Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 256 del 30/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 256 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: LA POSTA LUCIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SAMMARTINO ANDREA N. IL 07/02/1964
avverso la sentenza n. 2539/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 19/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;

Data Udienza: 30/09/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Palermo confermava la
sentenza di primo grado con la quale Andrea Sammartino, riconosciuta la continuazione,
veniva condannato alla pena di mesi quattro di arresto in relazione a due violazioni di cui
all’art. 9, comma 1, legge 1423 del 1956 e a quella di cui all’art. 116 C.d.S..
Ad avviso della Corte territoriale doveva ritenersi infondata la doglianza
dell’appellante in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche
ed alla determinazione della pena, tenuto conto dei numerosi precedenti penali

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, che
denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione della sentenza impugnata con
riferimento alle circostanze attenuanti generiche ed alla dosimetria della pena, alla luce
della lieve entità dei fatti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le doglianze del ricorrente – invero generiche – sono manifestamente infondate,
atteso che la Corte territoriale ha compiutamente motivato con argomenti esenti da vizi
logici, valorizzando le numerose precedenti condanne che risultano a carico del ricorrente,
nonché, la reiterazione delle violazioni.
E’ noto che la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell’art. 62-bis
cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con
motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, non
sindacabile in sede di legittimità, purchè non contraddittoria e congruamente motivata,
neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori
attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Sez. 6, n. 42688, 24/09/2008, Caridi, rv.
242419). A detti canoni si è attenuta, all’evidenza, la Corte di merito.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a

dell’imputato e della reiterazione delle condotte illecite.

favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo
determinare in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della cassa della
ammende.
Così seciso, il 30 settembre 2013.

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