Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25577 del 20/02/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 7 Num. 25577 Anno 2015
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: PEZZULLO ROSA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI DONATO ENRICO N. IL 04/06/1962
avverso la sentenza n. 2744/2009 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 16/01/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO;

Data Udienza: 20/02/2015

3

Fatto e diritto
Con sentenza in data 16.1.2014 , la Corte d’Appello di Bologna, confermava
la sentenza del Tribunale di Rimini con la quale Di Donato Enrico era stato
condannato alla pena di mesi otto di reclusione ed euro C 200,00 di multa per il reato
di cui all’art. 455 c.p. di acquisto e detenzione di monete falsificate.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del suo
difensore di fiducia l’imputato, lamentando:

alla configurabilità nei suoi confronti del reato di cui all’art. 455 c.p. essendo carenti
sia il requisito soggettivo, non risultando dimostrato il dolo, che quello oggettivo;
-con il secondo motivo, la mancata riqualificazione del fatto nell’ipotesi di cui
all’art. 457 c.p.
– con il terzo motivo, l’inosservanza delle norme processuali atteso che la
perizia nummaria effettuata dalla banca d’Italia è entrata nel fascicolo processuale in
modo assolutamente anomalo, atteso che alla data del 22.3.2006 non era presente
in atti e non stata disposta dal GUP a seguito dell’emissione dell’ordinanza ex art.
441/5 c.p.p.; in ogni caso all’atto in cui il giudice intendeva disporre la perizia di
ufficio ex art. 507 c.p.p. occorreva emettesse un provvedimento motivato.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Ed invero, quanto al primo motivo di ricorso) la sentenza impugnata indica
compiutamente gli elementi di responsabilità a carico dell’imputato, sia sotto il profilo
oggettivo in ordine al reato di cui all’art. 455 c.p., tenuto conto delle modalità della
condotta (come attestate dal fatto che alla vista degli agenti l’imputato si disfece del
pacchetto contenente le monete falsificate, che poi venne recuperato dalla P.G.) e
dalla quantità delle banconote e monete contraffatte. D’altra parte / se è pur vero che
per la configurabilità del reato di detenzione, al fine di metterle in circolazione, di
banconote contraffatte (art. 455 cod. pen.) è necessario il dolo specifico – “sub specie” di
intenzione del soggetto agente di mettere in circolazione le banconote contraffatte,
ricevute in malafede – esso può essere liberamente, purché logicamente, desunto da
qualsiasi elemento sintomatico di guisa che è rilevante il difetto di una qualsiasi
indicazione, da parte dell’imputato, in ordine alla provenienza delle dette banconote,
nonché di un qualunque diverso lecito fine della detenzione, trattandosi di elementi
sintomatici e convergenti, e pertanto valutabili, in concorso di altri elementi, nel
riconoscimento del dolo (Sez.

5, n. 32914 del 12/07/2011).

Del pari manifestamente infondato si presenta il secondo motivo di ricorso
circa la configurabilità nella fattispecie in esame del reato di cui all’art. 457 c.p. /.
atteso che dalla condotta serbata dall’imputato alla vista degli agenti come descritta
nella sentenza impugnata e sopra riportata va senz’altro esclusa la buona fede del Di

– con il primo motivo, la ricorrenza del vizio di violazione di legge in relazione

donato In ogni caso i giudici di merito hanno dato conto con motivazione immune da
vizi delle ragioni circa la configurabilità del reato di cui all’art. 455 c.p.
Per quanto concerne il terzo motivo di ricorso, relativo alla perizia nummaria,
esso si presenta generico e comunque non risulta dalla sentenza impugnata che siano
state svolte dall’imputato in sede d’appello censure relative all’anomalia circa
l’assunzione di essa ovvero al vizio motivazionale del provvedimento che l’ha
disposta; in ogni caso, la sentenza di appello ha evidenziato come non si presenti

notevole lasso temporale e, comunque, il giudice ben può in sede di appello
assumere gli elementi necessari ai fini della decisione, così come disporre la
rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale trattandosi di poteri ufficiosi.
All’ inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in
favore della cassa delle ammende che si stima equo determinare in C 1.000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende.
Così deciso il 20.2.2015

rilevante la circostanza che le risultanze della perizia siano pervenute dopo un

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA