Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25649 del 28/05/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 25649 Anno 2013
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BUONA VITA MASSIMO N. IL 24/08/1968
avverso la sentenza n. 2918/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
27/09/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/05/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI
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Udito il Procuratore Gnerale in persona del Dott. V
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che ha concluso per O
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 28/05/2013

Ritenuto in fatto

BUONAVITA Massimo propone ricorso per cassazione avverso la sentenza con la quale la Corte
di appello di Napoli ha confermato quella di primo grado che lo ha ritenuto responsabile della
contravvenzione di guida in stato di ebbrezza, commessa in data 24.8.2007, e lo ha
condannato alla pena di giorni 6 di arresto ed euro 400 di ammenda, pena convertita nella

Il giudice individuava le prove della responsabilità dell’ imputato attraverso i risultati dei
controlli ematici eseguiti sul medesimo al Pronto Soccorso, ove era stato portato a seguito
dell’incidente stradale in cui era rimasto coinvolto, dallo stesso espressamente autorizzati,
come emergeva dalla firma apposta in calce all’autorizzazione al prelievo ematico, mai
disconosciuta.
Il Tribunale riteneva non credibile la versione dell’imputato che aveva tentato di accreditare un
proprio stato confusionale che gli avrebbe impedito di rendersi conto di cosa gli stava
accadendo, posto che io stesso non solo non aveva disconosciuto la firma apposta in calce sia
all’autorizzazione al prelievo ematico che al modulo di dimissioni, ma aveva taciuto la
circostanza di aver rifiutato il ricovero. A riprova ulteriore dello stato di coscienza del Buonavita
veniva evidenziata la deposizione del sanitario, che aveva attestato la condizione di lucidità
dell’imputatoi e quella del militare, il quale aveva personalmente interloquito con lo stesso.

Con il primo motivo deduce la omessa declaratoria di prescrizione del reato da parte della
Corte di appello.
Con il secondo motivo lamenta l’inosservanza della legge penale asserendo il vizio di consenso
al prelievo ematico effettuato nell’immediatezza del ricovero in pronto soccorso carpito
dall’A.G. approfittando dello stato confusionale dell’imputato, ricoverato in ospedale a seguito
di un incidente, con la conseguente inutilizzabilità delle prove acquisite.
Con il terzo motivo si duole della mancanza di motivazione sul motivo di impugnazione con il
quale era stata rilevata la contraddittorietà della motivazione sulla dinamica del fatto nella
sentenza di primo grado laddove prima sostiene che i militari giunti sul posto poterono
constatare la sola presenza dell’auto del prevenuto e poi afferma che i militari ebbero modo di
verificare che il Buonavita, già nel momento in cui veniva condotto, presentava un evidente
stato di ebbrezza.

corrispondente pena pecuniaria.

Considerato in diritto

Il ricorso è manifestamente infondato.

In via preliminare va rilevato che, contrariamente a quanto sostenuto dal difensore, alla data
dell’udienza dinanzi alla Corte di merito, non era ancora decorso il termine di prescrizione del
reato.

di prescrizione, pari a cinque anni ( v. artt. 157, comma 1 e 161, comma 2, c.p.), sarebbe in
astratto decorso il 24 agosto 2012. Bisogna però tener conto, al riguardo, dei periodi di
sospensione della prescrizione.
Nel corso del giudizio di primo grado, nel caso in esame, vi è stato il rinvio dal 9 ottobre 2009
al 19 marzo 2010 su istanza del difensore per concomitante impegno professionale del
medesimo.
Si tratta complessivamente di 160 giorni, che vanno peraltro considerati per intero, nonostante
la disposizione di cui all’art. 159, comma 1, n. 3, c.p., nel testo modificato dalla legge 5
dicembre 2005, n. 251.
Dal tenore letterale di detta disposizione emerge che la limitazione a sessanta giorni (art.
159, comma primo, n. 3, c.p.p.), oltre al “tempo dell’impedimento”, del periodo che può essere
preso in considerazione ai fini della sospensione della prescrizione, trova applicazione
esclusivamente per i rinvii di udienza determinati da impedimento assoluto di una delle parti o
di uno dei difensori, sui quali grava, altresì, l’onere di documentare la durata di detto
impedimento, al fine di consentire al giudicante di valutare il termine della prevedibile
cessazione.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte ( v. da ultimo, Sez. II, 29 marzo 2011,
Ciarlante, rv. 250076), l’impedimento del difensore per contemporaneo impegno professionale,
sebbene tutelato dall’ordinamento con il diritto al rinvio dell’udienza, non costituisce un’ipotesi
d’impossibilità assoluta a partecipare all’attività difensiva e non dà luogo pertanto ad un caso
in cui trovano applicazione i limiti di durata della sospensione del corso della prescrizione
previsti dall’art. 159, comma 1, n. 3, cod. pen., nel testo introdotto dall’art. 6 della L. 5
dicembre 2005, n. 251.
Ne consegue che, in tale ipotesi, il corso della prescrizione è da ritenere essere stato sospeso
per tutto il tempo di differimento dell’udienza e non solo per sessanta giorni.
Ne consegue altresì che alla data della pronuncia della sentenza impugnata (

27 settembre

2012) la prescrizione non si era ancora maturata, in quanto il periodo di differimento
dell’udienza ( 160 giorni) va sommato al termine di legge ( 5 anni), così che la data di
prescrizione va correttamente calcolata, tenuto conto del periodo di sospensione sopra
,
indicato, al 4 febbraio 2013.
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Invero, essendo stata la condotta posta in essere in data 24 agosto 2007, il termine massimo

Ciò premesso, anche gli altri motivi sono manifestamente infondati.
Come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, i risultati del prelievo ematico,
effettuato durante il ricovero presso una struttura ospedaliera pubblica a se g uito di incidente
stradale, sono utilizzabili nei confronti dell’imputato per l’accertamento del reato di guida in
stato di ebbrezza, trattandosi di elementi di prova acquisiti attraverso la documentazione
medica e restando irrilevante, ai fini dell’utilizzabilità processuale, la mancanza del consenso. (

E’ evidente che nel caso in esame non si pone neanche il problema di utilizzabilità dei risultati
del prelievo ematico, essendo incontestata la sottoscrizione da parte del Buonavita
dell’autorizzazione al prelievo.
Quanto all’asserito stato di incoscienza in cui l’imputato avrebbe firmato tale autorizzazione,
non è dubitale che il giudicante abbia fornito adeguata motivazione nell’escludere anche la
sussistenza di uno stato confusionale del Buonavita, attraverso il compiuto riferimento alle
dichiarazioni rese nella qualità di teste dall’operatore sanitario e dal militare che aveva
personalmente interloquito con il prevenuto dopo l’incidente.
La diversa ricostruzione proposta dal ricorrente non può certo trovare accoglimento nel
presente g iudizio, non competendo al giudice di le g ittimità la rinnovazione della valutazione
degli elementi di prova, quando la spiegazione offerta dal giudice del merito è logica e
comunque esauriente.

Con riferimento all’ asserita contraddittorietà delle dichiarazioni rese dai militari in ordine al
tempo del loro intervento e sulla mancanza di motivazione sul punto, oggetto di impugnazione,
da parte del giudice di appello, non può che richiamarsi il consolidato orientamento secondo il
quale in sede di impugnazione, il giudice non è obbligato a motivare in ordine al mancato
accoglimento di istanze, nel caso in cui esse appaiano improponibili sia per genericità, sia per
manifesta infondatezza ( v. in tal senso, Sez. V, 13 gennaio 2012, Riccitelli, rv. 2525229).

Tale situazione è quella che si è verificata nel caso in esame apparendo del tutto irrilevante ai
fini della decisione il momento in cui l’agente ha interloquito con l’imputato, rendendosi conto
dello stato di ebbrezza di quest’ultimo.

L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuto alla manifesta infondatezza dei motivi non
consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di
rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norrrdell’art. 129 c.p.p ( v. Sez. Un., 22
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novembre 2000, n. 32, ric. De Lucafpn lju
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v. da ultimo, Sez. IV, Sez. IV, 4 novembre 2009, Boraco, rv. 245997).

Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende, a titolo di
sanzione pecuniaria, non emergendo ragioni di esonero.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso in data 28 maggio 2013
Il Consigliere estensore

e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

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