Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25607 del 07/05/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 25607 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PISTONE FRANCESCO N. IL 28/02/1958
avverso la sentenza n. 1216/2012 CORTE APPELLO di GENOVA, del
21/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/05/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA SILVIO BONITO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per t j2 ,LAs›, Chc, 91.9.Q rt_fch-„,

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 07/05/2013

1. Con sentenza resa il 21 giugno 2012 la Corte di appello di
Genova confermava quella pronunciata il 21 settembre 2009 dal
Tribunale della stessa sede e con essa la condanna alla pena di mesi
tre di arresto ed euro 5000,00 di ammenda a carico di Pistone
Francesco, imputato del reato di cui all’art. 22, co. 12, d. lgs.
286/1998, contestatogli per avere l’imputato, quale titolare di
impresa individuale esercente attività edile, occupato alle proprie
dipendenze Rrahmani Gazmir, cittadino extracomunitario
sprovvisto di permesso di soggiorno; fatti accertati in Genova, il 3
agosto 2007.
A sostegno delle decisione osservava il giudice territoriale,
confutando le contrarie tesi difensive, che la condotta di reato
risultava provata; che la trasformazione del reato contestato in
delitto dalla originaria formulazione contravvenzionale non
integrava abolitio criminis; che la norma incriminatrice faceva
obbligo al datore di lavoro di verificare il possesso del permesso di
soggiorno da parte del lavoratore straniero assunto; che non rileva
per questo, ai fini della decisione, la protesta di buona fede
dell ‘ imputato.
2. Avverso detta decisione propone ricorso per cassazione
l’imputato, assistito dal difensore di fiducia, sviluppando tre motivi
di impugnazione.
2.1 Denuncia con il primo di essi la difesa ricorrente violazione
della norma incriminatrice, così come novellata, dappoichè abolita
con essa l’ipotesi colposa della condotta originariamente prevista,
della quale pertanto erroneamente hanno fatto applicazione i giudici
territoriali ritenendola norma più favorevole, con ciò ponendosi in
palese contrasto con la lezione interpretativa di questa corte di
legittimità di cui alla sentenza n. 37703 del 18 ottobre 2011,
confermativa della precedente pronuncia del 30 novembre 2010, n.
9882.
2.2 Col secondo motivo di impugnazione denuncia la difesa
ricorrente difetto di motivazione sull’elemento psicologico del
reato, sul rilievo che la motivazione sviluppata sul punto dai giudici
di merito fa riferimento all’elemento psicologico della colpa,
escluso dalla normativa attualmente in vigore, per il quale la
condotta di rilevanza penale deve essere connotata dall’elemento
psicologico del dolo.

La Corte ritenuto in fatto e considerato in diritto

2.3 Col terzo motivo di ricorso denuncia infine la difesa ricorrente
violazione degli artt. 99 e 69 c.p., dappoichè delibata la pena inflitta
mediante bilanciamento delle circostanze attenuanti generiche con
la contestata recidiva, inapplicabile ai reati contravvenzionali in
seguito alla L. 251/2005.

3.11 ricorso è fondato nei limiti che si passa ad esporre..
3.1 Giova prendere le mosse dal testo normativo il quale, come è
noto, per quanto di interesse nel presente giudizio, al comma 10
vigente all’epoca dei fatti (ma l’attuale comma 12, novellato dal
D.L. 23 maggio 2008, n. 92, art. 5, comma 1 ter, aggiunto dalla
relativa legge di conversione, nulla ha su tale punto specifico
modificato nella descrizione della condotta) dispone: “Il datore di
lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi
del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il
cui permesso sia scaduto, revocato o annullato, è punito…. ”
La difesa istante in relazione alla figura di reato come innanzi
tipizzata pone la questione giuridica della identificazione della
condotta attualmente punibile attesa la trasformazione normativa
del reato da contravvenzione a delitto, posto che nel caso in esame
l’imputato è stato condannato a titolo di responsabilità colposa.
Orbene, quanto all’elemento psicologico del reato osserva il
Collegio che al riguardo la Corte territoriale, preso atto dei fatti di
causa pacificamente accertati nei sensi innanzi sintetizzati, ha
esplicitamente valorizzato la natura contravvenzionale del reato
previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 22, comma, 5, oggetto di
contestazione, punito all’epoca dei fatti anche a titolo di colpa, non
elisa dalla buona fede del datore di lavoro (cfr. tra le tante Cass.,
Sez. 1, n. 8661 del 08/02/2005, Pace).
I giudici del merito non hanno pertanto correttamente considerato
che il D.L. 23 maggio 2008, n. 92, art. 5, comma 1 ter, convertito in
L. 24 luglio 2008, n. 125 – volendo reprimere più gravemente il
reato e sostituendo la pena dell’arresto da tre mesi ad un anno e
dell’ammenda di Euro 5.000 per ogni lavoratore impiegato, con la
reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa di Euro 5.000,
sempre per ogni lavoratore impiegato – ha trasformato la
contravvenzione in delitto, di guisa che allo stato, ai sensi dell’art.
42 c.p., comma 2, il fatto è ora punito solamente se commesso con
dolo, non essendo nulla di diverso espressamente preveduto dalla
norma incriminatrice. L’intervento normativo del 2008, pertanto, ha

2

P. T. M.

la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il re -non costituisce reato.
Così deciso in Roma ,addì 7 maggio 2013
Il cons. est.
Il7sidente

reso penalmente irrilevante la responsabilità colposa, risolvendosi,
per tale ipotesi, in una abolizione parziale della fattispecie
previgente (cfr. Cass., sez. 1,30.11.2010, n. 9882, rv. 249867).
Tanto premesso, osserva il Collegio che, ai sensi dell’art. 2 c.p.,
comma 2, anche le condotte pregresse di impiego di stranieri privi
del permesso di soggiorno valevole a fini lavorativi, possono
dunque essere tuttora punite solamente se dolose, fermo, a mente
medesimo art. 2, comma 4, che ad esse resta applicabile il
trattamento sanzionatorio previgente, più favorevole (e quindi la
pena dell’arresto e dell’ammenda) (Cass. 9882/2010 cit.).
Di qui il principio di diritto che l’errore, ancorchè colposo, del
datore di lavoro sul possesso di regolare permesso di soggiorno da
parte dello straniero impiegato, cadendo su elemento normativo
integrante la fattispecie, comporta l’esclusione della responsabilità
penale.
3.3 Nel caso portato alla delibazione di questa Corte di legittimità,
considerato l’errore di diritto come innanzi collegato alla
valutazione dell’elemento psicologico del reato da parte dei giudici
territoriali, in applicazione dei principi innanzi esposti si impone
l’annullamento della sentenza impugnata perché il fatto non
costituisce reato.

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