Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25625 del 19/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 25625 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TACCHETTI FRANCESCO N. IL 25/04/1954
avverso l’ordinanza n. 82/2012 TRIBUNALE di NOLA, del
15/03/2012
sentita la jelazione fatta dal Consigliere Dott. GIACO O OCCHI;
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NW/71-0

Uditi difensor

Data Udienza: 19/04/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Noia, in funzione di giudice dell’esecuzione, pronunciando
sull’opposizione proposta da Tacchetti Francesco avverso il provvedimento di
rigetto dell’istanza di dissequestro di due macchine e di un granulatore, di cui era
stata disposta la confisca ai sensi dell’art. 474 bis cod. pen. con sentenza del
14/9/2011 emessa nei confronti di Belcore Francesco, rigettava l’opposizione.
Il Giudice riteneva che l’opponente non avesse fornito prova della sua

e dell’insussistenza di un difetto di vigilanza. Del resto, le norme civilistiche
permettevano al proprietario di rivalersi sul noleggiatore per tutti i danni
derivanti dalla mancata restituzione dei beni.

2. Ricorre per cassazione il difensore di Tacchetti Francesco.
I macchinari erano stati noleggiati con contratto di affitto oneroso del
22/7/2011, con pagamento bimestrale a partire dal 1/8/2011; poiché Belcore
non aveva pagato il canone, Tacchetti aveva risolto il contratto, chiedendo la
restituzione dei macchinari.
Secondo il ricorrente, il terzo ha l’onere di provare sia la titolarità dello ius,
sia l’affidamento incolpevole ingenerato da una situazione di apparenza che
rendeva scusabile l’ignoranza o il difetto di diligenza. Ciò era stato provato dal
ricorrente, che non poteva prevedere l’uso illecito dei beni noleggiati. Fra l’altro,
l’attività del Tacchetti ha sede in regione diversa rispetto a quella in cui ha sede
l’opificio in cui era stato operato il sequestro.
Il ricorrente deduce l’inosservanza ed erronea applicazione della legge
penale, atteso che il Giudice aveva richiamato la giurisprudenza formatasi in
materia diversa.

In un secondo motivo si deduce l’illogicità della motivazione: il giudice aveva
fatto riferimento ad un caso in cui ad essere stato sequestrato era un bene di
proprietà degli imputati, non di un terzo.

In un ulteriore motivo si deduce l’illogicità della motivazione nel riferimento
fatto all’assegnazione in custodia giudiziaria con facoltà d’uso alle forze di polizia,
del tutto incongruo nel caso di specie.

In un quarto motivo si deduce la manifesta illogicità della motivazione:
Tacchetti aveva fornito la prova della propria buona fede ed estraneità al reato.

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effettiva inconsapevolezza dell’utilizzo illecito dei macchinari noleggiati a Belcore

In un quinto motivo si deduce la violazione di legge e la mancanza di
motivazione, limitata alla mancata prova della effettiva inconsapevolezza del
Tacchetti e alla esistenza di strumenti civilistici di tutela: al contrario la prova era
stata fornita dal ricorrente.

In un sesto motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione,
omettendo il giudice di considerare che alla persona estranea al reato ineriscono

In un ultimo motivo si deduce la manifesta illogicità e contraddittorietà della
motivazione, atteso che il contratto stipulato con Belcore era di affitto e non di
noleggio e non erano previste clausole di salvaguardia; inoltre l’esistenza di
strumenti civilistici di tutela non vale ad estinguere il diritto del terzo alla
restituzione del bene proprio.
Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

3. Il Procuratore Generale, nella requisitoria scritta, conclude per il rigetto
del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il Giudice, per respingere l’opposizione avverso il provvedimento di rigetto
dell’istanza di dissequestro, ha applicato il disposto dell’art. 474 bis cod. pen.,
introdotto dall’art. 15, comma 1, lett. c) legge 23 luglio 2009, n. 99, che
dispone, al primo comma, che, nei casi di cui agli artt. 473 e 474 è sempre
ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il
reato e delle cose che ne sono l’oggetto, il prezzo, il prodotto, il prezzo o il
profitto, a chiunque appartenenti e, al terzo comma che “si applicano le
disposizioni dell’art. 240, commi terzo e quarto, se si tratta di cose che servirono
o furono destinate a commettere il reato, ovvero che ne sono l’oggetto, il
prodotto, il prezzo o il profitto, appartenenti a persona estranea al reato
medesimo, qualora questa dimostri di non averne potuto prevedere l’illecito
impiego, anche occasionale, o l’illecita provenienza e di non essere incorsa in un
difetto di vigilanza”.
In sostanza, la norma stabilisce un’ipotesi di confisca obbligatoria; quando i
beni appartengono a persona estranea al reato, pone due presupposti per la non
applicazione della misura, non previsti dalla norma generale dell’art. 240 comma
3 cod. pen.: che la persona estranea al reato dimostri di non aver potuto
prevedere l’illecito impiego dei beni che servirono o furono destinati a

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sia il requisito della buona fede che quello dell’affidamento incolpevole.

commettere il reato; che la persona estranea dimostri di non essere incorsa in
un difetto di vigilanza.

La formulazione della norma riprende quella dell’art. 301, comma 3, d.P.R.
23 gennaio 1973, n. 43, così come sostituito dall’art. 11, comma 19, della legge
30 dicembre 1991, n. 413.
Tale norma prevede la confisca obbligatoria delle cose che servirono o
furono destinate a commettere il reato di contrabbando (comma 1), ed in

stivaggio fraudolento di merci ovvero contengano accorgimenti idonei a
maggiorarne la capacità di carico o l’autonomia o che siano impiegati in
violazione alle norme concernenti la circolazione o la navigazione e la sicurezza
in mare (comma 2), disponendo, al terzo comma: “si applicano le disposizioni
dell’art. 240 del codice penale se si tratta di mezzo di trasporto appartenente a
persona estranea al reato qualora questa dimostri di non averne potuto
prevedere l’illecito impiego anche occasionale e di non essere incorsa in un
difetto di vigilanza”.

Per accedere alla esatta interpretazione della norma in esame, si deve
immediatamente osservare che il recepimento quasi letterale della previsione
dell’art. 301, comma 3 cit. è stato operato sebbene oggetto della prima norma
fosse una tipologia assai limitata di cose (un mezzo di trasporto), mentre
oggetto della seconda è un numero indefinito di cose, individuate soltanto per il
loro utilizzo o la loro destinazione alla commissione del reato.
Questo ampliamento del numero e della tipologia delle cose passibili di
confisca (che il Giudice dell’ordinanza impugnata ha presente, tanto da fare
menzione della possibilità di confisca “di interi opifici, con tanto di macchine,
impianti, strumenti utilizzati per realizzare beni contraffatti, mezzi di trasporto
utilizzati per introdurre la merce contraffatta nel territorio dello Stato”, sia pure
non approfondendo ulteriormente questo quadro) deve essere tenuto presente
per sciogliere il quesito sotteso alla norma: l’art. 474 bis, comma 3, cod. pen.
genera obblighi giuridici prima inesistenti, sanzionando il terzo proprietario
estraneo in caso di mancato rispetto, o richiama obblighi giuridici già stabiliti in
altre parti dell’ordinamento giuridico?

Il quesito diventa più concreto con riferimento al difetto di vigilanza: il
proprietario di una cosa utilizzata o destinata alla contraffazione viene privato
della proprietà della cosa mediante la confisca perché aveva un obbligo di
vigilanza non rispettato derivante dalla possibile utilizzazione in quel modo della

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particolare i mezzi di trasporto a chiunque appartenenti che risultino adattati allo

cosa, e quindi discendente direttamente dall’art. 474 bis cod. pen., oppure egli è
tenuto a dimostrare di non essere incorso in un difetto di vigilanza stabilito da
altre norme?

Per i mezzi di trasporto – automobili, imbarcazioni – è, infatti, possibile
enucleare specifici obblighi di diligenza e vigilanza in capo al proprietario,
trattandosi di beni mobili registrati, di valore notevole e per il cui uso il
proprietario è responsabile dei danni cagionati.

utilizzo per trasporti illegittimi – che si tratti di contrabbando, di trasporto di
stupefacenti o di trasporto di cittadini stranieri extracomunitari clandestini.
Di conseguenza, questa Corte può stabilire, con riferimento alla confisca
obbligatoria del mezzo di trasporto utilizzato prevista dall’art. 12, comma quarto,
del D.Lgs. n. 286 del 1998, che la restituzione al terzo proprietario o titolare di
altro diritto reale é subordinata alla prova dei fatti costitutivi della pretesa e,
quindi, della titolarità del diritto vantato e dell’estraneità al reato, intesa come
assenza di condizioni che valgano a profilare a suo carico un qualsiasi addebito di
negligenza da cui sia derivata la possibilità dell’uso illecito della cosa (Sez. 1, n.
45473 del 25/10/2005 – dep. 15/12/2005, Libursky, Rv. 233358); e
analogamente, con riferimento alla disciplina dei rifiuti, che il terzo che invochi la
restituzione delle cose sequestrate qualificandosi come proprietario o titolare di
altro diritto reale è tenuto a provare i fatti costitutivi della sua pretesa e, in
particolare, oltre alla titolarità del diritto vantato, anche l’estraneità al reato e la
buona fede, intesa come assenza di condizioni in grado di configurare a suo
carico un qualsivoglia addebito di negligenza da cui sia derivata la possibilità
dell’uso illecito del bene (Sez. 3, n. 9579 del 17/01/2013 – dep. 28/02/2013,
Longo, Rv. 254749); o ancora, quanto al trasporto di stupefacenti, escludere
addirittura la estraneità al reato della terza persona proprietaria del mezzo,
stabilendo che l’onere di provarla grava sull’interessato, il quale deve
documentare, oltre alla titolarità del diritto vantato, l’estraneità al fatto e la
buona fede, intesa quest’ultima come esclusione di atteggiamenti negligenti che
abbiano favorito l’uso indebito della cosa. Ne consegue che, quando non risultino
chiarite le circostanze in base alle quali l’autore del fatto ha potuto destinare la
cosa alla commissione dell’illecito, la confisca del bene è legittima. (Sez. 6, n.
37888 del 08/07/2004 – dep. 24/09/2004, Sulika, Rv. 229984)

Non altrettanto può dirsi quanto a cose aventi natura diversa, la cui
circolazione non è in alcun modo regolamentata o limitata.
In realtà, interpretare l’art. 474

bis cod. pen. nel senso che il terzo

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Non solo: la natura di mezzi di trasporto contiene in sé il loro possibile

proprietario della cosa debba in ogni caso: a) prevedere l’illecito impiego della
cosa; b) vigilare sull’uso della cosa, significa affermare che la norma pone, in
sostanza, delle clausole imperative ai contratti di trasferimento di detti beni e dei
divieti a detto trasferimento,

vietando di affittare o noleggiare o dare in

comodato beni potenzialmente utilizzabili per la contraffazione a soggetti che
prevedibilmente useranno detti beni con modalità illecite e imponendo in ogni
caso di vigilare sull’uso che viene fatta della cosa che è stata ceduta non in
proprietà.

legislatore.
Non è difficile giungere alla conclusione opposta: che, cioè, a seconda della
natura del bene oggetto del trasferimento, il terzo proprietario che chiede la
restituzione dovrà dimostrare di non avere potuto prevedere l’illecito impiego del
bene nella misura in cui il rapporto contrattuale gli permetteva di prevederlo e di
avere adempiuto all’obbligo di vigilanza nella misura in cui la legge e i contratti
gli permettevano di vigilare sull’uso della cosa.

Si pensi all’affitto di un appartamento, risultato trasformato in laboratorio
per la realizzazione di prodotti contraffatti: evidentemente il proprietario non può
imporre un “uso lecito” dell’immobile e, nel rapporto contrattuale, la previsione
della destinazione futura dell’appartamento sarà limitata alla sua destinazione a
civile abitazione o a ufficio; allo stesso modo, la vigilanza possibile da parte del
proprietario sarà quella prevista dalla legge e dal contratto.
Ovviamente vi potranno essere casi particolari nei quali il difetto di vigilanza
emergerà concretamente: ad esempio, segnalazioni dei vicini di rumori o
emissioni particolari, decisamente incompatibili con l’uso dell’immobile a civile
abitazione; ma non è ipotizzabile un nuovo obbligo di vigilanza derivante dalla
previsione dell’art. 474 bis cod. pen..

Venendo, allora, ai beni produttivi, come quelli oggetto della confisca
disposta nel procedimento e dell’istanza di restituzione respinta, è evidente che
essi non contengono in sé l’utilizzo a fini di contraffazione.
L’affermazione ben si comprende nel caso in esame, in quanto si trattava di
due macchine industriali per stampaggio plastica e una macchina trituratrice di
materiale plastico: utilizzando quelle macchine, insieme ad altre, e immettendo
in esse materiale plastico, Belcore aveva realizzato un gran numero di suole
recanti il marchio contraffatto “Hogan”, essendo in possesso anche di 18 stampi
recanti tale marchio contraffatto; ma, di per sé, le macchine potevano essere
utilizzate per stampare oggetti o parti in plastica di tutti i tipi, contraffatti o

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Ciò è palesemente irrealistico e verosimilmente contrario alla volontà del

meno.
Non vi è dubbio, allora, che un datore di lavoro non avrebbe potuto invocare
la buona fede rispetto ad un dipendente che fabbricava suole con marchio
contraffatto, sussistendo a suo carico un obbligo di vigilanza; ma, in questo caso,
il ricorrente era del tutto estraneo all’attività produttiva che Belcore aveva messo
in essere e aveva semplicemente concluso un contratto di affitto oneroso, per lui
vantaggioso, perfettamente lecito e regolarmente annotato nelle scritture

In definitiva, l’interpretazione che con la presente pronuncia si adotta è
conforme sia al principio della libera circolazione dei beni, e quindi al rispetto
dell’iniziativa economica privata, sia alla necessità che la confisca prevista dalla
norma non comporti una responsabilità sostanzialmente oggettiva del terzo
proprietario della cosa estraneo al reato, atteso che l’art. 7 CEDU esige, per
punire e cioè per l’irrogazione di una pena e quindi anche della misura della
confisca, la ricorrenza di un legame di natura intellettuale (coscienza e volontà)
che permetta di rilevare un elemento di responsabilità nella condotta del
soggetto cui viene applicata una sanzione sostanzialmente penale (v. Corte EDU,
09/02/1995, Welch c. Regno Unito; Corte EDU, 30/08/2007, Sud Fondi srl c.
Italia; Corte EDU, 20/01/2009, sud Fondi c. Italia; Corte EDU, 17/12/2009, M. c.
Germania) (Sez. U, n. 14484 del 19/01/2012 – dep. 17/04/2012, P.M. in proc.
Sforza e altro, Rv. 252030).

L’ordinanza impugnata deve, in definitiva, essere annullata con rinvio per
nuovo esame al Tribunale di Noia.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
Noia.

Così deciso il 19 aprile 2013

Il Consigliere estensore

INIOPOSIITATA

Il Presidente

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