Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25643 del 17/03/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25643 Anno 2015
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: CASSANO MARGHERITA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DONNARUMMA GIUSEPPE N. IL 09/08/1975
avverso l’ordinanza n. 732/2013 CORTE APPELLO di ROMA, del
25/03/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;
Data Udienza: 17/03/2015
Ritenuto in fatto.
Con ordinanza emessa il 25 marzo 2014 il Tribunale di Roma, in funzione di
giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta avanzata da Donnarumma Giuseppe,
volta ad ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione, ex art. 671
confronti, ritenendo ostativi la diversa tipologia dei reati, la distanza cronologica tra
gli stessi, le difformi modalità di consumazione e l’assenza, nelle sentenze
irrevocabili, di elementi obiettivi comprovanti in modo univoco la preventiva,
unitaria deliberazione criminosa.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore
di fiducia, Donnarumma il quale, anche mediante una memoria difensiva, lamenta
violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’omesso riconoscimento
della continuazione in sede esecutiva.
Osserva in diritto.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Lo stesso, più che individuare singoli aspetti del provvedimento impugnato da
sottoporre a censura, tende a provocare una nuova, non consentita valutazione delle
circostanze di fatto, in quanto tali insindacabili in sede di legittimità. L’ ordinanza
impugnata, peraltro, ha correttamente valutato il contenuto delle diverse sentenze e,
all’esito della compiuta disamina delle stesse, ha, con motivazione congrua,
adeguata e priva di erronea applicazione della legge penale e processuale, illustrato
le ragioni di fatto — in quanto tali insindacabili in sede di legittimità – ostative al
riconoscimento della continuazione.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna
4′
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza ementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare
congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p.
c.p.p., in relazione ai reati oggetto delle sentenze irrevocabili pronunziate nei suoi
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa della ammende.
Così deciso, in Roma, il 17 marzo 2015.