Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25602 del 24/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25602 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MICHELI PAOLO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MINOIA PIETRO N. IL 18/03/1952 parte offesa nel procedimento
c/
BACCILE GENNARO N. IL 19/09/1951
avverso il decreto n. 3642/2014 GIP TRIBUNALE di CHIETI, del
26/06/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PAOLO MICHELI;

Data Udienza: 24/05/2016

FATTO E DIRITTO

Il 26/06/2015, il Gip del Tribunale di Chieti emetteva decreto di archiviazione
relativo al procedimento a carico di Gennaro Baccile per il reato di diffamazione, in ipotesi
commesso in danno della società SDL Centrostudi.
Ricorre per cassazione il difensore di Pietro Minoia, legale rappresentante della
suddetta società, lamentando radicale difetto di motivazione del provvedimento

alla difesa e dell’obbligatorietà dell’azione penale, si debba affermare la ricorribilità di un
decreto di archiviazione, «in analogia a quanto disposto in ordine al vizio di motivazione
concernente la erronea declaratoria di inammissibilità dell’opposizione ex art. 410 cod.
proc. pen.», anche nei casi di macroscopica mancanza di motivazione.
Il ricorso deve ritenersi inammissibile, perché avanzato fuori dai casi previsti dalla legge.
In base al chiaro dettato normativo, un decreto di archiviazione emesso de plano può
essere impugnato mediante ricorso per cassazione soltanto laddove la persona offesa non
abbia ricevuto l’avviso della presupposta richiesta del P.M., ove se ne sia fatta istanza

ex art.

408 e segg. del codice di rito, ovvero qualora sia stata erroneamente dichiarata inammissibile
l’eventuale opposizione, non instaurando il doveroso contraddittorio. Nel caso di specie, è lo
stesso tenore del ricorso a chiarire come il querelante non avesse mai richiesto di essere
informato in caso di presentazione della richiesta di archiviazione, né – conseguentemente avesse mai spiegato opposizione.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.,

segue la condanna del ricorrente al

pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla volontà del
ricorrente medesimo (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al versamento in
favore della Cassa delle Ammende della somma di C 2.000,00, così equitativamente
stabilita in ragione dei motivi dedotti.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 24/05/2016.

impugnato; si legge nel ricorso che, al fine di garantire i valori costituzionali del diritto

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