Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25647 del 18/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 25647 Anno 2013
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VACIS ALBERTO N. IL 06/07/1978
avverso la sentenza n. 2636/2011 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
06/12/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per j■

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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 18/04/2013

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RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Bergamo, con sentenza del 6/12/2010, dichiarato
colpevole Vacis Alberto del delitto di omicidio colposo, con violazione delle
norme volte a disciplinare la sicurezza sul lavoro, ai danni di Di Dio Salvatore,
condannò il predetto alla pena reputata di giustizia, nonché al risarcimento del
danno in favore della P.C., da liquidarsi in separata sede, ponendo a

1.1. La Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 6/12/2011,
giudicando sull’impugnazione proposta dal Vacis, concesse le attenuanti
generiche con criterio di equivalenza e ridotta la pena, nel restò confermò la
decisione appellata.
2. Per un’adeguata intelligenza delle questioni poste al vaglio di
questa Corte appare necessario riprendere, in sintesi, la vicenda, siccome
ricostruita dai giudici di merito.
Di Dio Salvatore, operaio con mansioni di autista alle dipendenze della A. V.
Strutture s.p.a., società della quale il Vacis era rappresentante legale, nel
mentre erano in corso, in area aziendale, le operazioni di carico di talune
pareti prefabbricate di cemento, lunghe 9,21 m., alte 1.64 m. e spesse 0,26
m. e del peso di 6,8 t., nonostante le avverse condizioni atmosferiche (forte
vento), che avrebbero dovuto imporre misure tecniche ed organizzative
adeguate, invece omesse, decedeva, in quanto travolto da una delle predette
pareti, la quale, già caricata sull’autocarro, era stata colpita da altra, sollevata
per il carico, divenuta oscillante a causa della spinta del vento.
3. L’imputato propone ricorso per cassazione, articolando due
censure.
3.1. Con il primo motivo viene denunziato vizio motivazionale
rilevabile in sede di legittimità.
Male aveva fatto la Corte di merito ad attribuire all’imputato un ruolo di
garanzia: questi, seppure formalmente legale rappresentante della società,
solo da una decina di mesi, non avrebbe dovuto essere chiamato a rispondere
delle manchevolezze del responsabile per la sicurezza (Quanti Marcello) e del
direttore di stabilimento (Ghia Giorgio). Proprio per questa ragione si era
richiesta, ma vanamente, la riapertura del dibattimento. In particolare, il
Quanti aveva omesso di segnalare la situazione rischiosa derivante dalla

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vantaggio di quest’ultima

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presenza di vento al momento dello svolgimento di operazioni di carico e
scarico dei pannelli.
3.2. Con il successivo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art.
589, cod. pen., non essendo rimasto provato che il medesimo avesse avuto
conoscenza della situazione di pericolo: anche tenuto conto del poco tempo
dall’assunzione della carica di rappresentante legale e in assenza di precipua
informativa da parte dei responsabili per la sicurezza era da escludere che
potesse avere avuto consapevolezza della situazione rischiosa. Situazione che,
invece, avrebbe dovuto essere presente dal direttore di stabilimento, garante
della sicurezza dei lavoratori.

CONSIDERATO IN DIRMO
4. La Corte territoriale, con esaustiva e congrua motivazione, in
questa sede non censurabile, ha fondatamente reputato sussistere la penale
responsabilità del ricorrente.
Ovviamente, nel giudizio di legittimità non è consentito sostituire la
motivazione del giudice di merito, pur anche ove il proposto ragionamento
alternativo apparisse di una qualche plausibilità.
Sull’argomento può richiamarsi, fra le tante, la seguente massima, tratta
dalla sentenza n.15556 del 12/2/2008 di questa Sezione, particolarmente
chiara nel delineare i confini del giudizio di legittimità sulla motivazione: Il
nuovo testo dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., come modificato dalla I.
20 febbraio 2006 n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di
apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”,
non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di
legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In
questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di cassazione di
procedere a una rinnovata valutazione dei fatti ovvero a una rivalutazione del
contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via
esclusiva al giudice del merito. Il “novum” normativo, invece, rappresenta il
riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il
cosiddetto travisamento della prova, finora ammesso in via di interpretazione
giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal
procedere a un’inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle
prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde
verificare se il relativo contenuto sia stato o no “veicolato”, senza
travisamenti, all’interno della decisione.

2

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4.1. Costituisce risultanza interpretativa del tutto condivisibile quella
secondo la quale la nomina di un responsabile per la prevenzione e la
sicurezza (senza mutamenti sostanziali rispetto alla normativa in precedenza
in vigore la detta nomina è oggi regolata dall’art. 31 e ss. del d. Igs. n. 81 del
9/4/2008) non esonera affatto il garante (e tale è senz’altro il legale
rappresentante di una società) dalla penale responsabilità; semmai, potendosi
verificare l’ipotesi non infrequente che il responsabile per la sicurezza,
esuberando dai propri compiti di consulenza, fornendo indicazioni operative
assicurare la sicurezza delle condizioni lavorative, venga anch’egli chiamato in
penale responsabilità, senza perciò, comunque, sgravare la posizione del
garante principale (cfr. Cass., Sez. IV, n. 2814/11 del 21/12/2010).
Proprio per questa ragione la Corte bresciana ha correttamente giudicato
ininfluente la dedotta presenza del responsabile per la prevenzione e la
sicurezza in persona di tale Quanti Marcello: non risultando contestate le
pericolose modalità di carico e scarico in uso presso l’azienda (che, peraltro,
solo qualche anno prima avevano procurato identico mortale incidente), che,
in presenza di vento non prevedevano l’interruzione delle stesse,
l’approntamento di ripari adeguati e, in ogni caso, l’individuazione di aree di
rispetto da inibire alla presenza umana, la nomina di un tale responsabile non
risultava in alcun modo idonea ad eliminare o ridurre il rischio, né,
tantomeno, a sollevare dalla garanzia il datore di lavoro.
Anche la dedotta esistenza del direttore di stabilimento non poteva avere
effetto deresponsabilizzante del rappresentante legale, non risultando
neppure essere stato prospettato il rispetto delle rigorose forme, condizioni e
modalità alle quali è condizionata una efficace delega, oggi enumerate dall’art.
16 del d.lgs. prima citato – che ha recepito le consolidate indicazioni della
giurisprudenza – (atto scritto con data certa, accettazione scritta,
assegnazione di congrui poteri e corrispondente autonomia di spesa, ecc.),
fermo restando, in ogni caso, l’indelegabile funzione di vigilanza generale, che
in un caso di tal fatta, tenuto conto delle ridotte dimensioni aziendale e della
peculiarità del rischio, già tragicamente concretizzatosi in incidente mortale
nel recente passato, non avrebbe mai potuto ignorare la pericolosità della
procedura di carico e scarico dei pannelli prefabbricati.
Da qui la non censurabile decisione della Corte di Brescia d’escludere la
necessità di riaprire l’istruttoria; riapertura che avrebbe potuto, al più,
individuare responsabilità di altri, ma, giammai, escludere o lenire quella
dell’imputato.
Né, infine, la circostanza che il Vacis fosse in carica da meno di un anno lo
rende, perciò solo, incolpevole: «la prevedibilità altro non significa che porsi
3

inadeguate o mancando di approntare specifici progetti d’intervento volti ad

il problema delle conseguenze di una condotta commissiva od omissiva
avendo presente il cosiddetto “modello d’agente”, il modello del!’ “homo
eiusdem condicionis et professionis”, ossia il modello dell’uomo che svolge
paradigmaticamente una determinata attività, che importa l’assunzione di
certe responsabilità, nella comunità, la quale esige che l’operatore si ispiri a
quel modello e faccia tutto ciò che da questo ci si aspetta (Sez. IV, 1/71992,
n. 1345, massima; più di recente e sullo specifico argomento qui in esame,
sempre Sez. IV, 1/4/2010, n. 20047). Un tale modello impone, nel caso
rischio, l’abbandono della funzione, previa adeguata segnalazione al datore di
lavoro (sul punto, Sez. IV n. 20047 cit.).» (Cass., Sez. IV, n. 33311 del
24/5/2012).

5. Il rigetto del ricorso impone la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso in Roma il 18/4/2013.

estremo in cui il garante si renda conto di non essere in grado d’incidere sul

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