Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25588 del 20/02/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25588 Anno 2015
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: PEZZULLO ROSA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI BIASE MIMMO N. IL 29/08/1985
avverso la sentenza n. 2640/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
07/02/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO;

Data Udienza: 20/02/2015

Fatto e diritto
Con sentenza in data 7.2.2014 la Corte d’Appello di Milano, confermava la sentenza del
Tribunale di Varese in composizione monocratica, con la quale Di Biase Mímmo era stato
condannato alla pena di mesi sei di reclusione per il delitto di lesioni, guaribili in trenta giorni, in
danno di Emen Emi, oltre al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile.

Avverso tale sentenza l’imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia, ha
proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, con i quali lamenta:

che il giudizio di responsabilità del ricorrente è stato fondato sulle dichiarazioni dei testi
Guzzi, Nuscis e Strati, che, invece, andavano ritenute inattendibili non presenti sul posto
all’atto dell’intervento della P.G. e descrivendo, in conformità a quanto dichiarato dalla
p.o., dettagli non riferiti nell’immediatezza dei fatti a distanza di quattro anni
dall’accaduto;
-con il secondo motivo, il vizio di cui all’art. 606, primo comma, lett. e) c.p.p., per
omessa motivazione in ordine all’inattendibilità del teste Strati, il quale ha ammesso di
essersi sentito qualche volta con la parte offesa Emen, prima dell’udienza del
29.11.2011;
-con il terzo motivo, il vizio di cui all’art. 606, primo comma, lett. e) c.p.p., per
omessa e contraddittoria motivazione in merito alla valutazione delle deposizioni rese dai
testimoni della difesa.
Osserva il Collegio che il ricorso è

inammissibile, siccome manifestamente

infondato. Con il primo motivo di ricorso l’imputato ripropone in questa sede la questione
dell’inattendibilità dei testi escussi nel corso del giudizio, sol perché avrebbero reso
dichiarazioni convergenti con la p.o. a distanza di quattro anni dal fatto, elemento questo
che in sé non appare senz’altro idoneo ad inficiarne l’attendibilità, laddove la Corte
territoriale con motivazione approfondita priva di vizi logici ha dato conto dell’assenza sul
posto all’atto dell’intervento della P.G. dei testi Guzzi, Nuscis e Strati e ha vagliato
approfonditamente il tenore delle dichiarazioni degli stessi. Vanno in proposito richiamati
i principi affermati da questa Corte, secondo cui la valutazione della credibilità della
persona offesa, come dei testi in generale, rappresenta una questione di fatto, che non
può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice sia incorso in manifeste
contraddizioni (Sez. I, n. 33267 del 11.6.2013), contraddizioni che, come detto, non si
ravvisano nel caso di specie.
Del pari manifestamente infondato si presenta il secondo motivo di ricorso circa
l’inattendibilità del teste Strati- che si sarebbe “sentito” con la p.o. prima dell’udienzaatteso che la norma di cui all’art. 149 c.p.p. citata sul punto si riferisce alle modalità
dell’esame del testimone in giudizio e non ai “rapporti” tra il teste e la p.o. . Come detto,
la Corte territoriale ha, invece, compiuto una disamina completa circa l’attendibilità dei

-con il primo motivo, il vizio di cui all’art. 606, primo comma, lett. e) c.p.p., atteso

testi escussi ed il mero fatto che la p.o. si sia sentita con il teste Strati prima dell’udienza
in assenza di ulteriori elementi idonei a minare la genuinità delle dichiarazioni dello
stesso teste.
Manifestamente infondato si presenta, infine, il terzo motivo di ricorso atteso che
anche delle dichiarazioni rese dal teste Cannas Maurizio, teste della difesa, e dal
coimputato Cannas Fabio, la Corte territoriale ha compiuto una completa disamina,
giungendo a ritenere non veritiera la versione dei fatti resa dai predetti, con

All’ inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa
delle ammende che si stima equo determinare in € 1.000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende.
Così deciso il 20.2.2015

argomentazioni coerenti e logiche.

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