pienamente condivisibile, siccome dotato di
un conveniente livello di coerenza logica e di linearità argomentativa,
anche in relazione all’esclusione della fattispecie di lieve entità di cui
al comma quinto dell’art. 73 d.p.r. n. 309/90; da ciò conseguendo la
conferma della bontà del ragionamento probatorio seguito nel provvedimento impugnato in ordine alla rilevante probabilità
dell’effettiva consumazione di tutte le fattispecie criminose prospettate con riferimento all’odierno ricorrente.
4. – Il riscontro dell’integrale infondatezza dei motivi
d’impugnazione illustrati con il ricorso proposto in questa sede, impone il rigetto dello stesso e la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna
il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento
sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’art. 94 e. i ter disp. att, del c.p.p.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19.4.2013.

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