Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25612 del 17/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25612 Anno 2015
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CAMUGLIA CARMELO N. IL 16/05/1965
avverso l’ordinanza n. 33/2011 CORTE ASSISE APPELLO di
TORINO, del 07/05/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;

Data Udienza: 17/03/2015

Ritenuto in fatto.

Con ordinanza emessa il 7 maggio 2014 la Corte d’assise d’appello di Torino, in
funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avanzata da Camuglia
Carmelo, volta ad ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione, ex
art. 671 c.p.p., in relazione ai reati oggetto delle sentenze irrevocabili pronunziate

nei suoi confronti, ritenendo che il reato di rapina costituisse un reato estemporaneo
rispetto a quello di associazione per delinquere con il quale si riteneva di
riconoscere la continuazione e che dalle sentenze irrevocabili acquisite non
emergessero ementi obiettivi comprovanti in modo univoco la preventiva, unitaria
deliberazione criminosa.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione personalmente
Camuglia il quale lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione
all’omesso riconoscimento della continuazione in sede esecutiva.

Osserva in diritto.

Il ricorso è manifestamente infondato.
Lo stesso, più che individuare singoli aspetti del provvedimento impugnato da
sottoporre a censura, tende a provocare una nuova, non consentita valutazione delle
circostanze di fatto, in quanto tali insindacabili in sede di legittimità. L’ ordinanza
impugnata, peraltro, ha correttamente valutato il contenuto delle diverse sentenze e,
all’esito della compiuta disamina delle stesse, ha, con motivazione congrua,
adeguata e priva di erronea applicazione della legge penale e processuale, illustrato
le ragioni di fatto — in quanto tali insindacabili in sede di legittimità – ostative al
riconoscimento della continuazione
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanz elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare
congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p.

A

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa della ammende.

Così deciso, in Roma, il 17 marzo 2015.

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