Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25624 del 17/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25624 Anno 2015
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BENENATI GIORGIO N. IL 14/06/1969
avverso l’ordinanza n. 188/2012 TRIBUNALE di TRENTO, del
08/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;

Data Udienza: 17/03/2015

Ritenuto in fatto.

Con provvedimento emesso 1’8 gennaio 2013 il Tribunale di Trento, in funzione
di giudice dell’esecuzione, disponeva nei confronti di Benenati Giorgio la revoca
dell’indulto, concesso ex, 1. n. 241 del 2006, nella misura di un anno di reclusione,

anni dall’entrata in vigore della legge, un delitto non colposo per il quale era stata
inflitta la pena della reclusione di due anni di reclusione.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore
di fiducia, Benenati, il quale lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione alle ragioni poste a base della decisione adottata.

Osserva in diritto.

Il ricorso è manifestamente infondato.
Il beneficio dell’indulto è stato revocato ritualmente ai sensi dell’artY 3 1. n. 241

del 2006
Vi
Per farsi luogo alla revoca dell’indulto è sufficiente che il reato che 394 dia
causa sia stato commesso entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della I. n.
241 del 2006, non richiedendosi (a differenza di quanto, ad esempio, previsto
dall’art. 13 d.p.r. n. 460 1959) che nel predetto termine divenga irrevocabile la
relativa sentenza di condanna. E’, inoltre, necessario che si tratti di un delitto non
colposo per il quale la persona ha riportato la condanna a pena detentiva non
inferiore a due anni di reclusione.
Le argomentazioni difensive, in tale contesto, son all’evidenza prive di pregio,
in quanto prive di una razionale base giustificativa sulla base del tenore letterale
della disposizione applicata.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diri to la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanz elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare
congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p.

ek,

avendo lo stesso commesso, tra agosto e settembre 2009, e dunque entro cinque

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa della ammende.

Così deciso, in Roma, il 17 marzo 2015.

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