Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25566 del 22/03/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 25566 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

FAIONI Mauro, nato a Milano il 24/10/1948

avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna dell’08/07/2010

Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
sentita la relazione del consigliere Paolo Antonio BRUNO.
udite le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del Sostituto Mario
Fraticelli, che ha chiesto l’annullamento con rinvio;
sentito, altresì, l’avv. Gian Luigi Pieraccini, che si è riportato i motivi del ricorso
chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 12 giugno 2001 il GIP del Tribunale di Ferrara, in esito a
giudizio abbreviato, dichiarava Mauro Faioni e Giuseppe Sentimentale colpevoli dei

Data Udienza: 22/03/2013

reati di cui agli artt. 223, comma 2, n. 2, 216, comma 1, n. 1, 218 e 225 legge fall.
e, con il vincolo della continuazione e la concessione al secondo imputato delle
attenuanti generiche, li condannava alle pene ritenute di giustizia, con riferimento
al fallimento della AEC Ingegneria Energetica sa-.!, dichiarato con sentenza del 22
aprile 1998 dello stesso Tribunale.
Rilevava il GIP che, il 7.2.1996, Faioni aveva acquistato il 40% delle quote,

unico della società, gli aveva rilasciato una procura speciale, comprendente tutti gli
atti di ordinaria e straordinaria amministrazione relativi all’oggetto sociale.
Maranini poi si dimetteva il 26.4.1996 e le dimissioni venivano accolte il 12.7.1996
dall’assemblea che nominava amministratore il Sentimentale che restava in carica
sino al 23.10.1996, quando veniva sostituito da tale Turelli.
Il 30.10.1996 Faioni cedeva le quote al Turelli ed a Giuseppe Sentimentale.
Il primo giudice attribuiva al Faioni la veste di amministratore di fatto, essendo
emerso che aveva trattato direttamente con i fornitori, operato sui conti correnti
della società, versando assegni e prelevando denaro.
Il Faioni, peraltro, oltre ad essere il socio di maggioranza, era anche colui che
direttamente provvedeva all’installazione dei climatizzatori commercializzati dalla
società.
Secondo la sentenza anzidetta, anche prima del 1996 il Faioni aveva svolto le
funzioni di amministratore, come provato dalle informazioni fornite da Cipolli,
amministratore delegato della Clima Service, che con l’appellante aveva trattato nel
1995 una fornitura di climatizzatori Toshiba.
Lo stesso Faioni, Infine, nel corso dell’esame dibattimentale, aveva ammesso di
avere amministrato direttamente la società dal febbraio 1996 sino alla nomina del
Sentimentale quale amministratore.

2. Pronunciando sui gravami proposti in favore degli imputati, la Corte di
Appello di Bologna, con la sentenza indicata in epigrafe, dichiarava non doversi
procedere nei confronti degli stessi in ordine al reato di cui all’art. 218 I.f. per
intervenuta prescrizione; esclusa, quindi, la continuazione tra i capi

b) e c) e

ritenuta sussistente l’aggravante di cui all’art. 219 I.f., rideterminava la pena per
entrambi nella misura di giustizia.

3. Avverso la pronuncia anzidetta il difensore del Faioni, avv. Gian Luigi
Pieraccini, ha proposto ricorso per per cassazione, affidato alle ragioni di censura
indicate in parte motiva.

2

divenendo socio di maggioranza; nella stessa data Paolo Maranini, amministratore

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Preliminarmente, parte ricorrente impugna l’ordinanza dell’8 luglio 2010 con
la quale la Corte territoriale aveva disatteso l’istanza di rinvio dell’udienza per
legittimo impedimento dell’imputato, sul rilievo che, svolgendosi l’udienza nelle
forme camerali, sarebbe stato necessario che l’imputato avesse, ai sensi dell’art.

presentazione dell’istanza di rinvio per legittimo impedimento recava, per implicito,
la manifestazione della volontà di comparire.
Con unico motivo lamenta, poi, la mancata rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale per l’escussione del coimputato Maranini ed il difetto di motivazione
della sentenza impugnata.

2. La prima censura pone il quesito interpretativo se la presentazione di
richiesta di rinvio per legittimo impedimento dell’imputato, nel giudizio di appello
svoltosi con le forme del rito camerale, possa intendersi, per implicito, come
manifestazione della volontà di comparire.
Al riguardo, è ben noto che, alla luce del principio di diritto affermato da questa
Corte regolatrice nella sua più autorevole espressione a Sezioni Unite, nel giudizio
di appello avverso la sentenza pronunciata all’esito del rito abbreviato la richiesta di
partecipazione da parte dell’imputato impedito può essere tratta anche da “facta
concludentia” da cui possa desumersi la sua inequivoca manifestazione di volontà di
comparire all’udienza camerale (cfr. Cass. Sez. U n. 4694 del 27/10/2011, Casani,
rv 251272). Più specificamente, è stato escluso che la presentazione nel giudizio di
gravame – proposto avverso sentenza pronunciata all’esito del giudizio abbreviato in
cui non trova applicazione l’istituto della contumacia dell’imputato – la
presentazione di istanza di rinvio, non preceduta da espressa manifestazione di
volontà di comparire, possa di per sé ritenersi implicitamente espressivo di volontà
in tal senso (cfr. Cass., Sez. 2, n. 8040 del 09/02/2010, rv 246713).
Alla stregua dei superiori principi di diritto può affermarsi che – inidonea di per sé la
richiesta di rinvio presentata dal difensore dell’imputato ad esprimere la volontà di
quest’ultimo a comparire – occorre valutare se la stessa istanza, considerata nel
contesto della vicenda processuale e di obiettive situazioni di fatto, possa
concorrere ad integrare quei facta concludentia dai quali possa desumersi la chiara
volontà di comparire all’udienza camerale.
Si tratta, come è evidente, di accertamento prettamente di fatto che, ove
correttamente motivato, sfugge al sindacato di questo Giudice di legittimità.

3

127 cod. proc. pen., manifestato la volontà di comparire. A dire del ricorrente, la

Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata risulta adeguatamente motivata
nell’escludere che la mera richiesta di rinvio, in mancanza di ulteriori elementi
espressivi di volontà di comparire, potesse essere significativa in siffatta direzione.
Le censure afferenti al merito sono tutte prive di fondamento. Ed invero, la
struttura argomentativa della sentenza impugnata non merita le critiche di parte
ricorrente, avendo compiutamente indicato le ragioni del ribadito giudizio di
corredo giustificativo in forza del quale il giudice a quo ha confermato l’attribuzione
all’imputato della qualità di amministratore di fatto, sulla base di elementi
sintomatici, la cui valenza dimostrativa è stata riconosciuta con motivato
apprezzamento di merito.
La stessa Corte territoriale non ha mancato, poi, di indicare le ragioni del diniego
della richiesta d’integrazione probatoria mediante escussione dell’imputato di reato
connesso Maranini, non ravvisando la condizione della non decidibilità allo stato
degli atti, alla quale l’art. 603, comma 1, cod. proc. pen., notoriamente, subordina

la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale i n appello.
3. Per quanto precede il ricorso – globalmente considerato – deve essere

rigettato, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 22/03/2013

colpevolezza in ordine alle residue imputazioni. In particolare, appare ineccepibile il

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