Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25598 del 22/11/2012


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 25598 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCANTAMBURLO PAOLO, nato il 14/06/1952
avverso la sentenza n. 2440/2003 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
22/09/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in pubblica udienza del 22/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. Angela Tardio;
udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Luigi Riello, che
ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore del ricorrente Avv. Giorgio Melucco, che ha
chiesto l’accoglimento dei motivi del ricorso.

Data Udienza: 22/11/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 5 febbraio 2003, il Tribunale di Treviso ha assolto
Scantamburlo Paolo dal reato di cui agli artt. 4 e 7 legge n. 895 del 1967, allo
stesso contestato, perché il fatto non costituiva reato.
Il Tribunale, a ragione della decisione, riteneva che la condotta di porto
illegale in luogo pubblico di un fucile a pompa marca Fabarn cal. 12, per il quale
corta, non aveva specifica licenza, non era contraddistinta dal dolo, perché
l’agente non aveva errato sulla portata del precetto ma

sui

limiti

dell’autorizzazione amministrativa, e quindi sulla individuazione delle specifiche
armi comprese nel provvedimento prefettizio, e tale errore era da qualificare
come errore su legge esterna a quella penale e non integratrice della stessa.
2. La Corte d’appello di Venezia con sentenza del 22 settembre 2011, in
riforma della sentenza di primo grado, appellata dal Procuratore Generale, ha
dichiarato l’imputato responsabile del reato ascrittogli e, con la diminuente di cui
all’art. 5 legge n. 895 del 1967 e le attenuanti generiche, l’ha condannato alla
pena di mesi quattro di reclusione, sostituita con la corrispondente pena
pecuniaria di euro 4.560,00.
La Corte, dopo aver rilevato la insussistenza delle condizioni per disporre il
rinvio della udienza per ragioni di salute dell’appellato, riteneva, condividendo i
rilievi del Procuratore appellante, che l’errore in cui era incorso l’imputato nel
considerare il porto d’armi, di cui era titolare, comprensivo anche delle armi a
canna lunga era un errore sul precetto penale, poiché aveva riguardato la stessa
sussistenza della fattlspecie incriminatrice, venendo non sul contenuto specifico
di una determinata autorizzazione, ma sul tipo di licenza rilasciata.
Peraltro, l’errore sarebbe stato commesso da un soggetto che, per la
professione svolta, era necessariamente consapevole del contenuto del precetto,
e aveva, comunque, il dovere di informarsi sui limiti della sua autorizzazione
relativa alle armi, che aveva facoltà di utilizzare nell’ambito della sua
professione.
Né poteva ritenersi che la discarica, per il cui controllo il fucile era stato
portato, fosse un luogo non aperto al pubblico perché recintato, mentre, in ogni
caso, l’arma era stata portata fuori dall’abitazione fino al luogo della discarica.
Neppure era verosimile la tesi dell’imputato di avere trasportato in auto
l’arma smontata e scarica e di averla montata e caricata dopo essere entrato
all’interno della discarica, alla luce del rilievo logico che lo stesso imputato aveva
dichiarato che la disponibilità dell’arma era volta, nelle sue intenzioni, a
2

l’imputato, guardia giurata della Mondialpol e titolare di porto d’armi a canna

intimidire eventuali malintenzionati, del dato fattuale che la presunta operazione
di montaggio e caricamento dell’arma non era stata ripresa dalle telecamere
presenti nell’impianto, e del contrasto della indicata tesi con la prospettazione
difensiva di inconsapevolezza dei limiti della licenza.
Seconda la Corte, era infondata anche la richiesta difensiva di declaratoria di
estinzione del reato per prescrizione, poiché, alla luce degli interventi della Corte
costituzionale e di questa Corte a sezioni unite, era la sentenza di primo grado,
anche assolutoria, emessa in data 2 maggio 2003 (prima della entrata in vigore
procedimento, ostativa all’applicazione retroattiva delle norme più favorevoli, e il
termine massimo di prescrizione previsto dalla normativa previgente per il reato
contestato, punito con pena superire cinque anni, era pari a quindici anni, non
decorsi.
3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del
suo difensore, l’imputato, che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di due
motivi.
3.1. Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato violazione dell’art. 606,
comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., per erronea applicazione della legge
penale, in relazione all’art. 5 cod. pen., nella parte in cui la sentenza impugnata,
considerando errore sul precetto l’errore sulla legge extrapenale, in cui esso
ricorrente è incorso, lo ha ritenuto inescusabile.
Secondo il ricorrente, l’errore, caduto sull’ampiezza del porto d’armi,
ritenuto comprensivo anche del porto di fucile, è invece scusabile e inevitabile,
perché nella sua licenza di porto d’armi non è specificato per quale tipo di arma
essa è stata rilasciata ed egli, quale guardia giurata privata, contrattualmente
legato all’azienda che fa servizio di sorveglianza, ha l’obbligo di diligenza
nell’adempimento degli obblighi contrattuali nei confronti del datore di lavoro e
del corretto adempimento delle prestazioni lavorative, e non quello di conoscere
tutte le disposizioni in materia di pubblica sicurezza.
Né la guardia giurata è, come ritenuto da questa Corte e dal Consiglio di
Stato, agente di pubblica sicurezza o agente di polizia, che sono le uniche figure
che hanno il dovere di conoscere con esattezza il testo unico di pubblica
sicurezza. Neppure, ad avviso del ricorrente, egli era tenuto ad assumere
informazioni

particolari su disposizioni amministrative integratrici di norme

penali, non richiamate nel testo della norma penale, che richiede genericamente
che il porto d’armi sia “legittimo” e richiama solo la norma extrapenale relativa
alla sussistenza del porto d’armi.
3.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 606,
comma 1, lett. b), cod. proc. pen., per erronea applicazione della legge penale in

3

della legge n. 251 del 2006) a determinare la pendenza in grado di appello del

relazione all’art. 47 cod. pen., nella parte in cui la medesima sentenza ha
stabilito che, nel caso in esame, non si versa in ipotesi di errore sulla legge
extrapenale ma di errore sul precetto, poiché nella specie l’errore è sulle
disposizioni amministrative che, non richiamate dalla norma penale, neppure
ineriscono alla ratio che ha determinato la creazione della fattispecie.

4. Con memoria depositata il 6 novembre 2012, il ricorrente deduce, a
integrazione del ricorso, l’intervenuta prescrizione del reato in data 22 giugno

del 2005.
Secondo il ricorrente, poiché il giudizio di primo grado si è concluso con
pronuncia di assoluzione antecedente di sette anni rispetto alla data della
citazione nel giudizio d’appello, e non con pronuncia di condanna, che è l’unica
ad avere efficacia interruttiva della prescrizione, alla data di entrata in vigore
della detta legge non era pendente alcun giudizio a suo carico e il termine di
prescrizione è iniziato a decorrere dalla data del decreto di citazione diretta a
giudizio in primo grado (22 ottobre 2001).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato in ogni sua deduzione.

2. Il primo motivo attiene alla operatività del principio fissato dall’art. 5 cod.
pen., alla cui stregua “nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della
legge penale”, nel caso di specie, connotato, secondo il ricorrente, dalla
scusabilità e inevitabilità dell’errore in cui è incorso, ritenuto invece inescusabile
dalla sentenza impugnata.
2.1. Deve premettersi che questa Corte, a seguito della sentenza 23 marzo
1988 n. 364 della Corte Costituzionale, secondo la quale l’ignoranza della legge
penale, se incolpevole a cagione della sua inevitabilità, scusa l’autore dell’illecito,
ha Individuato i limiti di tale inevitabilità, precisando che per il comune cittadino
tale condizione è sussistente, ogni qualvolta egli abbia assolto, con il criterio
dell’ordinaria diligenza, al cosiddetto “dovere di informazione”, attraverso
l’espletamento di qualsiasi utile accertamento, per conseguire la conoscenza
della legislazione vigente in materia, e ha puntualizzato che tale obbligo è
particolarmente rigoroso per tutti coloro che svolgono professionalmente una
determinata attività, i quali rispondono dell’illecito anche in virtù di una “culpa
levis” nello svolgimento dell’indagine giuridica (Sez. U, n. 8154 del 10/06/1994,
dep. 18/07/1994, P.G. in proc. Calzetta, Rv. 197885), occorrendo, al fine
dell’affermazione della scusabilità dell’Ignoranza, che da un comportamento
4

2008 per l’applicabilità dell’art. 157 cod. pen. come riformato dalla legge n. 251

positivo degli organi amministrativi o da un complessivo pacifico orientamento
giurisprudenziale l’agente abbia tratto il convincimento della correttezza
dell’interpretazione normativa e, conseguentemente, della liceità del
comportamento tenuto (Sez. 4, n. 3069 del 15/07/2010, deo. 18/08/2010, P.M.
in proc. Albuzza e altri, Rv. 248339).
2.2. Di tali principi la Corte d’appello ha fatto esatta interpretazione e
corretta applicazione, avendo rilevato, con coerente riferimento ai dati fattuali
disponibili, che l’imputato titolare di licenza di porto di armi a canna corta, in
dalla sua abitazione, nell’eseguire il servizio di vigilanza presso la cava
Monteverde scarl, un fucile a pompa calibro 12, che deteneva regolarmente
senza avere specifica licenza di porto, e avendo ragionevolmente rimarcato che il
medesimo, in relazione alla sua professione, era necessariamente consapevole o,
comunque, aveva il dovere di assumere informazioni specifiche sulla normativa
in materia e sui limiti delle proprie autorizzazioni con riguardo alle armi
utilizzabili nell’ambito della medesima attività professionale.
Nel suo percorso argomentativo la Corte ha sottolineato anche che
l’equivoco in cui l’imputato ha dedotto di essere incorso, e che, in relazione alla
diversità dell’autorità che rilascia la licenza di porto di fucile e ai presupposti
della stessa licenza, ha riguardato non solo il contenuto di un’autorizzazione, ma
il tipo di licenza rilasciata, è reso incomprensibile dalla circostanza che la licenza
è rilasciata a richiesta dell’interessato. Né la Corte ha prescisso dal correlarsi ai
rilievi difensivi, plausibilmente evidenziando che la tesi difensiva di un errore in
buona fede era smentita dalla consapevolezza del ricorrente dei limiti della
licenza di cui era titolare, tratta indirettamente dall’affermazione fatta dallo
stesso, e ritenuta tuttavia inverosimile, di avere adottato la cautela di approntare
l’arma, trasportata in condizioni di sostanziale inutilizzabilità, solo all’interno
dell’area della discarica.
2.3. Tali rilievi esenti da vizi logici e giuridici resistono alle osservazioni e
deduzioni svolte con il ricorso, prive di alcuna fondatezza.
La circostanza della prestazione di attività lavorativa dipendente da parte del
ricorrente e del contenuto dei suoi obblighi contrattuali verso il datore di lavoro,
non comprensivi della conoscenza delle leggi in tema di sicurezza pubblica, non
incide, invero, sul suo doveroso assolvimento dell’obbligo di informazione e
conoscenza, alla luce dei predetti principi, dei precetti normativi posti a carico di
tutti i consociati e di quello più specifico inerente alle sue caratteristiche
personali, connesse alla sua titolarità di licenza di porto d’armi e al suo ruolo
professionale, che impongono di informarsi del contenuto e dei limiti della prima
e delle regole che riguardano l’esercizio del secondo.

qualità di guardia giurata dell’istituto di vigilanza Mondialpol, aveva portato fuori

Né dal rilievo della differenza della guardia giurata rispetto all’agente di
pubblica sicurezza discende, come dedotto, la scusabilità della ignoranza circa
l’ampiezza del porto d’armi, poiché la necessaria titolarità della licenza in capo
alla guardia particolare, destinata alla vigilanza o alla custodia, per portare armi,
evidenziata dalla giurisprudenza anche amministrativa richiamata in ricorso,
conferma la sottoposizione della medesima a quelle prescrizioni di obbligatoria
corretta informazione, qualificata dalle indicate caratteristiche personali, e non

3. Destituito di fondamento è anche il secondo motivo, con il quale è
dedotta l’incorsa violazione di legge per non essere stato rilevato che l’errore ha
riguardato nella specie non la legge penale ai sensi dell’art. 5 cod. pen., ma una
legge extrapenale, rappresentata dalle disposizioni amministrative regolanti
l’ampiezza della licenza, che, esterne alla fattispecie incriminatrice, hanno
determinato un errore sul fatto che esclude la punibilità ai sensi dell’art. 47 cod.
pen.
A tali deduzioni la sentenza impugnata ha già dato logiche ed esaustive
risposte poiché, nel riformare la sentenza di primo grado, assolutoria nei
confronti dell’imputato per difetto dell’elemento soggettivo sul presupposto
dell’errore su legge extrapenale, ha evidenziato, con coerente richiamo alla
condivisa giurisprudenza di questa Corte (Sez. 3, n. 11497 del 15/12/2010,
dep. 22/03/2011, Carobbio, Rv. 249772), che il presunto equivoco sulla
estensione del porto d’armi si è sostanziato in un errore sulla stessa previsione
normativa, e che, vertendo sulla sussistenza stessa della fattispecie
incriminatrice, non ha potuto integrare l’invocato stato di “buona fede”.
4. I motivi di impugnazione non hanno precluso, non presentando profili
d’inammissibilità, la corretta instaurazione dinanzi a questa Corte del rapporto
processuale d’impugnazione (Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, dep.
22/06/2005, Bracale, Rv. 231164). L’ultima verifica che s’impone attiene,

pertanto, avuto riguardo alla data di commissione del reato, al controllo del
decorso del termine prescrizionale nei confronti del ricorrente, dedotto con la
memoria difensiva depositata il 6 novembre 2012 sotto il profilo dell’applicabilità
nella specie dell’art. 157 cod. pen., come riformato dalla legge n. 251 del 2005.
4.1. Questa Corte è intervenuta a sezioni unite sulla questione controversa

attinente alla individuazione del limite posto dal legislatore alla retroattività della
nuova disciplina della prescrizione, là dove più favorevole rispetto a quella
previgente, introdotta dall’art. 6 legge n. 251 del 2005, nell’ipotesi in cui il
procedimento di primo grado si sia concluso con sentenza di assoluzione (Sez. U,
n. 15933 del 24/11/2011, dep. 24/04/2012, P.G. in proc. Rancan, Rv. 252012),
6

contrastante con il principio della responsabilità penale personale.

e ha affermato che, ai fini dell’operatività delle disposizioni transitorie della
nuova disciplina della prescrizione, la pronuncia della sentenza di primo grado,
Indipendentemente dall’esito di condanna o di assoluzione, determina la
pendenza in grado d’appello del procedimento, ostativa all’applicazione
retroattiva delle norme più favorevoli.
Tale principio si ricollega alla ragione della individuazione del criterio
giustificativo della deroga al principio di retroattività della legge più favorevole
nel fatto della pronuncia della sentenza di primo grado, che, chiudendo un grado
nell’applicazione delle due discipline considerate dalla norma transitoria,
indipendentemente dal “fatto processuale” che interrompe la prescrizione.
Esso, pertanto, condivisibilmente superando il diverso indirizzo
giurisprudenziale che delineava un assetto a “geometria variabile” della nozione
di “procedimenti già pendenti in grado di appello”, evocata dalla norma
transitoria, a seconda che il giudizio di primo grado si fosse concluso con
sentenza di condanna ovvero di assoluzione, ha assegnato un significato unitario
alla previsione normativa dell’art. 10, comma 3, legge n. 251 del 2005, e alla
nozione di pendenza in appello, a prescindere dall’esito del giudizio.
4.2. Dell’indicato principio di diritto e dei rilievi che lo sostengono non si è
fatto carico il ricorrente che, con la indicata memoria, ha richiamato, a sostegno
della sua tesi di inapplicabilità della disciplina transitoria per essere di
assoluzione la sentenza di primo grado del 5 febbraio 2003, la giurisprudenza di
questa Corte, rappresentativa dell’orientamento a sé favorevole, superato dal
suindicato ultimo recente intervento delle sezioni unite di questa Corte.
4.3. Il calcolo del termine di prescrizione del reato è stato pertanto
correttamente effettuato dalla Corte di merito in base alla disciplina previgente
alla data di entrata in vigore della legge n. 251 del 2005 in forza della disciplina
transitoria di cui all’art. 10, comma 3, della stessa legge, per essere il processo
pendente in grado di appello alla detta data, e individuato, a norma del
previgente art. 157, comma 1, cod. pen., e in rapporto alla pena, superiore a
cinque anni, prevista per il reato contestato pur considerando le concesse
attenuanti, in anni dieci, prolungato fino alla metà in presenza di atti interruttivi
e quindi, fino al tempo massimo di quindici anni, ai sensi del previgente art. 160,
comma 3, cod. pen.
Tale termine, non decorso alla data della sentenza di appello, non è
maturato neppure alla data odierna.
5. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Al rigetto del ricorso segue per legge, in forza del disposto dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
7

di giudizio e dando avvio a quello successivo, è idonea a costituire lo spartiacque

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 22 novembre 2012

Il Consigliere estensore

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA