Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25610 del 17/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25610 Anno 2015
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SCARPA SALVATORE N. IL 02/09/1978
avverso l’ordinanza n. 92/2013 GIP TRIBUNALE di SANTA MARIA
CAPUA VETERE, del 20/12/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;

Data Udienza: 17/03/2015

Ritenuto in fatto.

Con ordinanza emessa il 20 dicembre 2013 il g.i.p. del Tribunale di S. Maria
Capua Vetere, in funzione di giudice dell’esecuzione, accoglieva, limitatamente ai
reati oggetto delle sentenze pronunziate, rispettivamente, all’esito di distinti giudizi

febbraio 2011) e il 6 luglio 2005 dal g.i.p. del Tribunale di Napoli (irrevocabile il 6
ottobre 2005) la richiesta avanzata da Salvatore Scarpa ai sensi dell’art. 671 c.p.p e,
per l’effetto, rideterminava la pena in sette anni e duemiladuecento euro di multa.
Rigettava nel resto l’istanza, ritenendo, sulla base delle sentenze acquisite,
insussistenti i presupposti per il riconoscimento di una preventiva, unitaria
deliberazione criminosa, pur tenendo conto dello stato di tossicodipendenza,
peraltro non adeguatamente documentato.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore
di fiducia, Scarpa il quale lamenta violazione di legge e vizio della motivazione in
relazione all’omesso integrale riconoscimento della continuazione in sede esecutiva.

Osserva in diritto.

Il ricorso è manifestamente infondato.
Lo stesso, più che individuare singoli aspetti del provvedimento impugnato da
sottoporre a censura, tende a provocare una nuova, non consentita valutazione delle
circostanze di fatto, in quanto tali insindacabili in sede di legittimità. L’ ordinanza
impugnata, peraltro, ha correttamente valutato il contenuto delle diverse sentenze e,
all’esito della compiuta disamina delle stesse, ha, con motivazione congrua,
adeguata e priva di erronea applicazione della legge penale e processuale, illustrato
le ragioni di fatto — in quanto tali insindacabili in sede di legittimità – ostative al
riconoscimento della continuazione
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare
congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p.

abbreviati, il 2 febbraio 2007 dal g.i.p. del predetto Tribunale (irrevocabile il 10

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa della ammende.

Così deciso, in Roma, il 17 marzo 2015.

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