Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25576 del 20/02/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 7 Num. 25576 Anno 2015
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: PEZZULLO ROSA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MILIA GIUSEPPE N. IL 13/10/1975
avverso la sentenza n. 5988/2013 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 11/03/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO;

Data Udienza: 20/02/2015

A

Fatto e diritto
Con sentenza in data 11.3.2014 la Corte d’Appello di Bologna confermava la sentenza del
Tribunale di Ravenna del 17.5.2012, Sezione Distaccata di Lugo, con la quale Mina Giuseppe era
stato condannato alla pena di mesi due di reclusione per il reato di cui all’art. 610 c.p. in danno
della ex convivente Azzurro Maria
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, affidato a tre motivi
con i quali lamenta:
-con il primo motivo, la ricorrenza dei vizi di cui all’art. 606, primo comma, lett.c) ed e)
c.p.p., in merito all’affermazione di responsabilità dell’imputato, atteso che il giudice d’appello non
ha adempiuto all’obbligo di motivazione, limitandosi a richiamare per relationem il contenuto della
sentenza di primo grado, senza svolgere reali ed autonome valutazioni circa le doglianze svolte con
l’impugnazione e specificamente circa la contraddittorietà delle dichiarazioni rese dalla p.o.;
– con il secondo motivo, la ricorrenza dei vizi di cui all’art. 606, primo comma, lett.b) ed e)
c.p.p. per inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 132, 133 e 62 bis c.p. atteso che non
risultano esaminati gli elementi indicati nell’art. 133 c.p. e gli ulteriori elementi fattuali indicati in
appello al fine del riconoscimento delle attenuanti generiche;
-con il terzo motivo, la ricorrenza dei vizi di cui all’art. 606, primo comma, lett.b) ed e)
c.p.p. per inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 163, 164 c.p. per l’illegittima mancata
concessione della sospensione condizionale della pena.
Il ricorso è inammissibile, siccome manifestamente infondato ed in più punti generico.
Ed invero, con il primo motivo di ricorso, l’imputato senza confrontarsi con il preciso
contenuto delle sentenze di merito, in maniera alquanto generica, si duole della mancata compiuta
illustrazione degli elementi di responsabilità a suo carico e della mancata valutazione delle
doglianze svolte in appello. La Corte territoriale, innanzitutto ha richiamato l’esaustivo contenuto
della sentenza di primo grado è ciò ha fatto in applicazione dei principi più volte affermati da
questa Corte, secondo cui la motivazione “per relationem” di un provvedimento giudiziale è da
considerare legittima quando: 1) faccia riferimento, recettízio o di semplice rinvio, a un legittimo
atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione
propria del provvedimento di destinazione; 2) fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso
cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia
meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; 3) l’atto di riferimento, quando non venga
allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall’interessato o almeno
ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione,
di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell’organo della
valutazione o dell’impugnazione. (Sez. 6 n. 53420 del 04/11/2014). Ora la Corte territoriale si è
riportata alla ricostruzione dell’accaduto effettuata in primo grado e senza incorrere in vizi e sulla
base del narrato della vittima, ritenuto attendibile, e riscontrato dalla documentazione medica in
atti, circa i plurimi tamponamenti posti in essere dall’imputato all’auto della p.o. ha

i

t

correttamente inquadrato la vicenda nell’ipotesi di reato ascritta all’imputato. Quanto alla
mancata risposta alle doglianze svolte con l’atto di appello, con specifico riguardo alla
inattendibilità della p.o., i giudici d’appello, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, con
motivazione convincente hanno ritenuto, invece, la teste, come detto, pienamente attendibile e
tale valutazione rappresentando una questione di fatto, non può essere rivalutata in sede di
legittimità, salvo che il giudice sia incorso in manifeste contraddizioni (Sez. I, n. 33267 del
11.6.2013), che nella specie non si ravvisano. D’altra parte, la mancata indicazione dei punti

alle condizioni di traffico e di luogo, rende la doglianza del tutto generica.
Manifestamente infondati si presentano, poi, gli ulteriori due motivi di ricorso. Quanto alla
mancata concessione delle generiche, il primo giudice con valutazioni in sostanza condivise dalla
sentenza impugnata ha dato conto delle ragioni ostative alla concessione di esse, tenuto conto
dell’insussistenza elementi positivi atti a giustificare detta concessione e tenuto conto dei
precedenti da cui risulta gravato l’imputato. Tale valutazione ha fatto corretta applicazione dei
principi più volte affermati da questa Corte, secondo cui le circostanze attenuanti generiche hanno
lo scopo di estendere le possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole all’imputato in
considerazione di situazioni e circostanze che effettivamente incidano sull’apprezzamento
dell’entità del reato e della capacità a delinquere dello stesso, sicché il riconoscimento di esse
richiede la dimostrazione di elementi di segno positivo (Sez. III, 27/01/2012, n. 19639), che non
sono stati ravvisati nella fattispecie in esame. D’altra parte, la concessione o meno delle
attenuanti generiche rientra nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del
giudice (Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010), il quale che nel motivare il diniego non è necessario
che prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o
rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque
rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535
del 19/03/2014). Per quanto concerne, poi, la mancata concessione della sospensione condizionale
della pena, il primo giudice, ha dato conto delle ragioni di tale decisione, riconducibili all’assenza
dei presupposti per poterla disporre e sul punto la Corte territoriale ha ampliato tale valutazione,
dando atto della presenza a carico dell’imputato sulla base delle annotazioni aggiornate del
casellario giudiziale di condanne per rapina, furto plurimo e furto.
All’ inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che si
stima equo determinare in C 1.000,00.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende.

Così deciso il 20.2.2015

specifici rappresentativi della inattendibilità delle dichiarazioni della p.o., al di là del riferimento

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA