Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25611 del 17/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25611 Anno 2015
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ECELESTINO ANTONINO N. IL 30/01/1969
avverso l’ordinanza n. 73/2013 CORTE APPELLO di CATANIA, del
30/01/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;

Data Udienza: 17/03/2015

Ritenuto in fatto.

Con ordinanza emessa il 30 gennaio 2014 la Corte d’appello di Catania, in
accoglimento della richiesta avanzata da Antonino Ecelestino, volta ad ottenere la
rimodulazione della pena (pari a due anni e otto mesi di reclusione, aggiunta,a titolo
di continuazione, a quella di quattro anni e otto mesi di reclusione, irrogata con
sentenza della Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria del 30 aprile 2001

(irrevocabile il 12 aprile 2002), determinava la pena unica allo stesso inflitta per i
reati di cui alle sentenza irrevocabili pronunziate nei suoi confronti in sei anni,
cinque mesi e giorni dieci di reclusione, in essa computata la riduzione per il rito
abbreviato.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione personalmente
Ecelestino Antonino il quale lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione al calcolo della pena, essendosi applicata alla fine la riduzione di un terzo
per il giudizio abbreviato.
Osserva in diritto.

Il ricorso è manifestamente infondato.
Qualora il giudice dell’esecuzione riconosca in sede esecutiva la continuazione
tra i reati oggetto di condanne emesse all’esito di distinti giudizi abbreviati, deve
individuare la violazione più grave con riguardo alla pena base nell’entità
antecedente all’applicazione della diminuente per il rito abbreviato, applicare quindi
su di essa l’aumento per la continuazione e sulla pena così complessivamente
ottenuta operare la riduzione per il rito.
L’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione di questo principio. Le
censure difensive sul punto sono manifestamente prive di pregio, in quanto tese ad
usufruire due volte, in palese violazione di legge, della riduzione per il rito
abbreviato.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna
,

del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza lementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inmmissibilità, al
versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare
congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p.

C(/(-■

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa della ammende.

Così deciso, in Roma, il 17 marzo 2015.

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