Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25652 del 29/05/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 25652 Anno 2013
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SANKOVIC RADOMIR N. IL 01/01/1982
avverso la sentenza n. 1108/2010 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
26/09/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 29/05/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. \l s v CgRA.9.,
che ha concluso per r
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Data Udienza: 29/05/2013

Udít+rliAvv.

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Ritenuto in fatto
t. – Con sentenza resa in data 26.9.2012, la Corte d’appello di
Trieste ha integralmente confermato la sentenza in data 18.2.2010
con la quale il Tribunale di Udine, sezione distaccata di Palmanova,
ha condannato Radomir Sankovic alla pena di due mesi e venti giorni
di reclusione (pena sostituita con quella di euro 3.040,00 di multa),
oltre al pagamento delle spese processuali, in relazione al reato di fuga stradale di cui all’art. 039, comma 6, c.d.s., poiché, alla guida della
propria autovettura, non aveva ottemperato all’obbligo di fermarsi a
seguito di un incidente stradale dallo stesso provocato in Cervignano
il 10.9.2008.
Avverso la sentenza d’appello, per mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato affidato a tre motivi
d’impugnazione.
2.1. – Con il primo motivo, l’imputato censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione, avendo la corte territoriale ritenuto
sussistente la responsabilità penale dell’imputato sulla base delle dichiarazioni rese da alcuni testi escussi nel corso del processo, il cui
contenuto era viceversa rimasto smentito dalle dichiarazioni di altri
testi, segnatamente dei testi Dogo e Jovanovic, dalle quali erano
emerse le circostanza del mancato ricorso di alcun incidente; della
mancata percezione di alcun contatto avvenuto tra la vettura
dell’imputato e la supposta vittima dell’incidente e l’assenza di alcuna
fuga dell’imputato dal luogo del preteso investimento.
Sulla base di tali premesse, la decisione della corte territoriale,
ad avviso del ricorrente, doveva ritenersi del tutto priva di coerenza
logica, avendo omesso di dar conto e di risolvere le indicate contraddizioni emerse nel corso dell’istruttoria, segnatamente sotto il profilo
della maggiore attendibilità delle dichiarazioni rese solo da alcuni testi escussi rispetto a quelli di segno contrario.
Con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza
impugnata per violazione di legge in relazione agli artt. 189, comma
6, c.d.s. e 43 c.p., avendo la corte territoriale nella specie riconosciuto
l’integrazione del delitto di fuga stradale contestato all’imputato, senza tener conto della circostanza che l’imputato non aveva in nessun
caso potuto rappresentarsi l’avvenuta provocazione di lesioni a carico
della persona offesa, avuto riguardo alle specifiche modalità di accadimento dei fatti.
2.2. –

2.3. — Con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge in relazione agli artt. in, comma 6,
Cost., 192 c.p.p. e art. 5, legge n.46/2006, avendo la corte territoriale

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Considerato in diritto
3. — Tutti e tre i motivi di ricorso – congiuntamente esaminabilPfagione dell’intima connessione delle questioni dedotte – sono infondati.
Secondo il consolidato indirizzo di questa corte di legittimità,
ai fini della correttezza e della logicità della motivazione della sentenza, non occorre che il giudice di merito dia conto, in essa, della valutazione di ogni deposizione assunta e di ogni prova, come di altre
possibili ricostruzioni dei fatti che possano condurre a eventuali soluzioni diverse da quella adottata, egualmente fornite di coerenza logica, ma è indispensabile che egli indichi le fonti di prova di cui ha tenuto conto ai fini del suo convincimento, e quindi della decisione, ricostruendo il fatto in modo plausibile con ragionamento logico e
argomentato (cfr. Cass., Sez. i, n. 1685/1998, Rv. 210560; Cass., Sez.
6, n. 11984/1997, Rv. 209490).
Tale principio, in particolare, appare coerente con il circoscritto orizzonte riservato all’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione, dovendo il sindacato demandato alla Corte di
cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari
punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso
per sostanziare il suo convincimento. Esula, infatti, dai poteri della
Corte di cassazione quello di una `rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva,
riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più
adeguata, valutazione delle risultanze processuali (v. Cass., Sez. Un.,
n. 6402/1997, Rv. 207944, ed altre di conferma).
In altri termini, una volta accertata la coerenza logica delle argomentazioni seguite dal giudice di merito, non é consentito alla Corte di cassazione prendere in considerazione, sub specie di vizio motivazionale, la diversa valutazione delle risultanze processuali prospettata dal ricorrente secondo il proprio soggettivo punto di vista (Cass.,
Sez. i, n. 6383/1997, Rv. 209787; Cass., Sez. i, n. 1083/1998, Rv.
210019).
Nel caso di specie, la corte territoriale, riprendendo e confermando le argomentazioni sul punto illustrate nella sentenza di primo
grado, ha ricostruito le circostanze di fatto poste a fondamento della
ritenuta responsabilità dell’imputato muovendo dalle dichiarazioni
rese dalla vittima in sede di querela, espressamente e immediatamente confermate dalle deposizioni rese dai testimoni oculari Stabile e

pronunciato la condanna dell’imputato pur in presenza di consistenti
e ragionevoli dubbi riferibili alla relativa responsabilità penale.

Gereon, indicati come soggetti terzi, estranei ai protagonisti del sinistro, e per ciò stesso privi di alcun interesse all’affermazione di una
particolare versione dei fatti accaduti: testimonianze dalle quali sono
emerse le circostanze relative all’effettiva sussistenza
dell’investimento tra il paraurti anteriore sinistro dell’autovettura
dell’imputato e il ginocchio della vittima, nonché dell’intervento di
una terza persona che ha prestato soccorso nell’immediatezza alla vittima aiutandola ad attraversare la strada e provvedendo alla tempestiva annotazione del numero di targa del veicolo investitore; circostanze dalle quali la stessa corte territoriale ha ragionevolmente tratto la conferma dell’intenzione dell’imputato, nel frattempo allontanatosi, di non fermarsi al fine di fornire i propri dati anagrafici e di prestare la necessaria assistenza.
La stessa corte ha infine escluso l’attendibilità della teste Dogo, moglie dell’imputato, siccome ragionevolmente interessata, a
causa degli stretti e immediati vincoli parentali con l’imputato, a fornire una benevola versione dei fatti a vantaggio del proprio coniuge.
La robustezza del quadro probatorio e la coerente e lineare argomentatone indicata a sostegno della ricostruzione dei fatti così
come compendiata nelle sentenze di merito (altresì confermata, sul
piano documentale, dal certificato medico di pronto soccorso allegato
agli atti del processo, attestante il ricorso di lesioni a carico della vittima dell’incidente ampiamente compatibili con la dinamica riferita
dei testi in precedenza richiamati) devono ritenersi pienamente compatibili con la trascurata valutazione del residuo testimone indicato
dall’odierno ricorrente (Jovanovic), le cui dichiarazioni (solo parzialmente e genericamente riportate nell’atto d’impugnazione in questa sede proposto dal ricorrente) appaiono del tutto prive di alcuna
radicale e irriducibile contraddizione con la lineare e coerente ricostruzione dei fatti accreditata dai giudici del merito.
Sulla base di tale ricostruzione dei fatti, appare del tutto corretta la valutazione operata dalla corte territoriale in ordine alla ragionevole ricostruzione della volontà dell’imputato di non arrestarsi
al fine di fornire i propri dati anagrafici e l’assistenza necessaria (cfr.
pag. 2 della motivazione della sentenza d’appello), avuto riguardo alla
immediata riconoscibilità degli elementi essenziali del fatto dannoso
provocato, stante, peraltro, la piena compatibilità, con il reato contestato all’imputato, dell’elemento soggettivo del dolo eventuale, ossia
dalla consapevolezza del verificarsi di un incidente riconducibile al
proprio comportamento che sia concretamente idoneo a produrre
eventi lesivi, senza che debba riscontrarsi l’esistenza di un effettivo
danno alle persone (Ca.ss., Sez. 4, n. 17220/2012, Rv. 252374; Cass.,
Sez. 4, n. 34134/2007, Rv. 237239).
11 complesso degli elementi probatori evidenziato dalla corte di
merito vale conclusivamente a escludere il ricorso di apprezzabili

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4. — Al riscontro dell’infondatezza di tutti i motivi di doglianza
avanzati dall’imputato segue il rigetto del ricorso e la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29.5.2013.

elementi d’incertezza in ordine alla responsabilità penale
dell’imputato, dovendo pertanto escludersi alcuna fondatezza della
corrispondente censura sollevata dal ricorrente, circa la pretesa sussistenza di ragionevoli dubbi riferibili al riconoscimento della relativa
responsabilità penale.

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