Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25572 del 29/05/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 25572 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso presentato da:
Licciardello Salvatore, nato a Catania, il 30/12/1969;

avverso la sentenza del 18/1/2012 del Tribunale di Catania;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Elisabetta Cesqui, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Giuseppe Sabato, che ha concluso chiedendo l’accoglimento
del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 18 gennaio 2012 il Tribunale di Catania confermava la condanna
alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno di Liacciardello Salvatore per il reato

Data Udienza: 29/05/2013

T. ,

701,1 ,117. 13711.’ 17

di ingiuria commesso ai danni di Di Bella Giovanni. In riforma, invece, della pronunzia
di primo grado e su appello della parte civile dichiarava la responsabilità ai soli fini
civili dell’imputato per il reato di lesioni personali ai danni del menzionato Di Bella.
2. Avverso la sentenza ricorre personalmente l’imputato articolando quattro motivi.
2.1 Con il primo motivo deduce violazione della legge processuale e correlati vizi
motivazionali del provvedimento impugnato in merito alla regolarità della notifica
all’imputato dell’atto d’appello della parte civile, Il ricorrente lamenta l’incompletezza
conseguente nullità della stessa ai sensi dell’art. 171 c.p.p., nonché di aver
tempestivamente eccepito la circostanza dinanzi al Tribunale con memoria del 24
maggio 2011, con la quale altresì avanzava istanza di rimessione nel termine per
proporre appello incidentale. Eccezione e richiesta completamente ignorate dal giudice
d’appello, che avrebbe omesso di motivare sulle medesime anche al limitato fine di
rigettare entrambe.
2.2 Con il secondo motivo il ricorrente lamenta ulteriori violazioni della legge
processuale e correlati vizi motivazionali della sentenza. In primo luogo ribadisce
l’eccezione svolta con í motivi d’appello in merito alla mancata concessione di un
congruo termine a difesa al difensore di fiducia nominato all’udienza del 7 giugno 2010
in sostituzione di quello precedente e contestualmente revocato dall’imputato,
rilevando come, contrariamente a quanto immotivatamente sostenuto dal Tribunale, la
fattispecie coincida con una delle ipotesi disciplinate dall’art. 108 c.p.p. e che pertanto
l’avvenuta concessione da parte del giudice di prime cure di un termine ad horas,
anziché di quello previsto dalla disposizione menzionata, richiedeva la invece omessa
esposizione dei motivi idonei a giustificarla, come del resto confermato anche dalla
giurisprudenza di legittimità. In secondo luogo censura la mancata considerazione da
parte del giudice d’appello delle doglianze svolte con l’atto d’appello e ribadite nella già
citata memoria del 24 maggio 2011 in merito alla illegittimità della procedura seguita
dal giudice di pace per la nomina del difensore d’ufficio in seguito alla rinunzia di
quello di fiducia al mandato nella menzionata udienza del 7 giugno 2010 a causa della
mancata concessione del congruo termine a difesa di cui si è detto.
2.3 Con il terzo motivo vengono dedotti la violazione dell’art. 192 c.p.p. e vizi
motivazionali del provvedimento impugnato in ordine alla valutazione del compendio
probatorio. Sotto un primo profilo il ricorrente lamenta la tenuta logica dell’apparato
giustificativo della sentenza in merito alla ritenuta verosimiglianza della versione dei
fatti offerta dalla teste Licciardello Giovanna a conforto di quella della persona offesa,
attesa la rilevante differenza di stazza fisica tra il Di Bella e l’imputato, nonché il
possesso da parte del primo di un movente per aggredire il secondo e non viceversa,
come per l’appunto riferito dal Licciardello. Non di meno illogica sarebbe il

della copia dell’atto notificatogli, mancante di alcune pagine rispetto all’originale, con

riconoscimento dell’attendibilità della teste menzionata, atteso che la stessa era stata
indicata esclusivamente dal Di Bella e nutriva motivi di risentimento verso l’imputato
che l’aveva denunciata per omissione di soccorso, procedimento nel quale veniva
assistita dagli stessi difensori che hanno assistito la persona offesa.
2.4 Con il quarto ed ultimo motivo, infine, il ricorrente censura il mancato
accoglimento da parte del Tribunale dell’istanza di rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale, lamentando la decisività delle testimonianze che ne costituivano
commessi a danno del Licciardello nell’ambito della medesima vicenda. Decreto idoneo
a dimostrare come la persona offesa non poteva deporre come testimone, bensì nella
diversa qualità di imputato di reato collegato e come le sue dichiarazioni
necessitassero, dunque, per assumere valenza di prova a carico dell’imputato, dei
necessari riscontri di cui al terzo comma dell’art. 192 c.p.p. Conseguentemente la
violazione delle disposizioni da ultime menzionate vizierebbe irrimediabilmente
l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, fondata su di una prova
illegittimamente acquisita.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 primo motivo di ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
1.1 Effettivamente l’atto d’appello della parte civile è stato notificato in maniera
incompleta all’imputato, mancando nella copia consegnata al medesimo alcune delle
pagine nelle quali sono svolti i motivi dell’impugnazione. Incompletezza che dunque
riguarda un elemento essenziale dell’atto oggetto di notifica, conseguendone la nullità
della notifica ai sensi dell’art. 171 lett. a) c.p.p., la quale deve dunque sostanzialmente
ritenersi essere stata omessa.
1.2 II vizio evidenziato non si riverbera però, come invece preteso dal ricorrente, sulla
validità del giudizio d’appello e sulla sentenza pronunziata al suo esito.
In proposito va innanzi tutto rammentato, infatti, che, per l’ormai consolidato
insegnamento di questa Corte, l’inosservanza dell’obbligo di notifica prescritto dall’art.
584 c.p.p. non produce nè l’inammissibilità dell’impugnazione, non essendo prevista
tra i casi di cui all’art. 591 del codice di rito, nè la nullità del processo nel grado
successivo, non rientrando tra le nullità di cui all’art. 178 c.p.p., talchè l’unico effetto
dell’omissione rimane quello di non fare decorrere il termine per l’impugnazione
incidentale della parte destinataria della notificazione, ove questa gli sia consentita
(Sez. 1, n. 48900 del 24 ottobre 2003, Balocchi, Rv. 227008; Sez. 5, n. 31408 del 4
giugno 2004, Melloni ed altri, Rv. 229276; Sez. 6, n. 30980 del 8 febbraio 2007, P.C.
in proc. Mostacciuolo e altri, Rv. 237416; Sez. 5, n. 5525/09 del 25 novembre 2008,
De Angelis e altro, Rv. 243157).

oggetto ed ancor più del decreto di citazione a giudizio del Di Bella in relazione ai reati

13

• 1,111,

1.3 II ricorrente peraltro lamenta di aver tempestivamente, ma inutilmente, eccepito
la suindicata nullità, chiedendo contestualmente di essere rimesso in termini per
proporre appello incidentale dopo aver rilevato la difformità tra la copia notificatagli e
l’originale dell’atto, dimostrando però in tal modo di aver preso conoscenza,
quantomeno al momento della presentazione della memoria del 24 maggio 2011,
dell’effettivo contenuto dell’impugnazione della parte civile, circostanza di per sé
idonea ad esimere la cancelleria dal ripetere la notificazione non validamente eseguita

in proc. Mostacciuolo, cit.), talchè del tutto privo di rilievo è il fatto che la sentenza
d’appello non abbia motivato sulla suddetta eccezione.
1.4 Quanto all’omessa considerazione della richiesta ex art. 175 c.p.p. questa era
invece manifestamente inammissibile (con conseguente irrilevanza dei vizi
motivazionali della sentenza impugnata denunciati in proposito dal ricorrente), atteso
che l’imputato non era né legittimato, né vantava interesse alcuno a proporre
quell’appello incidentale alla cui eventuale presentazione era peraltro funzionale la
notifica dell’appello della parte civile della quale il ricorrente lamenta la nullità.
1.4.1 Infatti, sotto il primo profilo, deve rammentarsi che il potere di proporre appello
incidentale non spetta a chi è privo del potere di proporre quello principale (Sez. Un.,
n. 7247 del 18 giugno 1993, Rabiti, Rv. 194313) e che ai sensi dell’art. 37 d. Igs. n.
274/2000, nel procedimento dinanzi al giudice di pace, all’imputato è concesso
esclusivamente ricorrere per cessazione avverso le sentenze di proscioglimento, quale
era certamente quella appellata dalla parte civile nella parte relativa alle imputazioni
per culli Licciardello è stato assolto ai sensi dell’art. 530 comma 2 c.p.p.
1.4.2 Con riguardo al secondo profilo evocato, deve invece ribadirsi che non sussiste
l’interesse dell’imputato, assolto perché il fatto non sussiste ai sensi del menzionato
comma secondo dell’art. 530, a proporre impugnazione, atteso che tale formula relativa alla mancanza, alla insufficienza o alla contraddittorietà della prova – non
comporta una minore pregnanza della pronuncia assolutoria, né segnala residue
perplessità sull’innocenza dell’imputato, né derivano incidenze pregiudizievoli e
l’interesse all’impugnazione non sussiste ove si risolva in una pretesa, meramente
teorica ed astratta, all’esattezza giuridica della pronuncia e sia, comunque, tale da non
condurre ad alcuna modifica degli effetti del provvedimento. (Sez. 5, n. 27917 del 6
maggio 2009, Merlo, Rv. 244207; Sez. 1, n. 48900 del 24 ottobre 2003, Boiocchi, cit.;
Sez. 6, n. 23253 del 15 maggio 2012, Radice, Rv. 253007).

2. Il secondo motivo di ricorso è parimenti inammissibile.
2.1 Quanto alla prima doglianza avanzata dal ricorrente deve evidenziarsi che la
lamentata violazione del termine a difesa previsto dall’art. 108 c.p.p. – nel caso di
nomina di nuovo difensore a seguito di rinuncia del precedente – determina una nullità

e il giudice dal disporre tale rinnovazione (Sez. 6, n. 30980 del 8 febbraio 2007, P.C.

generale a regime Intermedio che deve essere eccepita, a pena di decadenza, entro il
termine di cui al successivo art. 182 comma 2 del codice di rito e, quindi, al più tardi,
immediatamente dopo il compimento dell’atto che nega il termine o lo concede in
misura ritenuta incongrua (Sez. 5, n. 19524 del 2 aprile 2007, Navoni, Rv. 236643;
Sez. 1, n. 11030 del 25 febbraio 2010, Del Gaudio, Rv. 246777). Nel caso di specie il
difensore di fiducia nominato dall’imputato, a fronte della concessione di un termine ad

horas invece di quello rituale stabilito dall’art. 108 c.p.p., non ha eccepito l’eventuale
sia stata in seguito sollevata dal difensore d’ufficio nominato dal giudice. La nullità
denunciata dal ricorrente non poteva dunque essere eccepita per la prima volta, come
invece avvenuto, con l’atto d’appello, essendosi nel frattempo già sanata.
Conseguentemente deve ritenersi corretta

la decisione assunta dal Tribunale di

rigettare l’eccezione e ciò indipendentemente dalla motivazione svolta a sostegno della
medesima dal giudice d’appello, giacchè il vizio di motivazione denunciabile nel
giudizio di legittimità è solo quello attinente alle questioni di fatto e non anche di
diritto, giacché ove queste ultime, anche se in maniera immotivata o
contraddittoriamente od illogicamente motivata, siano comunque esattamente risolte,
non può sussistere ragione alcuna di doglianza (Sez. 2, n. 19696 del 20 maggio 2010,
Maugeri e altri, Rv. 247123; Sez. Un., n. 155/12 del 29 settembre 2011, Rossi e altri,
in motivazione).
2.2 Con riguardo all’altro profilo attinto con il motivo di ricorso è innanzi tutto
necessario ricordare che, per consolidato orientamento di questa Corte, la
designazione, quale difensore di ufficio, di un legale diverso da quello di turno secondo
la tabella formata dal Consiglio dell’ordine forense d’intesa con il Presidente del
Tribunale non è sanzionata con la nullità dall’art. 97 c.p.p., nè configura una nullità
sussumibile nella previsione dell’art. 178, comma primo, lett. c) dello stesso codice
(Sez. 3, n. 2176 del 04/11/2011 – dep. 19/01/2012, Arata, Rv. 251882), a meno che
la parte che la deduca dimostri che tale inosservanza abbia cagionato in concreto una
lesione o menomazione del diritto di difesa (Sez. 3, n. 5496/09 del 2 dicembre 2008,
Vergati, Rv. 242475), dimostrazione mai fornita dal ricorrente, né al giudice d’appello,
né, tantomeno, in questa sede.
2.3 Quanto all’asserita omessa considerazione delle osservazioni svolte in proposito
con l’atto d’appello e con la memoria del 24 maggio 2011, deve rilevarsi che il
Tribunale ha affrontato la stessa questione, pure svolta nei motivi d’appello, con
riguardo alla nomina del difensore d’ufficio all’udienza del 10 maggio 2010,
risolvendola in maniera coerente con i principi sopra enunciati, talchè deve ritenersi
che in tal modo abbia implicitamente risposto anche all’analoga eccezione sollevata in
riferimento agli accadimenti della successiva udienza del 10 giugno 2010.

nullità configuratasi, ma si è limitato a rimettere il mandato, né risulta che l’eccezione

1+,

r1,0

3. Pregiudiziale all’esame del terzo motivo è a questo punto quello delle ulteriori
eccezioni processuali sollevato con il quarto, il quale risulta comunque inammissibile.
In proposito, sotto un primo profilo va richiamato il principio a tenore del quale il
giudice di appello ha l’obbligo di motivare espressamente sulla richiesta di
rinnovazione del dibattimento solo nel caso di suo accoglimento, mentre, qualora
ritenga di respingerla, può anche motivarne implicitamente il rigetto, evidenziando la
sussistenza di elementi sufficienti ad affermare o negare la responsabilità del reo (Sez.
2006, Gagliano, rv 236064).
Sotto un secondo profilo vale, altresì, ricordare che l’integrazione istruttoria in grado di
appello ha carattere eccezionale e può essere disposta soltanto quando il giudice non
possa decidere allo stato degli atti; il che si traduce nella necessità che la prova offerta
sia decisiva, cioè idonea ad eliminare ogni incertezza o ad inficiare il valore probatorio
di ogni altra risultanza di segno contrario (Sez. 3 n. 35372 del 23 maggio 2007,
Panozzo, rv 237410; Sez. 3 n. 21687 del 7 aprile 2004, Modi, rv 228920).
Nel caso di cui ci si occupa il ricorrente, nel denunciare la mancata acquisizione del
verbale di sommarie informazioni rese da Licciardello Giovanna in altro procedimento
non spiega per quale via l’incombente avrebbe potuto influire in modo decisivo
sull’esito del processo, omettendo di specificare il contenuto di tale verbale,
dimostrando peraltro di non essersi confrontato con la motivazione resa dal Tribunale
sul punto, con la quale si evidenziava come la teste fosse stata già escussa nel corso
del giudizio di primo grado.
Ed altrettanto generica risulta la doglianza relativa alla mancata acquisizione del
decreto di citazione a giudizio del Di Bella, atteso che il ricorso non offre gli elementi
necessari per apprezzare l’asserito collegamento tra i reati oggetto del medesimo e
quelli per cui si procede nei ‘ confronti dell’imputato e dunque l’effettiva rilevanza delle
eventuali carenze della motivazione del provvedimento impugnato sul punto.
A parte ciò è appena il caso di evidenziare come, nel fondare l’affermazione di
responsabilità sulle dichiarazioni del Di Bella, il Tribunale abbia sostanzialmente fatto
applicazione della regola prevista dall’art. 192 comma 3 c.p.p. – di cui il ricorrente
lamenta invece la violazione – affermando il valore probatorio delle medesime solo alla
luce della ritenuta acquisizione di precisi riscontri individualizzanti

costituiti dalla

testimonianza di Licciardello Giovanna.
4. Venendo al terzo motivo, deve rilevarsi come anch’esso risulti inammissibile perché
generico e sostanzialmente teso a dedurre questioni di merito, sollecitando una
rivisitazione esorbitante dai compiti del giudice di legittimità della valutazione del
materiale probatorio che il Tribunale ha operato, sostenendola con motivazione
coerente ai dati probatori richiamati ed immune da vizi logici.

3 n. 24294 del 7 aprile 2010, D.S.B., rv 247872; Sez. 6 n. 5782/07 del 18 dicembre

t

Infatti il ricorrente si limita, in ultima analisi, a ribadire la presunta maggior
verosimiglianza della versione dei fatti fornita dall’imputato (in tutto collidente con
quella della persona offesa) sulla base di un soggettivo apprezzamento delle
circostanze del fatto, senza peraltro considerare come la sentenza evidenzi che tale
versione abbia trovato smentita innanzi tutto nelle dichiarazioni della teste Licciardello.
Il Tribunale ha infatti ritenuto credibile le dichiarazioni della persona offesa, la quale
ha affermato di non aver reagito alle provocazioni ed all’aggressione fisica
litigio tra i due uomini riferito dal Di Bella, smentendo invece la versione in proposito
resa dal Licciardello. Del tutto coerentemente, dunque, ha implicitamente escluso che
la maggior stazza fisica della persona offesa potesse in qualche modo aver
condizionato lo svolgimento dei fatti, nel mentre il ricorrente si è il proposito limitato
ad adombrare l’inesistente necessità “logica” per cui, se vi è stata colluttazione fisica,
l’aggressore debba identificarsi per forza con il soggetto dalle dimensioni
antropometriche maggiori.
Quanto alle asserite circostanze di cui il Tribunale non avrebbe tenuto conto nel
valutare la credibilità della teste Licciardello, è appena il caso di evidenziare come il
fatto che un testimone sia stato indicato esclusivamente nella lista della parte civile
non può in alcun modo costituire elemento aprioristico di valutazione negativa della
sua attendibilità, mentre le ulteriori circostanze che sarebbero state trascurate sono
state meramente evocate dal ricorrente, che non si è curato di identificare gli atti
processuali da cui emergerebbero.
5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p.
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 29/5/2013

dell’imputato, anche perché la teste ha confermato la dinamica della prima fase del

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